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Ordinanza caldo: “Sì alla tutela della salute, no a misure rigide che penalizzano le imprese agricole”


Dopo pochi giorni dall’entrata in vigore dell’Ordinanza n. 150 del 30 giugno 2025 della Regione Emilia-Romagna che, come nel 2024, stabilisce il divieto di attività lavorativa all’aperto tra le 12.30 e le 16 in caso di caldo estremo per il settore agricolo e florovivaistico, non si placano le perplessità delle aziende agricole. “Chiaramente la tutela della salute dei lavoratori agricoli, personale stagionale e imprenditori, che lavorano spesso fianco a fianco, non è in discussione – commenta il presidente di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara, Stefano Calderoni -. Fermo restando la prioritaria necessità di tutelare i lavoratori, vanno però considerate le peculiarità del settore agricolo e dei prodotti che sono in campo. Inoltre, le temperature estreme nei mesi estivi sono diventate un problema climatico strutturale, che non si può risolvere con provvedimenti emergenziali. Servono, invece – continua Calderoni – una serie di regole stabilite a priori, che consentano alle aziende e all’intera filiera di organizzarsi in tempo e affrontare in maniera efficace le ondate di caldo estremo. Servono, dunque, più dialogo e confronto, per avere già molti mesi prima un protocollo che vada verso la massima tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ma tenga conto anche delle esigenze produttive e logistiche del settore agricolo”.

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Un parere condiviso anche da Stefano Francia, presidente di Cia-Emilia-Romagna ribadisce la centralità della salute e della sicurezza dei lavoratori evidenziando però la necessità di strumenti efficaci, flessibili e compatibili con le specificità produttive del settore agricolo. “A differenza di altri settori – afferma Francia – l’agricoltura subisce danni diretti e irreversibili se le attività non vengono svolte tempestivamente, e le aziende non possono interrompere o posticipare le operazioni colturali nei momenti critici. In alternativa a un approccio centralizzato, rigido e sanzionatorio, Cia Emilia-Romagna aveva proposto, tra le altre cose: un protocollo regionale condiviso concertato con le parti sociali e le autorità competenti; flessibilità organizzativa con la possibilità di modulare l’orario di lavoro, adattandolo alla realtà operativa e climatica di ciascun territorio; sostegno alle imprese per assunzioni temporanee, incentivi per attrezzature idonee (coperture ombreggianti, sistemi di raffrescamento) e accesso agevolato a risorse per formazione e dispositivi di protezione; sostegno al reddito per i lavoratori stagionali (Otd), che spesso subiscono una perdita economica con la riduzione dell’orario, a differenza dei lavoratori fissi che possono accedere alla cassa integrazione; controlli collaborativi e valutazioni contestuali caso per caso legate al microclima locale e alla tipologia di coltura. Salute e produttività – conclude Francia – non sono in contrapposizione, ma devono procedere insieme, con buon senso e rispetto reciproco”.

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