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Il tech cresce più del Pil: la risorsa scarsa sono le competenze


Il settore Ict italiano traina l’economia del Paese. È proprio la capacità di adattamento e di trasformazione che consente al digitale di trainare processi di modernizzazione in molti settori strategici, dalla sanità alla manifattura, fino alla logistica e al retail

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L’Italia della creatività e dell’innovazione è al giro di boa. Il 2024 è stato l’anno decisivo per il mercato digitale italiano, che vale 81,6 mld di euro, +3,7% sul 2023, stando ai dati del report annuale di Anitec-Assinform “Il Digitale in Italia 2025”. Peccato che il Pil segni un ritmo molto più blando, fermo al +0,7% a causa delle turbolenze internazionali. Che però non hanno intimorito il tech italiano.

Da frontiera a strumento

L’AI l’avevamo annunciata come tecnologia di frontiera, ma gli eventi recenti la riposizionano come motore dell’innovazione e dell’economia. Ed è col 2025 che l’Italia segna il passaggio ad una nuova era della rivoluzione digitale: l’intelligenza artificiale ha superato la fase sperimentale diventando elemento strutturale dei processi economici e sociali. È quanto emerge dal report di Anitec-Assinform, e che trova conferme nelle parole del presidente Massimo Dal Checco: “L’intelligenza artificiale è ormai una sfida multidimensionale, capace di influenzare la competitività delle imprese, la produttività, la sostenibilità e persino la qualità della democrazia”.

 

In termini pratici questo indica un cambiamento profondo, che riguarda le imprese e riconfigura i flussi di lavoro sull’asse delle tecnologie cognitive e dei sistemi intelligenti. E la Pubblica amministrazione prova a non restare ai margini, utilizzando strumenti di AI per l’automatizzazione delle procedure, sviluppare capacità previsionali dei bisogni dell’utenza e migliorare tracciabilità dei processi e trasparenza delle procedure. Una trasformazione tecnologica che ha innescato un passaggio culturale, che si accompagna a una consapevolezza crescente della necessità di governare l’IA con regole chiare, competenze solide e un approccio etico inclusivo.

I numeri del rapporto

Il quadro tracciato dal report “Il Digitale in Italia 2025” fotografa un ecosistema in movimento, con i servizi Ict che segnano la crescita più marcata: +7,4% per un valore totale di 17,3 mld di euro, generati soprattutto dall’adozione estesa di soluzioni di intelligenza artificiale, cybersecurity e cloud computing. ’Segno più’ anche per il segmento del software e delle soluzioni Ict a 9,4 miliardi (+3,9%). Contenuti e advertising digitale superano i 16 mld, con un +5,6% legato all’evoluzione delle tecnologie di marketing e comunicazione.

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Il mercato di dispositivi e sistemi rappresenta la vera novità: torna a crescere dopo anni di stagnazione, col +1,6% e un valore complessivo di 20,3 miliardi. Sorte condivisa con i servizi di rete di telecomunicazione, in aumento dell’1,2% con un valore complessivo di 18,5 miliardi. Anche la spesa pubblica per soluzioni di IA cresce, toccando i 47,3 mln di euro nel 2024 e il grande salto del +45,5% sul 2023, ma resta appannaggio quasi esclusivo della pubblica amministrazione centrale. Emerge però un divario dimensionale preoccupante: solo l’8,2% delle imprese con più di 10 addetti dichiara di utilizzare almeno una tecnologia di intelligenza artificiale, segno di un potenziale ancora in gran parte inesplorato.

Tecnologia abilitante cresce a doppia cifra

Gli esperti li chiamano “Digital Enabler e Transformer”, tecnologie che abilitano i processi produttivi e organizzativi, come cloud computing (+17,4%), cybersecurity (+11,9%), Big Data Management (+12,5%). E dulcis in fundo l’AI, che cresce in un anno del 38,7%. La stima del rapporto parla di una crescita media annua del 10,2% fino al 2028, vincita netta sulla media del comparto ICT nel suo insieme, stimata al 2,8%. Tutti gli sguardi sono infatti puntati sui digital enabler e la speranza è che possano rappresentare un moltiplicatore di valore per tutto il sistema economico italiano.

Non è tutto oro 

Fin qui abbiamo parlato degli aspetti positivi, ma non ci sono solo quelli. Perché le stime possano essere confermate bisognerà superare degli “ostacoli”: ad esempio la scarsità di competenze digitali. Mancano figure professionali in grado di gestire e orientare tecnologie complesse: specialisti di etica algoritmica o ingegneri del prompt. E bisogna fare i conti con un dato sempre trascurato: il calo demografico rischia di ridurre ulteriormente la disponibilità di talenti nei prossimi anni.

 

Anche sul fronte delle infrastrutture l’Italia è in ritardo: sono 170 data center nel nostro Paese, contro i 520 della Germania, e questo impatta direttamente sulla possibilità di sviluppare servizi digitali avanzati, penalizzando la competitività delle imprese a livello internazionale. 
La soluzione c’è e il report la evidenzia: bisogna che le politiche pubbliche intervengano con decisione, stimolando investimenti e semplificando le procedure per rafforzare le infrastrutture digitali strategiche.

Digitale e inclusione

L’Italia è chiamata a fare del digitale un fattore di inclusione, oltre che di competitività. Le tecnologie emergenti, se ben integrate, possono contribuire a rendere più sostenibili i processi produttivi, più accessibili i servizi pubblici e più equo il sistema economico. Come ha sottolineato Dal Checco, “la rivoluzione dell’intelligenza artificiale non è solo una questione di efficienza, ma coinvolge la società nel suo complesso, richiedendo nuove forme di governance, di dialogo e di fiducia”.  La strada da percorrere è ancora lunga, ma i segnali emersi dal rapporto indicano che l’Italia ha avviato un percorso promettente per diventare protagonista in un’era digitale sempre più complessa e sfidante.

 

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