In Umbria il credito bancario alle
imprese “arretra in modo netto”. Secondo i numeri più aggiornati
(quelli della base dati statistica della Banca d’Italia, al 31
marzo) i prestiti a società non finanziarie e famiglie
produttrici nella regione sono scesi del 3,5% su base annua, e
del 5,4% se si confronta il primo trimestre 2024 con il primo
trimestre 2025. Lo ha reso noto la Camera di commercio parlando
di una “contrazione pesante, sesto peggior dato d’Italia, ben
superiore alla media nazionale (-1%)”. “Se si considera
l’inflazione (+1,7% tra marzo 2024 e marzo) – sostiene l’ente in
un comunicato -, la riduzione in termini reali tocca il -5,1% su
base annua e oltre il -7% se si fa il confronto tendenziale tra
il primo trimestre 2024 e quello 2025.
Otre 400 milioni di euro in meno è il saldo della stretta
delle banche sulle imprese. Il volume complessivo di prestiti in
Umbria, al lordo dell’inflazione – sempre secondo la Camera di
commercio -, è passato da 7,92 miliardi di euro a 7,5 miliardi,
“in appena dodici mesi”.
A soffrire maggiormente sono le piccole imprese, “che
rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo
regionale”. La banca dati statistica di Bankitalia – si legge
sempre nella nota – rileva un crollo del 7,8% dei prestiti alle
aziende minori nel confronto tra primo trimestre 2024 e primo
trimestre 2025. Il credito è sceso da 1,84 a 1,7 miliardi di
euro in valori nominali, contro una flessione nazionale del
5,5%. Le imprese medio-grandi hanno registrato un calo ben più
contenuto: -0,9% su base annua.
La struttura produttiva umbra – caratterizzata da una
maggiore incidenza di micro e piccole imprese rispetto alla
media italiana – è colpita con più durezza. Gli istituti di
credito, alle prese con il ritorno dell’incertezza
macroeconomica e con la fine del ciclo dei super-profitti da
tassi elevati, restringono le maglie per i soggetti considerati
più rischiosi.
A livello settoriale, le costruzioni subiscono la frenata
più brusca: tra il primo trimestre 2024 e lo stesso periodo del
2025, i prestiti sono passati da 707 a 632 milioni di euro,
-10,6% nominale e -12,3% reale. L’industria registra un -5,5%
(da 3,73 a 3,52 miliardi), mentre i servizi calano del 4,1%.
Secondo la Camera di commercio “il confronto con l’Italia è
impietoso”: credito complessivo alle imprese: -5,4% in Umbria vs
-1% in Italia; industria: -5,5% Umbria vs -1,5% Italia; servizi:
-4,1% Umbria vs -1,4% Italia; costruzioni: -10,5% Umbria vs
-7,5% Italia; piccole imprese: -7,8% Umbria vs -5,5% Italia.
Tutti gli indicatori “posizionano l’Umbria sotto la media
nazionale. Peggio, in termini nominali, fanno solo cinque
regioni: Molise, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Basilicata”.
Il Pil umbro nel periodo considerato è cresciuto dello 0,7%,
in linea con la media italiana. La Camera di commercio individua
tre possibili spiegazioni per la frenata del credito più
accentuata: maggiore liquidità accumulata dalle medie e grandi
imprese umbre durante gli anni del denaro facile (2020-2021),
grazie alle politiche ultra-espansive della Bce; contrazione
della manifattura regionale, che nel 2023 ha ridotto del 9% gli
investimenti programmati, con meno progetti, cala la richiesta
di finanziamento; struttura produttiva sbilanciata sulle micro e
piccole imprese, spesso con merito di credito basso. Le banche,
che si preparano a un aumento delle sofferenze e hanno
prospettive di profitti inferiori a causa della riduzione dei
tassi di interesse, evitano esposizioni rischiose.
Per Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio
dell’Umbria, “per invertire la rotta non basta denunciare la
stretta: serve un’azione decisa, mirata e multilivello”. “La
nostra regione – ha aggiunto – non può permettersi di lasciare
senza ossigeno le sue imprese più fragili, proprio mentre si
gioca la partita cruciale del rilancio economico e della doppia
transizione, digitale ed ecologica. Le banche, la Cassa depositi
e prestiti, le istituzioni e i territori devono fare la loro
parte, ora.Tre le direttrici d’intervento che possono fare la
differenza: rafforzare i sistemi di garanzia pubblica, a partire
dal Fondo centrale per le PMI, estendendo e semplificando le
procedure per l’accesso al credito, soprattutto per le
microimprese, le startup, le imprese femminili e giovanili;
rilanciare il ruolo della Cassa depositi e prestiti in Umbria
non solo come finanziatore, ma come partner strategico delle
imprese e degli enti locali, attraverso strumenti innovativi
come minibond, co-investimenti e piattaforme territoriali
dedicate; costruire nuove reti territoriali, che coinvolgano
banche locali, consorzi fidi, Comuni, associazioni di categoria
e Università, per rendere il credito più vicino ai bisogni reali
delle imprese umbre, anche attraverso l’uso intelligente dei
dati per valutare meglio il merito creditizio delle realtà più
piccole. Non si tratta di tornare a erogazioni facili o
indiscriminate, ma di strutturare un ecosistema del credito più
giusto, più reattivo e più inclusivo. Con meno burocrazia e più
fiducia. Meno rigidità e più prossimità. Perché senza credito
anche la migliore idea resta chiusa in un cassetto. E oggi, in
Umbria, quel cassetto rischia di restare sbarrato a troppi”.
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