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i creditori possono opporsi all’omologa?


Nel piano del consumatore (L. 3/2012) i creditori non votano. Decide il giudice. La Cassazione (9549/2025) chiarisce la falcidia dei crediti privilegiati.

Il sovraindebitamento viene definito come la situazione di persistente squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte. Con la conseguente impossibilità di adempiere regolarmente ai propri debiti. Per i consumatori (persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale), la Legge n. 3 del 2012 (nota come “legge anti-suicidi” o “legge salva-suicidi”, ora in parte confluita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza) ha introdotto uno strumento per cercare di uscire da questa spirale: il piano del consumatore. Ma come funziona in particolare questa procedura? È necessario il consenso da parte delle banche, del fisco, delle finanziarie? In particolare, i creditori possono opporsi all’omologa del piano del consumatore (cioè all’approvazione da parte del giudice)? Una sentenza della Cassazione (n. 9549 dell’11 aprile 2025) ha fornito chiarimenti su questo aspetto. Facciamo chiarezza su tale circostanza per comprendere come uscire da una situazione di sovraindebitamento.

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A chi si rivolge il piano del consumatore e qual è la sua finalità?

Il piano del consumatore è una procedura pensata per offrire una “seconda possibilità” al consumatore “meritevole” che si trovi in una situazione di grave e incolpevole difficoltà economica. La finalità è quella di consentirgli di ristrutturare i propri debiti attraverso un piano sostenibile, che preveda il pagamento parziale o dilazionato dei creditori, sulla base delle proprie effettive capacità economiche e patrimoniali, e di ottenere, al termine del percorso, l’esdebitazione (la liberazione dai debiti residui non pagati).

La “meritevolezza” del consumatore è un elemento che il giudice valuta, verificando che il sovraindebitamento non sia stato causato da colpa grave, malafede o frode.

Come viene approvato (omologato) il piano del consumatore?

A differenza di altre procedure di composizione della crisi (come il concordato preventivo per le imprese), l’omologazione del piano del consumatore non prevede un voto o un’approvazione formale da parte dei creditori. La decisione spetta interamente al giudice.

L’articolo 12-bis, comma 3, della Legge 3/2012 stabilisce infatti che il giudice, una volta verificata l’ammissibilità della proposta, deve accertare:

  1. la fattibilità del piano (cioè, se il consumatore ha realisticamente le risorse per adempiere a quanto proposto);
  2. l’idoneità del piano a soddisfare i crediti impignorabili (come gli alimenti) e, per la parte residua, i creditori nel rispetto delle cause di prelazione.

I creditori possono votare o esprimere un dissenso sul piano? 

L’elemento distintivo del piano del consumatore è il seguente: i creditori non hanno diritto di voto sulla proposta del debitore e non possono, con il loro dissenso, impedirne l’omologazione se il giudice la ritiene fondata.

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Possono, tuttavia, presentare osservazioni al giudice e, come previsto dall’articolo 12-bis, comma 4, della Legge 3/2012, contestare la convenienza del piano.

Diverso è il caso in cui i debiti derivano da attività imprenditoriali, professionali o societarie: in questi casi infatti è necessario il voto favorevole dei creditori che rappresentino almeno il 60% dell’indebitamento.

La banca e il piano del consumatore  

La sentenza della Cassazione n. 9549 dell’11 aprile 2025 ha affrontato proprio il caso di una banca, creditrice ipotecaria, che si opponeva all’omologazione del piano di un consumatore. Il piano prevedeva il soddisfacimento del credito ipotecario della banca solo nella misura del 75%, con un pagamento rateizzato in 129 rate mensili a partire dall’undicesimo mese successivo all’omologazione.

La banca lamentava principalmente di non essere stata interpellata e di non aver potuto esprimere un voto sulla proposta, data la significativa riduzione e dilazione della sua pretesa.

Perché nel piano del consumatore i creditori non votano? 

La Suprema Corte (sentenza n. 9549/2025) ha respinto le lamentele della banca, ribadendo che la procedura di omologazione del piano del consumatore, come disciplinata dall’articolo 12-bis, comma 3, della Legge 3/2012, non contempla alcun coinvolgimento decisionale (voto) del ceto creditorio.

La Cassazione ha sottolineato che, sebbene il piano del consumatore e il concordato preventivo (dove i creditori votano) condividano una ratio comune (la risoluzione della crisi da sovraindebitamento) e alcuni profili di disciplina, non tutte le norme del concordato possono essere applicate per analogia al piano del consumatore. L’interpretazione analogica presuppone una lacuna normativa, mentre la disciplina del piano del consumatore è frutto di una precisa e consapevole scelta del legislatore di non prevedere né una votazione dei creditori né la necessità di una maggioranza di consensi per l’omologazione.

Cosa valuta il giudice se un creditore contesta la convenienza del piano? 

Se un creditore contesta la convenienza del piano (cioè, sostiene che riceverebbe di più da una liquidazione tradizionale dei beni del debitore), l’articolo 12-bis, comma 4, della Legge 3/2012 prevede che il giudice possa comunque procedere all’omologazione se ritiene che il credito potrà essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria.

Il tribunale deve quindi effettuare una valutazione comparativa: la proposta di ristrutturazione del debito formulata dal consumatore è equivalente o più conveniente per i creditori rispetto a quanto otterrebbero dalla vendita forzata di tutti i beni del debitore? In questa valutazione, il giudice considera anche la “meritevolezza” della condotta del consumatore che ha portato al sovraindebitamento.

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Questa valutazione sulla convenienza spetta esclusivamente al giudice. Il creditore che non sia d’accordo con la decisione di omologazione può proporre reclamo al tribunale, contestando nel merito la valutazione del giudice. Tuttavia, un reclamo basato unicamente sul fatto di non aver potuto esprimere un voto o un gradimento sulla proposta è inammissibile.

Crediti privilegiati (es. mutuo): possono essere pagati solo in parte nel piano?  

Il piano del consumatore può prevedere il pagamento solo parziale (la cosiddetta “falcidia“) anche dei crediti privilegiati, come quelli garantiti da ipoteca (ad esempio, un mutuo per la casa). Questo è uno degli aspetti più significativi della procedura.

La Cassazione (sentenza n. 9549/2025), richiamando l’articolo 7, comma 1, della Legge 3/2012, ha precisato come trattare la parte di credito privilegiato che non trova piena soddisfazione.

La parte di mutuo non pagata dal piano che fine fa?

Quando il piano del consumatore prevede che il bene oggetto di privilegio (ad esempio, l’immobile ipotecato) abbia un valore di mercato tale da assicurare il pagamento del credito privilegiato in misura inferiore a quanto si potrebbe realizzare con una liquidazione immediata (considerando la preferenza del creditore), o comunque in misura inferiore al credito totale, la parte di credito privilegiato che rimane insoddisfatta (la cosiddetta “parte incapiente“) non si estingue semplicemente, ma viene “degradata al chirografo”.

Questo significa che la porzione di credito privilegiato non coperta dal valore del bene o dalle previsioni del piano perde il suo privilegio e viene trattata come un credito chirografario (cioè, un credito non assistito da garanzie reali o personali). Come tale, riceverà lo stesso trattamento (solitamente un pagamento in percentuale molto bassa, o talvolta nullo) previsto dal piano per tutti gli altri creditori chirografari.

Questa regola, sebbene non esplicitata testualmente per il piano del consumatore con la stessa formulazione usata per il concordato preventivo, è espressione di un principio generale dell’ordinamento, sancito dall’articolo 2741 del Codice Civile (sulla par condicio creditorum, salve le cause legittime di prelazione).

Il Sig. Verdi ha un mutuo di 150.000 euro garantito da ipoteca sulla sua casa, che però oggi vale solo 100.000 euro sul mercato. Nel suo piano del consumatore, prevede di vendere la casa e pagare alla banca 100.000 euro (o una somma equivalente con altri fondi, se la casa viene mantenuta). I restanti 50.000 euro del mutuo non coperti dal valore dell’immobile perdono il privilegio ipotecario e diventano un credito chirografario. Se il piano prevede un pagamento del 10% ai creditori chirografari, la banca riceverà altri 5.000 euro (il 10% di 50.000) per questa parte, oltre ai 100.000 euro “privilegiati”.

Quando iniziano i pagamenti secondo il piano omologato? 

Il piano del consumatore omologato può prevedere un termine di moratoria iniziale per i pagamenti. Ciò significa che i primi adempimenti a carico del debitore possono essere differiti fino a un anno dalla data di omologazione del piano, se il giudice ne accerta la fattibilità e la sostenibilità complessiva. Questa moratoria iniziale può dare al consumatore il tempo necessario per stabilizzare la propria situazione economica prima di iniziare a effettuare i pagamenti previsti dal piano.

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