Un recente studio globale condotto da Jabra in collaborazione con l’Happiness Research Institute mette in luce una prospettiva innovativa sull’Intelligenza Artificiale (IA): non solo uno strumento per aumentare la produttività, ma un alleato nella promozione del benessere professionale e personale. L’indagine, che ha coinvolto oltre 3.700 knowledge worker in 11 paesi, tra cui l’Italia, ha esplorato come l’uso dell’IA influenzi la felicità, lo stress e la percezione del futuro lavorativo.
IA e soddisfazione lavorativa: una correlazione positiva
Secondo i dati dello studio “Work and Wellbeing in the Age of AI”, i professionisti che utilizzano l’IA quotidianamente sono il 34% più soddisfatti del proprio lavoro rispetto a coloro che non lo fanno. L’impatto positivo si manifesta anche nella percezione del futuro: il 47% degli utilizzatori frequenti dell’IA si dichiara ottimista riguardo alla propria carriera, contro il 27% degli utenti sporadici.
I professionisti che utilizzano l’IA quotidianamente sono il 34% più soddisfatti del proprio lavoro rispetto a coloro che non lo fanno.
Questa fiducia sembra derivare da un senso più marcato di controllo e realizzazione: il 78% degli utilizzatori assidui afferma di raggiungere più facilmente i propri obiettivi lavorativi, rispetto al 63% dei colleghi meno tecnologici. Inoltre, il 70% dei primi percepisce maggiori opportunità di avanzamento, quasi il doppio rispetto al 38% dei secondi.
Il benessere sul lavoro migliora la qualità della vita
Un aspetto rilevante emerso dalla ricerca è la forte connessione tra benessere lavorativo e felicità personale. I dipendenti soddisfatti del proprio lavoro hanno una probabilità 4,5 volte superiore di dichiararsi felici anche nella vita privata. Due terzi di coloro che si dichiarano soddisfatti professionalmente, infatti, riferiscono uno stato di benessere anche fuori dall’ufficio.
Questo dato rafforza l’idea che la qualità dell’ambiente lavorativo non incide solo sulla produttività, ma ha ricadute concrete sullo stile di vita. Meik Wiking, CEO dell’Happiness Research Institute, sottolinea: “Dobbiamo iniziare a parlare di IA in termini di psicologia, non solo di produttività. Il futuro del lavoro è anche emotivo”.
Stress tecnologico: un effetto collaterale da non ignorare
Nonostante i benefici, l’uso intensivo dell’IA comporta anche alcune sfide. Paradossalmente, i professionisti che ne fanno uso quotidiano riportano livelli di stress superiori del 20% rispetto agli utilizzatori sporadici. Le cause? La pressione per padroneggiare strumenti in continua evoluzione, la necessità di generare prompt efficaci, e l’impegno mentale richiesto per verificare e interpretare i risultati prodotti dalle macchine.
Tuttavia, non tutto lo stress è negativo. Chi riferisce livelli di stress “controllati” – ovvero pressione senza sentirsi sopraffatto – segnala anche un maggiore senso di scopo e soddisfazione. Questo suggerisce che un certo grado di sfida può essere stimolante, a patto che sia accompagnato da risorse adeguate.
Italia in linea con il trend globale
In Italia, il campione intervistato ha mostrato un approccio all’IA in linea con la media globale. Il 54% degli italiani usa l’IA nella vita personale almeno una volta al mese, mentre il 48% lo fa anche sul lavoro. Questi dati dimostrano una crescente familiarità con la tecnologia, ma anche un potenziale ancora ampio da esplorare.
Il 54% degli italiani usa l’IA nella vita personale almeno una volta al mese
Va notato, infatti, che quasi un terzo dei lavoratori altamente qualificati non ha mai utilizzato strumenti di IA sul posto di lavoro. Una lacuna che rappresenta un’opportunità per le aziende: favorire la diffusione dell’IA può significare non solo aumentare l’efficienza, ma migliorare anche la qualità della vita dei dipendenti.
La progettazione del lavoro del futuro
Lo studio Jabra lancia un messaggio chiaro alle organizzazioni: il modo in cui viene integrata l’IA nei flussi di lavoro farà la differenza. Come spiega Paul Sephton, Global Head of Brand Communications di Jabra, “Innoviamo per un futuro in cui le persone collaborano non solo con altri umani, ma anche con l’IA. Questo richiede soluzioni progettate per facilitare l’interazione e l’intelligenza emotiva”.
Non si tratta solo di dotarsi degli strumenti tecnologici più avanzati, ma di creare ambienti in cui l’IA diventi un supporto reale e sostenibile. Le aziende che sapranno adottare un approccio olistico, attento sia alla produttività che al benessere, saranno le meglio attrezzate per affrontare il futuro.
Oltre la produttività: l’IA come leva di senso
Una delle intuizioni più interessanti dello studio è che l’uso dell’IA può contribuire a rafforzare il senso di scopo. Gli utenti frequenti riportano una connessione più forte con il significato del proprio lavoro. Questo è un segnale importante in un contesto in cui la “Great Resignation” e il “quiet quitting” evidenziano un malessere diffuso nelle organizzazioni.
L’intelligenza artificiale, se utilizzata con consapevolezza, può diventare una leva per restituire centralità all’essere umano, permettendo alle persone di concentrarsi su ciò che conta davvero, automatizzando le attività ripetitive e liberando spazio per creatività e riflessione.
La felicità come KPI del futuro
Il messaggio finale dello studio Jabra è tanto semplice quanto rivoluzionario: l’adozione dell’IA non dovrebbe essere guidata solo da metriche di produttività, ma anche da indicatori di benessere sul lavoro. In un’epoca in cui il lavoro ibrido, le competenze digitali e la salute mentale sono al centro del dibattito, misurare la felicità potrebbe diventare uno dei KPI più rilevanti per le aziende.
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