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Denatalità e invecchiamento, l’Isola spopolata come a inizio Novecento


«Un collasso demografico», lo definisce il centro studi delle Acli Sardegna. Il Rapporto Mete 2025 riporta le proiezioni Istat al 2050 e al 2080, uno scenario cupo in cui, «tutte le regioni italiane vedranno una contrazione della popolazione». E se fra 25 anni, del milione e 560mila abitanti del 2025, l’Isola arriverà a contarne un milione e 200mila; nel 2080 i residenti saranno solo 858.259. Una riduzione, quest’ultima, «pari al 45% della popolazione attuale». Tra denatalità e invecchiamento della popolazione, la Sardegna rischia di ritrovarsi con una quota di residenti pari a quella di inizio Novecento, quando l’emigrazione, la mortalità infantile, la malnutrizione e le malattie decimavano famiglie e villaggi.

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Oltre novemila residenti persi nell’ultimo anno, quasi centomila negli ultimi dieci anni. Questi i dati dell’erosione demografica registrati nel Rapporto Mete curato dal Centro regionale emigrazione-immigrazione delle Acli Sardegna, presentato a Cagliari nei giorni scorsi assieme agli esperti della Fondazione Migrantes. Ultima in Italia per tasso di fecondità (0,91; la media nazionale è di 1,2), con meno di un figlio per donna e un saldo naturale (differenza tra nati e morti) costantemente negativo (nel 2024 i nati sono stati 7.037; i morti 18.449), l’Isola sta scontando pesantemente, come nessun’altra regione, un andamento accelerato dell’invecchiamento della popolazione. Un’accelerazione che, se la tendenza non sarà invertita, porterà entro un paio di decenni, avverte l’ufficio studi delle Acli, «al collasso demografico».
Un tracollo che già oggi risente di uno squilibrio che condiziona, e condizionerà sempre più, il sistema economico e sociale. Oggi ben più di un quarto della popolazione in Sardegna è over 65 (il 27%) mentre solo il 9,75% dei residenti è nella fascia 0-14 anni; quando solo vent’anni fa gli ultrasessantacinquenni erano il 17,1% e i ragazzi il 13,6%. Dal 2005 a oggi, l’età media nell’Isola è passata da 41,7 anni a 48,8.

Sono le coordinate dello spopolamento che affligge soprattutto le zone interne, con dati sui quali spiccano (previsioni al 2030) il calo dei residenti a Quartu e, al contrario, un’impennata a Olbia. Quanto allo stato della famiglia, il 37,9% dei residenti in Sardegna sono persone che vivono sole, sono cioè famiglie unipersonali. A queste si aggiunge il 25,7% di famiglie con due componenti, la maggior parte dei quali verosimilmente coppie senza figli e genitori (i più anziani) col nido vuoto. Il 19% delle famiglie è composto da tre persone, e qui rientra l’alta componente delle coppie con un figlio; mentre il 13,3% sono le famiglie più numerose, di almeno quattro persone (più diffuse nel Sud Sardegna e a Oristano). Il quadro di un declino demografico sul quale emerge l’altissima percentuale di single.

Intanto, riferisce il Rapporto Mete, nell’ultimo anno 1.867 sardi hanno trasferito la residenza fuori dall’Italia. Il registro dell’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero, rileva che sono passati dai 128.350 del 2023 ai 130.217 del 2024. Ovvero l’8,3% della popolazione dell’Isola. «Se i sardi residenti all’estero fossero un Comune», è puntualizzato nel rapporto Mete, «sarebbero il secondo Comune della Sardegna per popolazione, superando di oltre 7mila unità il numero di residenti nella seconda città dell’Isola, Sassari. I sardi residenti all’estero sono complessivamente di poco inferiori alla popolazione complessiva della terza e della quarta città dell’Isola per popolazione, Quartu Sant’Elena e Olbia». Il 70,1% – il dato è interessante – ha tra i 18 e i 64 anni, e quasi la metà (47,2%) sono donne. Il 12,2% ha meno di 18 anni e il 22,5% è nella fascia d’età 18-34 anni. Appena il 17,7% è over 65, in età di pensione. Dove risiedono i sardi emigrati all’estero? L’86,5% in Europa (Germania, Francia, Belgio e Regno Unito in testa); il 10% in America; il restante 3,7% tra Oceania, Africa e Asia.
 

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