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Il sistema dell’auto lombardo ancora scettico sull’elettrico


di
Massimiliano Del Barba

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Lo studio dell’osservatorio Tea che sarà presentato martedì in Regione Lombardia fotografa la carenza di investimenti nella transizione della mobilità

Come sta rispondendo il complesso ed eterogeneo sistema lombardo della meccanica e della componentistica automotive alle pressioni normative provenienti da Bruxelles che riguardano l’elettrificazione forzata della mobilità privata, e quali strategie commerciali le capogruppo della supply chain europea intendono mettere in campo per rispondere alle prime avvisaglie della concorrenza cinese (di prezzo ma anche tecnologica) e alle diseconomie provocate dalle politiche protezionistiche nordamericane?
Prova a dare una prima risposta un corposo studio, intitolato “Mobilità elettrica e industria italiana”, realizzato dall’Osservatorio «Tea» sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano guidato dal Center for Automotive & Mobility Innovation dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dal Cnr, e che verrà presentato martedì mattina a Palazzo Lombardia alla presenza, fra gli altri, dell’assessore regionale allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, il quale da qualche mese è anche il capofila dell’Alleanza europea delle Regioni dell’Automotive.

I dati, anzitutto. La ricerca si basa sulle risposte a una survey condotta a fine 2024 a cui hanno partecipato 397 delle oltre 2.100 imprese mappate dall’Osservatorio, rappresentative dell’ecosistema industriale automotive italiano. Dalle risposte emerge che il 48,1% delle aziende rimarrà sostanzialmente fermo a livello di investimenti nel triennio 2024-2027, rinunciando a sviluppare nuovi prodotti in scia al clima di incertezza che si è generato in Italia sulla transizione tecnologica dei trasporti. A livello numerico, le aziende che continueranno a investire lo faranno guardando più alla mobilità elettrica (31% dei rispondenti) che alle motorizzazioni endotermiche (20,9%). Interessante la disaggregazione statistica a livello lombardo, che segnala un più marcato scetticismo circa l’elettrificazione (solo il 29,3% delle imprese investe sul prodotto, mentre il 51,5 non ha intenzione di farlo).




















































In termini di volumi di risorse, il 61,6% degli investimenti sarà rivolto a componenti che non sono collegati al tipo di alimentazione del veicolo, rispecchiando la natura fortemente invariante del portafoglio prodotti e delle competenze della filiera. Il 17,9% degli investimenti si concentrerà sullo sviluppo di componenti esclusivi per i veicoli elettrici, il 10,1% sui componenti peculiari per i veicoli endotermici, il 6,7% su ingegneria e design e solo il 3,8% sul software, che rappresenterà invece uno dei principali terreni di sfida dei prossimi anni.

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Guardando alla transizione tecnologica in atto, poi, il 66% delle imprese prevede che nel periodo considerato l’elettrificazione non avrà impatti sul portafoglio prodotti o non richiederà in ogni caso particolari adeguamenti, il 26,6% si appresta ad adottare un percorso specifico di adattamento e il 7,4% ipotizza di agire radicalmente sul proprio portafoglio prodotti o di concentrarsi su altre attività non collegate al settore automotive.

Accanto al tema dello sviluppo di prodotto, preoccupa la generalizzata carenza di investimenti anche sul versante dell’innovazione di processo: nonostante le politiche incentivanti esistenti, infatti, il 55,2% delle aziende non ha in programma investimenti di questo tipo.

Sotto il profilo occupazionale, infine, l’analisi rileva che le imprese che investiranno nelle produzioni rivolte alla mobilità elettrica sono le uniche con outlook positivo, soprattutto per quanto riguarda le assunzioni nelle aree a maggior valore aggiunto, come ricerca e sviluppo (+5,6%) e sistemi informatici (+8%).

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