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Cantiere e caldo: quando l’omessa verifica del POS diventa reato | Articoli


Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) riveste un ruolo centrale nella gestione della sicurezza nei cantieri, con compiti che vanno ben oltre la mera vigilanza formale. La sentenza n. 4813/2025 della Corte di Cassazione, relativa a un grave infortunio causato da un colpo di calore, ha confermato la responsabilità penale del CSE per non aver valutato l’idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) rispetto alle condizioni climatiche estreme del cantiere.

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Il ruolo del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione: compiti, responsabilità e limiti normativi

Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) è una figura professionale il cui obiettivo è garantire il rispetto delle norme di salute e sicurezza durante l’esecuzione delle lavori in cantiere.

Egli deve verificare l’idoneità della documentazione di sicurezza predisposta dalle imprese (ossia il documento di valutazione dei rischi, DVR, e il POS), effettuando ripetuti sopralluoghi in cantiere, e deve coordinare le attività svolte dalle varie imprese affidatarie, dalle imprese subappaltatrici e dai lavoratori autonomi al fine di evitare interferenze pericolose.

Tali operazioni di coordinamento devono seguire una precisa pianificazione, la quale viene individuata in modo specifico nel piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), piano redatto in fase di progettazione dal coordinatore per la sicurezza (CSP) ed eventualmente aggiornato, se necessario, durante le fasi lavorative proprio dal CSE.

L’art. 89, lett. f del DLGS 81/08 definisce il coordinatore per l’esecuzione dei lavori come il “(…) soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 92, che non può essere il datore di lavoro delle imprese affidatarie ed esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato. Le incompatibilità di cui al precedente periodo non operano in caso di coincidenza fra committente e impresa esecutrice (…)”.

Il coordinatore deve essere quindi un tecnico abilitato sulla sicurezza, scelto dal committente o dal responsabile dei lavori, per occuparsi della tutela dei lavoratori e dei soggetti terzi (es. fornitori e ispettori) nel cantiere e nelle aree limitrofe (es. pedoni e automobilisti) durante i lavori.

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In generale, esso deve essere un soggetto terzo che non può coincidere con il datore di lavoro di una delle imprese esecutrici, né con un suo dipendente e nemmeno col responsabile della sicurezza (RSPP), salvo i casi in cui il committente coincida con datore di lavoro (ossia con il titolare dell’impresa esecutrice).

L’art. 92 dello stesso decreto definisce invece i compiti del CSE, ossia “Durante la realizzazione dell’opera, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori:

  • verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento (…);
  • verifica l’idoneità del piano operativo di sicurezza (…);
  • organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;
  • verifica l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
  • segnala al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle prescrizioni del piano di cui all’articolo 100, ove previsto, e propone la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto (…);
  • sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

Questo articolo è fondamentale in quanto definisce i compiti del CSE, il quale può sospendere le singole lavorazioni pericolose in caso di pericolo grave e imminente, fino alla verifica degli adeguamenti da parte delle imprese.

In tale contesto, la sentenza della Corte di Cassazione n. 4813/2025 affronta un grave caso di infortunio sul lavoro mettendo in risalto le responsabilità penali del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione. La vicenda si inserisce nel quadro delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, esaminando inoltre aspetti critici dell’organizzazione della sicurezza nei cantieri, con particolare riferimento agli obblighi di verifica dell’idoneità dei piani operativi di sicurezza.

Sicurezza nei cantieri e condizioni climatiche estreme: il ruolo del CSE

La vicenda oggetto della sentenza coinvolge un cantiere in cui era in corso un intervento di demolizione e ricostruzione relativo ad un complesso alberghiero, dove, a seguito di un colpo di calore, un lavoratore dipendente ha riportato gravi lesioni durante le operazioni di posa di micropali, in una giornata caratterizzata da condizioni climatiche particolarmente severe.

L’area di cantiere era esposta al sole, priva di zone di riparo adeguate, l’unica struttura presente era un baraccamento non climatizzato, dove i lavoratori avrebbero potuto ripararsi.

Il lavoratore, colpito da malore, ha riportato gravi lesioni permanenti e una conseguente inabilità lavorativa.

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Inizialmente, sia il Tribunale di Como sia la Corte di Appello di Milano hanno individuato una responsabilità concorrente tra il datore di lavoro e il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE). Quest’ultimo è stato ritenuto colpevole di non aver verificato l’idoneità del piano operativo di sicurezza nella parte relativa ai rischi derivanti dalle influenze atmosferiche, in particolare dai colpi di calore.

A questo punto il CSE presenta ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte ha confermato la responsabilità del coordinatore, sostenendo che “Se è vero che al coordinatore per l’esecuzione dei lavori viene riconosciuta una funzione di alta vigilanza
che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, nondimeno la figura rileva nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia della incolumità dei lavoratori; a tale fine rileva al contempo una scrupolosa verifica della idoneità del POS e nella assicurazione della sua coerenza rispetto al PSC e nell’assicurazione dell’adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute (…). Ma il controllo sull’idoneità del piano operativo di sicurezza non è limitato alla regolarità formale dello stesso e alla astratta fattibilità di tale lavorazione con i mezzi ivi indicati, poiché si estende alla verifica della compatibilità di tale lavorazione con le concrete caratteristiche degli strumenti forniti e delle protezioni apprestate dall’impresa.
Nel caso in esame l’infortunio è riconducibile a carenze organizzative generali, facilmente prevedibili: l’opera consisteva infatti nella demolizione e successiva ricostruzione, proprio nel periodo estivo; la baracca, unico riparo presente, non era climatizzata. Sicché, le fonti di pericolo non cautelate appaiono riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, non a rischi propri dell’attività dell’impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo; solo di questi ultimi, infatti, il coordinatore non risponde (…)”.

Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori nei cantieri è una figura a cui non spetta solo una funzione di alta vigilanza di tipo generale. Egli ha un compito di controllo importante che riguarda l’effettiva osservanza da parte delle imprese esecutrici delle misure di sicurezza previste nel piano di sicurezza e coordinamento (PSC), nonché delle corrette procedure di lavoro pensate per tutelare l’incolumità dei lavoratori.

Il coordinatore deve anche accertarsi che i piani operativi di sicurezza (POS), redatti dalle imprese, siano adeguati e coerenti con il PSC e che tali documenti vengano aggiornati in caso di cambiamenti delle lavorazioni o delle condizioni di lavoro. Questo controllo non può essere solo formale ma deve essere necessariamente un esame sostanziale, che valuti se i mezzi e le protezioni presenti in cantiere siano realmente idonei e compatibili con le lavorazioni da eseguire, anche in relazione alle condizioni climatiche presenti durante il corso delle lavorazioni.

Nel caso specifico l’infortunio è stato ritenuto conseguenza di carenze organizzative generali e prevedibili.

I lavori consistevano in una demolizione e ricostruzione effettuate in piena estate, pur prevedendo un unico riparo (una baracca), peraltro privo di impianto di climatizzazione. Dunque, i fattori di rischio non erano legati a comportamenti scorretti delle imprese o dei lavoratori, ma all’ambiente di lavoro nonché all’errata e superficiale organizzazione del cantiere. Proprio su questi aspetti, che rientrano nella sfera di competenza del coordinatore, ricade la responsabilità del tecnico.

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In conclusione, la responsabilità del CSE non può essere limitata alla verifica documentale del piano operativo di sicurezza, bensì il coordinatore è tenuto a una valutazione sostanziale dei rischi, che deve tener conto delle concrete condizioni di lavoro e delle specifiche caratteristiche dell’ambiente in cui si svolgono le attività.



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