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Gas a prezzo calmierato e nucleare: la strategia energetica dell’Italia secondo Pichetto


Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, ha annunciato che entro la fine di luglio sarà varato un provvedimento fondamentale per sostenere le imprese energivore italiane, introducendo il cosiddetto “gas release”. Si tratta di un meccanismo che punta a offrire gas a prezzi calmierati alle imprese che hanno un elevato consumo energetico – un segmento industriale strategico per l’economia nazionale, ma fortemente penalizzato dall’aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto a partire dalla crisi energetica europea scatenata dalla guerra in Ucraina e dalla riduzione delle forniture di gas russo.

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Il governo non aveva potuto procedere prima, ha spiegato Pichetto in un’intervista a Radio 24, perché era in corso un confronto con l’Unione Europea sul rispetto delle regole comunitarie in materia di concorrenza e aiuti di Stato. L’obiettivo era evitare che l’intervento italiano si configurasse come una distorsione del mercato interno. Ora che il dialogo con Bruxelles è in fase avanzata, il ministero sta finalizzando il provvedimento che includerà il gas a prezzo ridotto per le imprese ad alto consumo energetico. Tuttavia, il gas release non si limita a una decisione politica o normativa: sarà necessario anche individuare concretamente i fornitori di gas disposti a offrire il prodotto a condizioni agevolate. In altre parole, si dovrà costruire un vero e proprio mercato parallelo o complementare a quello tradizionale, con la collaborazione degli operatori energetici (come Eni, Snam o altri player nazionali e internazionali) che potrebbero essere coinvolti, direttamente o indirettamente, anche per finalità di interesse pubblico.

Il tema dell’energia per l’industria si lega strettamente a una questione strutturale: il divario di competitività energetica tra l’Italia e altri grandi Paesi europei. Il costo dell’energia elettrica e del gas per le imprese italiane è da tempo tra i più alti d’Europa, e questo pesa sulla capacità di produrre, investire e competere sui mercati globali. Nei giorni scorsi, l’amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa, ha lanciato un duro allarme su questo punto, sostenendo che le condizioni energetiche italiane rendono sempre meno conveniente mantenere impianti produttivi nel nostro Paese.

Secondo Pichetto, il confronto con altri Paesi europei evidenzia i limiti delle scelte energetiche fatte in Italia negli ultimi decenni. La Francia, per esempio, può contare su un sistema energetico quasi interamente basato sull’energia nucleare – il 98% dell’elettricità prodotta nel Paese proviene da centrali nucleari –, il che garantisce una fornitura stabile e a basso costo. La Spagna, invece, ha combinato più strategie: un mix tra energia nucleare, una produzione massiccia di elettricità da impianti fotovoltaici installati su vaste superfici e una rete efficiente di rigassificatori per l’importazione del gas naturale liquefatto (GNL). L’Italia, al contrario, ha basato per decenni il proprio approvvigionamento energetico quasi esclusivamente su fonti fossili importate, in particolare gas e petrolio, rinunciando al nucleare dopo il referendum del 1987 e senza riuscire a sviluppare in modo capillare le energie rinnovabili.

Un altro ostacolo alla transizione energetica italiana è la difficoltà nell’espandere gli impianti fotovoltaici e le rinnovabili in generale. Il nostro territorio presenta vincoli ambientali, paesaggistici e agricoli che limitano fortemente la possibilità di installare grandi impianti. La tutela del paesaggio – sancita anche dalla Costituzione – e la necessità di preservare i suoli agricoli spesso impediscono interventi su larga scala, e ciò rallenta la decarbonizzazione e l’autosufficienza energetica del Paese. A differenza di Stati con ampie superfici poco urbanizzate o con condizioni regolamentari più flessibili, l’Italia si trova in una posizione complessa, in cui le esigenze ambientali e produttive devono continuamente trovare un equilibrio.

Alla luce di queste sfide, Pichetto ha ribadito che l’unica strada concreta e strutturale per colmare il divario energetico è quella del “nuovo nucleare”, una tecnologia avanzata che promette maggiore sicurezza, efficienza e sostenibilità rispetto al nucleare tradizionale. Il governo sta infatti lavorando a un disegno di legge delega che dovrebbe stabilire le basi normative per il ritorno dell’energia nucleare in Italia, affidandosi a tecnologie come i reattori modulari di piccola taglia (SMR – Small Modular Reactors) o le soluzioni di IV generazione, attualmente in fase di sperimentazione avanzata a livello globale. Al momento, il ddl è ancora in attesa di un parere formale da parte della Conferenza Unificata, ma l’obiettivo è quello di far partire l’iter parlamentare a partire da settembre. Solo a quel punto si potranno definire i tempi e le modalità con cui l’Italia potrà reinserire il nucleare nel proprio mix energetico.

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