Settanta anni da festeggiare con la famiglia e gli amici: «Poi due ore di permesso e una bottiglia di vino per tutti i nostri collaboratori, in fondo siamo gente semplice». Massimo Slaviero è da poco rientrato dalle vacanze in Grecia; la barca è una delle sue passioni, così come lo sci e la bicicletta. Ma niente che possa minimamente avvicinarsi alla passione vera della sua vita, che è Unifarco, nata nel 1982 dal suo sodalizio con Ernesto Riva.
Oggi è il suo 70° compleanno: una bottiglia in suo onore per tutti i dipendenti, segno dell’ottimo clima aziendale che siete riusciti a creare?
«Sì, sì, per noi, ad esempio, è tradizione ritrovarci tutti a mezza estate alla Birreria Pedavena: a fine luglio saremo oltre 500. E anche a Natale. Da noi si sa che si lavora bene, che tutti partecipano al buon andamento dell’azienda, ricevendo anche un premio a fine anno per i risultati raggiunti e un discreto welfare».
Risultati che anche lo scorso anno sono stati più che positivi.
«Abbiamo chiuso il 2024 con un fatturato consolidato di 182,9 milioni di euro, in crescita del 10,5% rispetto all’anno precedente, e l’ebitda è a 27,7 milioni di euro».
Quante società partecipate?
«Sedici, che comprendono anche cinque farmacie, le filiali estere, la divisione ricerca e sviluppo. Diciamo che il grosso del fatturato deriva comunque dall’attività tradizionale, che è poi quella per cui siamo nati nel 1982, ovvero garantire a ogni farmacista la possibilità di firmare prodotti per la salute e la bellezza che fossero nello stesso tempo accessibili, sostenibili e attenti al benessere delle persone. Unifarco è stata fondata ed è formata da farmacisti: ci impegniamo per diffondere la cultura del benessere attraverso il binomio sicurezza ed efficacia, a partire dalle materie prime per arrivare fino al packaging, grazie a una ricerca sviluppata in un equilibrio di natura e scienza».
Ma torniamo a quel 1982, come è nata Unifarco? Lei, che la dirige, non è peraltro farmacista.
«Già, io sono laureato in Scienze politiche e per la mia famiglia avrei dovuto fare tutt’altra strada. Dopo l’infanzia a Caviola, dove mio padre Ettore e mia madre Paola si erano trasferiti proprio per gestire la locale farmacia, sono andato a studiare a Padova, dove sono nato, dalle medie fino all’Università. Un mio zio insistette perché facessi Scienze politiche, perché vedeva per me un futuro alla Comunità Europea che era nata da poco. Ma non andò così e iniziai a dare una mano in farmacia come magazziniere. Qualche tempo dopo, mio padre prese barattoli di creme create dall’amico Riva, io mettevo le etichette e il prodotto andò a ruba. Così mi venne l’idea di lanciare quel business, andai a parlarne a Ernesto e partimmo. Nel tempo si sono aggiunti poi Gianni Baratto e Luigi Corvi».
«Tutt’altro. Le farmacie interessate erano poche e in un’area ristretta, ma non ci perdemmo d’animo anche perché avevamo un bel progetto da attuare, anche dal punto di vista ideale».
«Recuperare il senso del farmacista che negli ultimi quarant’anni è stato ridotto a mero venditore di prodotti, perdendo l’anima del preparatore. Oggi il farmacista sta finalmente tornando ad essere il consigliere della gente».
Ora siete un colosso da 700 dipendenti. Ma siete a regime o volete crescere?
«Trovare personale non è facile in una realtà come la nostra dove la popolazione è poca e i giovani spesso restano a lavorare laddove sono andati a studiare; tanto che c’è una vera caccia all’uomo per accaparrarsi personale. Inoltre siamo davanti a una fase caratterizzata da tantissimi pensionamenti, oltre a un fisiologico turn over del 10% per quanto riguarda gli operai».
«Ce la facciamo automatizzando la produzione e la logistica. Lavori ripetitivi e a basso valore aggiunto li fanno ormai le macchine. Nessuno da noi avvita i tappi dei barattoli a mano, come facevo io all’inizio, ci sono piccoli robot molto efficaci. Avendo un buon nome, siamo comunque ancora attrattivi per chi cerca lavoro».
All’assemblea di maggio avete anche cambiato organigramma. Perché?
«È una scelta che risponde a due esigenze: dividere la proprietà dalla gestione e favorire il ricambio generazionale. Così abbiamo istituito un Comitato Esecutivo, in cui siedono i rappresentanti dei quattro soci principali e di cui io sono presidente, che è deputato a stabilire la strategia aziendale. Mentre l’amministratore delegato, presente anche nel Comitato esecutivo, è chiamato a mettere in atto queste linee, avvalendosi dei quattordici dirigenti che presidiano le varie aree aziendali, dalle risorse umane all’It, alla logistica e così via. I valori aziendali restano radicati nelle famiglie originarie; ai manager il compito di svilupparli a livello aziendale».
Guardiamo indietro a questi 43 anni di Unifarco: la soddisfazione più grande?
«L’entusiasmo che ha sempre contraddistinto il nostro lavoro e quello dei collaboratori e il loro affetto».
«Senza dubbio il periodo del Covid, che mi ha letteralmente tolto il sonno. Cosa stava accadendo? Dove stavamo andando? Che rischi c’erano per la nostra azienda? Ecco, il modo in cui abbiamo reagito ci ha consentito non solo di sopravvivere, ma di uscirne più forti. Quindi alla grande crisi si accompagna anche a una grande soddisfazione».
Lei è uno dei più importanti imprenditori bellunesi: alziamo lo sguardo dalla sua azienda, cosa vede?
«L’industria bellunese si sta riprendendo molto bene e quindi anche la qualità della vita, non altrettanto posso dire della cura del territorio, che spesso è abbandonato al suo destino e meriterebbe un rilancio sull’onda del turismo. Anche legato all’industria».
Quante volte hanno bussato alla vostra porta con un assegno in mano e la proposta di comprarvi?
«Molte, soprattutto i fondi di investimento; ma come vede abbiamo sempre detto di no. Perché non abbiamo alcuna intenzione o necessità di vendere, semmai potremmo accettare qualche collaborazione per lanciare su mercati internazionali prodotti come il nostro Ceramol, che potrebbe avere uno sviluppo mondiale. Ci stiamo lavorando».
La sua nuova sfida per i 70 è quella di rendere Unifarco più internazionale?
«Sì, insieme al lancio della nostra linea (prodotti, ma non solo) dedicata alla longevità. Da qui ai prossimi venti anni mi riprometto di vivere bene in salute e di essere quindi un buon testimonial di questa nuova idea di Unifarco». —
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