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Digitalizzazione in UE: progresso, disuguaglianze e sfide per una transizione inclusiva


Analizziamo il processo di digitalizzazione in Europa, con particolare attenzione alle disuguaglianze digitali tra Stati membri, gruppi sociali e imprese. Nonostante i progressi significativi, persistono divari che rischiano di escludere le fasce più vulnerabili. L’Unione Europea promuove politiche per una transizione digitale inclusiva, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno.

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Cosa tratta:

Un documento di Eurofound offre una lucida analisi della digitalizzazione in atto. L’Europa sta attraversando una trasformazione digitale profonda, iniziata oltre due decenni fa e oggi più che mai al centro delle politiche comunitarie. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti, la transizione digitale non è ancora completa e rischia di lasciare indietro intere fasce della popolazione e del tessuto produttivo.
Secondo il recente rapporto di Eurofound in allegato, i Paesi europei con livelli storicamente più bassi di digitalizzazione hanno compiuto passi avanti significativi, riducendo il divario con i leader digitali del continente. Questo fenomeno, noto come “convergenza verso l’alto”, è visibile anche nel settore privato, dove le imprese stanno adottando tecnologie digitali con maggiore intensità. Tuttavia, le disuguaglianze restano marcate, soprattutto tra regioni, gruppi socioeconomici e dimensioni aziendali.

Chi resta indietro nella transizione digitale

Le persone con basso reddito, anziani e individui con un basso livello di istruzione sono ancora oggi i più penalizzati. Questi gruppi, spesso più dipendenti dai servizi pubblici, faticano ad accedere alle piattaforme digitali e rischiano di essere esclusi da servizi essenziali. Al contrario, i giovani, i lavoratori attivi e le persone con un alto livello di istruzione godono di un accesso più ampio e di competenze digitali più sviluppate.Anche nel mondo delle imprese si osservano forti disparità: le grandi aziende e quelle situate in aree urbane sono più digitalizzate rispetto alle piccole imprese e a quelle localizzate in zone rurali. Questo divario ha implicazioni dirette sulla produttività e sulla competitività economica dell’intero continente.

L’Unione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi per il 2030, tra cui dotare l’80% della popolazione di competenze digitali di base. A supporto di questa strategia, sono stati stanziati fondi ingenti: 250 miliardi di euro dal programma NextGenerationEU e 43 miliardi per il Chips Act europeo. Accanto agli investimenti, sono state introdotte normative fondamentali come il Digital Services Act, il Digital Markets Act e il recente AI Act, che regolano l’uso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale, tutelando i cittadini e promuovendo la concorrenza.

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Ma non basta

Il rapporto sottolinea l’importanza di politiche locali e mirate, capaci di rispondere ai bisogni specifici delle comunità. Iniziative di formazione digitale, co-progettate con i cittadini, e programmi di alfabetizzazione digitale inclusivi sono strumenti chiave per colmare il divario.Il principio guida dovrebbe essere quello del “no harm” (in italiano “non nuocere”): nessuno deve essere escluso dalla transizione digitale. In pratica, ciò significa mantenere opzioni analogiche per alcuni servizi pubblici e garantire che anche chi sceglie di restare offline possa accedere ai beni essenziali. La digitalizzazione deve essere accompagnata da un rafforzamento del pensiero critico, soprattutto in relazione all’uso dell’intelligenza artificiale generativa, per evitare fenomeni di disinformazione e bias algoritmici.

Indicazioni operative

  1. Mappare il livello di digitalizzazione del personale, con particolare attenzione ai lavoratori più anziani o con minori competenze digitali.
  2. Garantire l’accesso a dispositivi e connessioni adeguate per tutti i dipendenti, anche in contesti produttivi decentralizzati.
  3. Promuovere corsi di formazione digitale inclusivi, con moduli su sicurezza informatica, uso di piattaforme aziendali e strumenti di comunicazione.
  4. Integrare la digitalizzazione nei DVR (Documenti di Valutazione dei Rischi), considerando i rischi psicosociali legati all’esclusione digitale.
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  6. Favorire la partecipazione attiva dei lavoratori nella progettazione di strumenti digitali aziendali, per migliorarne l’usabilità e l’accessibilità.
  7. Monitorare l’impatto delle tecnologie digitali sulle condizioni di lavoro, anche attraverso indagini periodiche sul benessere organizzativo.
  8. Collaborare con enti locali e associazioni per promuovere iniziative di alfabetizzazione digitale sul territorio.

Cosa dice la legge

La strategia europea per la digitalizzazione è sostenuta da un quadro normativo articolato:

  • Digital Services Act (DSA): stabilisce nuove regole per la responsabilità delle piattaforme online, contrastando contenuti illegali e disinformazione.
  • Digital Markets Act (DMA): definisce criteri per identificare le piattaforme digitali dominanti e ne regola il comportamento.
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  • AI Act: classifica le applicazioni di intelligenza artificiale in base al rischio e impone misure di controllo.
  • Direttiva (UE) 2024/2831: migliora le condizioni di lavoro nel lavoro tramite piattaforme digitali.
  • European Chips Act: affronta la carenza di semiconduttori e rafforza la leadership tecnologica europea.
  • European Data Act: stabilisce regole per l’accesso e l’uso dei dati nell’economia digitale.



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