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Quante startup innovative ci sono a Torino? E che cosa fanno? I risultati dell’Osservatorio della Camera di Commercio


Le startup considerano centrale lo sviluppo di prodotti per nuovi mercati ma sono meno focalizzate su innovazioni organizzative o di processo

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Su 1.950 imprese del territorio torinese, selezionate dalla Camera di Commercio di Torino sulla base di criteri come aver realizzato depositi brevettuali, aver ricevuto finanziamenti per ricerca e innovazione su bandi competitivi, affiliazione a poli d’innovazione, iscrizione nelle sezioni speciali del Registro Imprese delle startup e PMI innovative, aver raggiunto una significativa dimensione economica (fatturato superiore ai 50 milioni di euro), la crescita media dei ricavi del 7,5% tra il 2021 e il 2023 (escluse le startup), in significativo aumento per tutte le classi dimensionali, superiore al 15% tra il 2021 ed il 2023. «Abbiamo voluto analizzare un particolare universo di circa 2mila aziende, che si mostra in salute, con buone performance economiche e in grado di esprimere alti livelli di innovazione indipendentemente dalla dimensione, dal settore o dallo stadio di sviluppo – spiega Massimiliano Cipolletta, Presidente della Camera di commercio di Torino. –  Alta la spesa in digitalizzazione, diffuso l’impegno in sostenibilità e l’attenzione all’impatto sociale, frequenti le collaborazioni instaurate nella filiera o con il mondo universitario: queste imprese cercano soprattutto finanziamenti e personale qualificato per continuare a crescere. L’ente camerale mette a disposizione servizi dedicati a start up e imprese innovative, sia per gli aspetti amministrativi sia per la crescita digitale e green, la ricerca di finanziamenti e la valutazione e l’accelerazione della capacità innovativa».

L’indagine della Camera di Commercio

Il questionario, somministrato nei primi mesi del 2025, ha raccolto 428 rispondenti con queste caratteristiche: 7,5% grandi imprese, 16% medie imprese, 60,5% piccole e microimprese, 16% startup innovative. Il settore più rappresentato è il manifatturiero (32%), a seguire l’ICT (23%). Tra tutte le imprese intervistate nel 45% dei casi la presenza in azienda di personale laureato supera il 50%.

Lo studio confronta diverse tipologie di impresa – startup, micro, piccole, medie e grandi imprese – e ha avuto l’obiettivo di monitorare l’evoluzione dell’innovazione tecnologica e organizzativa nelle diverse realtà del territorio. In particolare, l’indagine si è proposta di analizzare i modelli di governance, i processi di digitalizzazione e le strategie di sostenibilità adottate dalle imprese, comprendendone meglio percorsi di innovazione, barriere e fattori abilitanti, evidenziando anche il ruolo delle policy pubbliche e dei finanziamenti.

Per quasi tutti gli aspetti analizzati, si evidenziano percorsi anche molto differenti tra le startup e le medie e grandi imprese.

Le startup innovative torinesi

Analizzando il modello di business, il 70% delle startup offre prevalentemente servizi, mentre il 70% delle medie e grandi imprese è più orientato verso la produzione di beni. Nella definizione del portafoglio clienti, le startup e le micro-imprese mostrano un’elevata dipendenza da pochi clienti (60% del fatturato dipendente da 3 clienti principali), mentre al crescere della dimensione aziendale si evidenzia una maggiore eterogeneità con più ampie basi della clientela.

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La propensione all’export raggiunge il 76% per le medie e grandi imprese, mentre è pari al 35% nelle startup. Un dato influenzato dalla presenza nel campione di startup di recente costituzione ancora impegnate nella fase di sviluppo del prodotto.

In generale, quasi tutte le imprese rispondenti hanno adottato soluzioni innovative: nel biennio 2023-2024, il 66% ha introdotto innovazioni di prodotto, il 71% ha introdotto innovazioni di processo, poco meno della metà (il 49%) ha investito in R&S.

Volendo approfondire i percorsi d’innovazione intrapresi dalle imprese del territorio, i dati evidenziano che per tutte le tipologie di impresa l’obiettivo rilevante è il miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi. Le grandi imprese assegnano particolare rilevanza alla riduzione dei costi e dei tempi di produzione, ma anche alla sostenibilità dei processi e dei prodotti e al miglioramento delle condizioni di lavoro. Le startup considerano centrale, invece, lo sviluppo di prodotti per nuovi mercati, ma sono meno focalizzate su innovazioni organizzative o di processo. Per il 55% delle medie e grandi imprese i percorsi di innovazione sono strutturati e capital intensive, ad esempio con l’introduzione di impianti e macchinari. Per il 43% delle start up invece l’innovazione è radicale, dimostrando approcci di natura più esplorativa.

Rispetto alla spesa in digitalizzazione, il 13% delle medie e grandi imprese e il 43% delle start up indica una incidenza molto significativa, superiore al 5% del fatturato. La maggior parte delle medie e grandi imprese si attesta tra il 2% ed il 5% del fatturato. Le grandi imprese si confermano le più attive e strutturate su tecnologie digitali e produttive avanzate, in particolare nei sistemi di sicurezza, nei software MES (Manufacturing Execution System), nella robotica e nella gestione dei dati. Le start up, pur con meno infrastruttura, si distinguono per l’uso intensivo di intelligenza artificiale, stampa 3D, IoT e simulazione.

Guardando alle azioni condotte per la sostenibilità, ben il 64% delle medie e grandi aziende ha fissato obiettivi volontari; nello specifico, per la sostenibilità ambientale azioni per favorire la decarbonizzazione, l’utilizzo di fonti rinnovabili, l’auto produzione di energia. Sul piano dell’impatto sociale, le azioni più comuni sono progetti per il miglioramento del welfare aziendale, per l’inclusività e per la misurazione dell’impatto sociale del business. Le start up spiccano nelle pratiche innovative di welfare, mentre le grandi imprese sono maggiormente orientate ad azioni di monitoraggio delle proprie filiere e percorsi di sviluppo professionale.

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La composizione della spesa in Ricerca e Sviluppo rivela una forte centralità di risorse interne, a prescindere dalla classe dimensionale. Le start up si distinguono anche per un ricorso più frequente a servizi di R&S esterni. Il 73% delle imprese dichiara collaborazioni con i propri fornitori, seguono società di consulenza (66%) e clienti (65%). Significativo anche il ricorso a collaborazioni con Università (49%) per lo sviluppo di tecnologie, prodotti e servizi innovativi. Inoltre, un gruppo di imprese menziona collaborazioni (circa 30%) per innovazione con altri attori del sistema come poli di innovazione e centri di ricerca e competenza.

Riguardo il tema degli ostacoli all’innovazione, il primo elemento che emerge chiaramente è la mancanza di risorse finanziarie, con valori particolarmente elevati tra start up e micro-imprese. A seguire, si segnala la carenza di finanziamenti pubblici, confermando l’importanza di queste misure per le realtà più piccole e in fase di sviluppo. Altri fattori critici riguardano la difficoltà a reperire personale qualificato, e la mancanza di competenze manageriali.

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Il tema dei finanziamenti è centrale: l’autofinanziamento rappresenta la principale fonte finanziaria per le spese in innovazione, con il rischio di una forte dipendenza dalla dinamica del ciclo economico. Seguono, a distanza, i contributi pubblici a fondo perduto e le agevolazioni fiscali. Le piccole e medie imprese risultano anche più attive nell’uso del credito bancario a medio-lungo termine, mentre le startup si distinguono per un maggiore ricorso a capitale da soci preesistenti e, in parte, a nuovi soci e venture capital.

Per quanto riguarda l’utilizzo di bandi competitivi, il dato principale che emerge è complessivamente che circa la metà delle imprese ha ottenuto finanziamenti tra il 2021 ed il 2023. In particolare, il 25% delle imprese ha ottenuto finanziamento con fondi da leggi regionali e il 12% con fondi PNRR. Sullo specifico tema della digitalizzazione il 46% delle imprese ha utilizzato misure pubbliche.





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