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Intervento del Presidente Meloni alla Sessione Plenaria Ukraine Recovery Conference


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Dear colleagues, thank you for being here. Dear President Zelensky, dear Olena, thank you for being here. It’s an honour, it’s a pleasure. Allow me, as the Minister of Foreign Affairs, Antonio Tajani, already did, to speak this morning in my mother tongue, for we are in Rome.

È per me un onore aprire i lavori della quarta edizione dell’Ukraine Recovery Conference e dare il mio benvenuto a Roma al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, alla First Lady Olena, alla Presidente della Commissione, al Presidente del Consiglio Europeo, ai Presidenti, ai Primi Ministri, ai tanti colleghi che sono venuti qui oggi a Roma per partecipare a questa importante iniziativa e a tutte le delegazioni che sono presenti. 

Voglio ringraziarli perché i numeri impressionanti di questa Conferenza – 70 Nazioni rappresentate, oltre 40 organizzazioni internazionali, migliaia tra aziende e realtà della società civile – raccontano meglio di qualsiasi altra iniziativa quale futuro tutti insieme vediamo per l’Ucraina e con quanta convinzione crediamo in quel futuro. Il colpo d’occhio, per chi ha la possibilità di vederlo da questo palco, è di straordinario impatto e chiaramente, per questo, voglio ancora una volta ringraziare il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, tutta la Farnesina, tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita di questo evento. Così come voglio salutare e ringraziare gli altri Ministri del Governo italiano presenti, il Presidente del Senato Ignazio La Russa e i Leader dei Governi delle Nazioni che prima di noi hanno avuto la responsabilità di organizzare questa Conferenza e quelli che l’avranno dopo di noi ricevendone il testimone. Questa partecipazione così ampia, a così alto livello, trasmette al mondo un messaggio estremamente importante. Dice che ognuno di noi è qui per fare la sua parte per un obiettivo comune, che è guardare oltre l’insopportabile ingiustizia che da più di tre anni viene inflitta al popolo ucraino e sapere immaginare ora una Ucraina ricostruita, libera, prospera. E dice che intendiamo raggiungere questo scopo non solo aiutando l’Ucraina a difendersi, portando avanti ogni sforzo per arrivare alla pace, come stiamo facendo, ma anche e soprattutto sapendo immaginare il dopo, interrogandoci su come ricostruire quello che è stato distrutto: strade, ponti, scuole, chiese, ospedali.

E’ questo il messaggio che vogliamo ribadire con forza oggi. La Russia incrementa gli attacchi contro i civili, colpisce le infrastrutture indispensabili per la popolazione perché il disegno è lo stesso dall’inizio della guerra: tentare di piegare gli ucraini con il buio, con il freddo, con la fame, con la paura. Questo piano, come altri, è fallito. E’ fallito in primo luogo perché tutti hanno imparato quanto gli ucraini siano molto più tenaci di ogni aspettativa ed è fallito perché la comunità internazionale si è schierata contro questo scempio, assicurando l’assistenza urgente e necessaria per garantire la continuità dei servizi essenziali. Penso che dovremo tenerne conto in futuro, dovremo tenere conto di chi ha fatto tutto ciò che poteva per impedire queste barbarie e chi invece non l’ha fatto. Ed è per questo che – come è scritto anche nella Dichiarazione dei Ministri delle Finanze del G7 – noi vogliamo lavorare con l’Ucraina anche per non consentire che della ricostruzione possano beneficiare anche quelle entità che hanno contribuito a finanziare la macchina da guerra russa. Abbiamo visto un video molto emozionante e la voce narrante diceva «We believe that together we can stop the darkness and build a strong future». È esattamente quello che intendiamo fare: fermare l’oscurità, costruire un futuro forte. Un futuro all’altezza di una Nazione fiera e orgogliosa come è l’Ucraina. Una Nazione che nonostante le bombe, nonostante gli attacchi contro le infrastrutture strategiche, nonostante gli sfollati, le vittime, i bambini strappati dalle loro famiglie, continua ad avere un’economia viva, un’economia resiliente.

La guerra intacca spesso la fiducia che si ha nel domani, l’abbiamo visto tante volte nella storia. In questo caso non è stato così. In questo caso il popolo ucraino ha guardato dritto negli occhi il proprio nemico e ha scelto di combattere. E non ha scelto di combattere perché ama il conflitto, ha scelto di combattere perché ama quello che sta difendendo, perché sa vedere oltre quel conflitto. E’ questo che ha permesso all’Ucraina di continuare a vivere, a produrre, a innovare, a cercare una luce anche nell’oscurità più profonda. Il nostro compito è aiutare l’Ucraina, e lo faremo, a scrivere questo nuovo capitolo della sua storia, per amore di giustizia e come monito per il futuro. 

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L’Italia intende per questo e su questo giocare un ruolo da protagonista e può farlo, non solo per la costanza e la chiarezza con le quali fin dall’inizio si è schierata dalla parte giusta della storia, senza mai tentennare, ma anche perché il suo solido, straordinario tessuto produttivo ha tutte le carte in regola per generare un moltiplicatore di investimenti e di opportunità. Perché la sfida che abbiamo di fronte richiede certamente il massimo sforzo da parte delle Nazioni, dei Governi, delle Istituzioni multilaterali e finanziarie, ma è una partita che noi possiamo vincere solo se riusciremo a contare su una robusta mobilitazione dei capitali privati, sullo spirito imprenditoriale delle aziende, sulla loro capacità di attrarre investimenti.

L’entusiasmo, il dinamismo che le nostre imprese hanno dimostrato, stanno dimostrando, il genio e la creatività che tutto il mondo riconosce loro, dicono che il sistema Italia può fare la differenza. È un impegno che trova oggi concretezza negli accordi che alcune tra le nostre principali aziende – Leonardo, Enel, TERNA, SNAM, Ferrovie, ma davvero ne sto citando solamente alcune -sottoscriveranno con le omologhe aziende ucraine. Parliamo di iniziative concrete focalizzate su progetti strategici capaci di disegnare un cambiamento reale restituendo il segno di un impegno corale del nostro sistema produttivo, un impegno che si muove parallelamente a quello che è stato messo in campo dal Governo, dalle istituzioni nelle loro diverse articolazioni. Questa Conferenza ci offre l’opportunità di sottoscrivere numerose intese. 

Uno degli ambiti principali sui quali noi abbiamo voluto concentrare la nostra attenzione riguarda la creazione di nuovi strumenti, di nuovi meccanismi finanziari che possano accompagnare il lavoro delle aziende, fare da moltiplicatore. Sono per questo felice di annunciare il contributo determinante dell’Italia alla nascita di un nuovo fondo equity a livello europeo. Il messaggio che vogliamo lanciare oggi agli imprenditori è semplice. Non abbiate paura di investire, di costruire, di ricostruire in Ucraina, perché investire sulla ricostruzione dell’Ucraina non è un azzardo, è invece un investimento in una Nazione che ha dimostrato più resilienza di qualsiasi altra, ma è anche un investimento sulla pace, sulla crescita economica dell’Europa intera, sulla sicurezza dei nostri cittadini. 

E sappiate che saremo al vostro fianco, insieme alle istituzioni finanziarie, alle realtà come Sace, Simest, Cassa Depositi e Prestiti, che sostengono l’internazionalizzazione delle imprese, per mettervi nelle condizioni migliori per poter operare, non solo sul fronte delle assicurazioni che sono necessarie per chi investe contro i rischi derivanti dal conflitto, ma anche per esplorare nuove opportunità in ambiti strategici, dall’agroindustria fino alla meccanica avanzata, all’industria chimica e ai trasporti. Investire in Ucraina è un investimento su noi stessi perché, piaccia o no, quello che accade in Ucraina riguarda ciascuno di noi. Penso che per questo dobbiamo essere orgogliosi del risultato che oggi raggiungiamo tutti insieme – nazioni, organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie, autorità locali, settore imprenditoriale e società civile. Insieme abbiamo assunto impegni con la Conferenza di oggi per oltre 10 miliardi di euro. 

Ma per ricostruire una Nazione martoriata dalla guerra non bastano i soldi, gli ingegneri, gli architetti, gli operai. C’è bisogno di qualcosa di più e quel qualcosa di più è il sentimento che il popolo ucraino più di tutti ha dimostrato di conoscere, che è l’amore di patria, l’amore per la libertà, la volontà di garantire ai propri figli un futuro di prosperità, di benessere. Senza l’amore di patria tutto quello che noi facciamo perde di senso. Non è un caso che l’Italia abbia scelto di occuparsi di alcuni dei simboli dei luoghi che compongono il mosaico identitario della Nazione ucraina, quel luogo è Odessa e quei simboli sono la Cattedrale della Trasfigurazione, la Filarmonica, il Museo delle Belle Arti. Gemme di un patrimonio culturale splendido che ci appartiene come europei e che, come europei, vogliamo proteggere perché possa essere consegnato a chi verrà dopo di noi. 

Caro Volodymyr, cara Olena, cari colleghi, il cammino della ricostruzione non sarà un cammino facile, sarà certo un cammino pieno di insidie, ma è anche un cammino che porta con sé incredibili opportunità. Gli italiani sanno forse meglio di chiunque altro, sanno comunque molto bene quello di cui sto parlando, perché noi siamo quel popolo che sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale ha costruito il miracolo economico degli anni Sessanta. Anche la nostra allora era una Nazione distrutta che affrontava difficoltà enormi, eppure ce l’ha fatta. Si è rialzata con determinazione, con orgoglio, con operosità e è diventata la potenza economica e industriale che oggi tutti conoscono. E mi piace pensare che questa Conferenza possa essere il punto di partenza per il miracolo economico dell’Ucraina e costruiremo quel miracolo insieme per voi, per noi, perché ogni scuola, ogni ospedale, ogni campanile che ricostruiremo sarà un pezzo di noi stessi che avremo ricostruito, un pezzo d’Europa che riconsegneremo alla storia e ai nostri figli.

Vi ringrazio e buona Conferenza. Grazie.



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