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L’intralogistica come sistema nervoso dell’impresa: le novità di Swisslog (gruppo Kuka)


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«L’automazione non è più un’opzione: è una risposta strutturale alla crisi della manodopera, all’aumento dei salari e alla crescente domanda di efficienza». Daniele Pirro, amministratore delegato di Swisslog Italia e Iberia, non ha dubbi: l’automazione industriale e l’intralogistica avanzata sono oggi i due assi portanti su cui si gioca la competitività delle imprese. Lo confermano anche i numeri: nel 2024, Swisslog Italia ha registrato un order intake vicino ai 50 milioni di euro, mentre a livello globale il gruppo ha generato oltre 700 milioni di euro di fatturato.

Swisslog progetta, realizza e gestisce sistemi automatizzati per la logistica interna: magazzini di produzione, centri di distribuzione e fulfillment centers. Parte del gruppo Kuka dal 2014, la società svizzera — con oltre 2.900 dipendenti e una presenza in più di 25 Paesi — unisce robotica, software proprietari e know-how ingegneristico per offrire soluzioni su misura a imprese di ogni dimensione. Il suo portafoglio comprende tecnologie come AutoStore, sistemi shuttle, soluzioni per pallet, robotica per picking automatico, Amr e software per la gestione degli ordini e dell’inventario. Nell’intervista rilasciata a Industria Italiana, Pirro ripercorre i principali trend tecnologici del settore: dagli impianti palletizzati per il food & beverage alle soluzioni AutoStore, con l’introduzione del sistema multitemperatura — una novità pensata per gestire articoli refrigerati e deep freeze, con moduli a –25°C. «Il nostro AutoStore multitemperatura», spiega Pirro, «è già operativo in tre magazzini in Francia. Riduce i disagi per i lavoratori, aumenta l’efficienza e apre nuove possibilità per i settori food, pharma e chimica».

Il mercato, però, resta incerto. «Gli investimenti si stanno posticipando, ma non si stanno fermando», precisa Pirro. A rallentare sono i processi decisionali, non l’interesse. La spinta dell’automazione industriale resta fortissima: solo il 10% circa dei magazzini italiani è oggi automatizzato. Con l’aumento del costo del lavoro — +12% sul minimo nazionale della logistica nel 2024 — e il crescente turnover nelle mansioni operative, anche le Pmi stanno iniziando a valutare soluzioni entry-level: Amr, picking automatico, carrelli intelligenti. E persino i 3PL, finora più restii in Italia rispetto ai mercati nordici, iniziano a inserire l’automazione nei loro contratti di lungo periodo. Swisslog non è cresciuta per acquisizioni — se si esclude l’integrazione di Easy Conveyor e pochi altri casi — ma per sviluppo interno, progettazione su misura e innovazione continua. Un modello che oggi, in un contesto ad alta volatilità, si dimostra efficace per rispondere alla domanda crescente di automazione industriale e intralogistica intelligente.

D. Ingegner Pirro, guardando ai vostri ultimi sviluppi, qual è la tecnologia che meglio rappresenta la vostra visione dell’automazione nei prossimi anni?

Daniele Pirro, amministratore delegato di Swisslog Italia e Iberia.

R. Ce ne sono almeno due. Da un lato, continuano ad affermarsi le tecnologie che puntano su scalabilità, modularità e flessibilità. Parliamo di soluzioni che spaziano dal micropicking agli AMR (Autonomous Mobile Robots), passando per sistemi integrabili in progetti anche molto più complessi. È questa la direzione del mercato: sistemi che puoi riconfigurare in base alle esigenze e ai processi del cliente. Dall’altro, la vera novità tecnologica che abbiamo lanciato quest’anno è l’AutoStore multitemperatura. Un magazzino automatico in grado di gestire articoli a temperature diverse. È pensato soprattutto per i settori food e pharma, dove ci sono esigenze molto specifiche di conservazione.

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D. Oltre all’automazione flessibile, qual è l’altro fronte su cui si gioca la partita?

R. I grandi centri distributivi completamente automatizzati. È una tendenza fortissima, trainata dal mondo del retail, grocery, general merchandising, ma anche dal fashion e apparel. Non riguarda solo il contesto globale: sta interessando anche il mercato italiano, che su questi fronti si sta muovendo con decisione.

D. Che vantaggi offre il sistema multitemperatura?

R. Il primo vantaggio è per le persone. Con questa soluzione, tutte le attività di picking e preparazione dell’ordine non si svolgono più in ambienti a –25°C, come avviene nei classici deep freeze, ma in aree a temperatura controllata tra i 2 e i 4°C. È un cambiamento enorme per la qualità del lavoro, che normalmente richiederebbe turni duri e ingressi limitati in celle frigorifere.

D. Il sistema AutoStore multitemperatura prevede componenti diversi rispetto al sistema tradizionale?

R. No, il sistema è composto da quattro elementi fisici standard: la griglia in alluminio, che non ha funzione portante ma serve ai robot per muoversi; le cassette, che sono autoportanti; i robot stessi; e le workstation, dove l’operatore riceve le cassette per il picking. A questi si aggiunge il software, che in questo caso è sviluppato da noi: gestisce tutte le operazioni dell’AutoStore e si interfaccia con il WMS o l’ERP del cliente. Anche nella versione multitemperatura, i componenti restano identici: cambia solo il contesto di utilizzo.

D. Dal punto di vista tecnico, cosa distingue il sistema multitemperatura da quello standard?

AutoStore multitemperatura», spiega Pirro, «è già operativo in tre magazzini in Francia. Riduce i disagi per i lavoratori, aumenta l’efficienza e apre nuove possibilità per i settori food, pharma e chimica.

R. Cambia il fatto che, per funzionare in modalità multitemperatura — in particolare nelle aree chilled e deep freeze — il sistema viene installato all’interno di una cella a temperatura controllata, tra 0 e 4°C. All’interno della griglia AutoStore viene poi integrato un sistema Hvac supplementare, cioè un impianto di raffreddamento dedicato, che consente di creare moduli a –25°C.

D. Come si gestisce la coesistenza tra aree a temperature così diverse?

R. I robot continuano a operare a temperatura ambiente. Questo è possibile grazie a un design specifico del sistema di raffreddamento: l’aria fredda agisce dal terzo livello di cassa in giù, mentre in alto c’è una lama d’aria temperata che sigilla la zona fredda rispetto a quella a temperatura positiva, dove si muovono i robot. È una soluzione ingegneristica raffinata, che però dal punto di vista operativo non cambia nulla per l’utente finale. Il sistema funziona come un AutoStore tradizionale.

D. Quindi è una tecnologia già in fase operativa?

R. Sì, Swisslog ha già realizzato tre magazzini in Francia con questo concept. Abbiamo investito molto per svilupparlo, e oggi possiamo proporlo in modo concreto a quei settori dove il controllo della temperatura è critico: alimentare, farmaceutico, chimico. Il vantaggio è che, pur operando in contesti estremi, il sistema mantiene tutti i punti di forza dell’AutoStore: modularità, compattezza, affidabilità.

D. Quindi è anche un modo per migliorare la sicurezza e l’ergonomia?

R. Assolutamente. Non parliamo solo di condizioni ambientali. Anche le workstation sono state progettate per essere altamente ergonomiche: regolabili in altezza, intuitive, con software che guidano passo passo l’operatore. Si riducono gli errori e si semplifica il lavoro. Questo approccio human-centric è una risposta concreta a una delle grandi emergenze del settore: lo shortage di risorse umane.

D. Cosa intende?

R. Negli ambienti più gravosi, come i magazzini refrigerati, è sempre più difficile trovare persone disposte a lavorare. C’è un calo di produttività dichiarato del 25% rispetto ad alcuni anni fa. E un’altissima rotazione. L’automazione, in questo senso, diventa uno strumento indispensabile per garantire la continuità operativa, anche su più turni. Serve quindi ripensare anche i profili professionali: non più il classico operatore che sposta merce da un punto all’altro, ma figure capaci di interagire con sistemi avanzati, software, macchine intelligenti.

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D. Lo shortage di manodopera non è solo una questione numerica, ma anche di turnover. Quanto incide sul vostro settore?

PowerStore: sistema shuttle ad alta densità per magazzini pallet. La modularità del sistema di trasporto pallet PowerStore consente di immagazzinare fino al 60% in più di pallet rispetto ai sistemi manuali. Può anche essere personalizzato su misura per tutte le forme e dimensioni degli edifici del magazzino.

R. L’altissima rotazione del personale è uno dei problemi più gravi e l’automazione permette di coprire più turni. Questo sta cambiando radicalmente anche il tipo di figure richieste: si passa da un profilo operativo tradizionale, orientato a mansioni a basso valore aggiunto, a una figura che deve saper interagire con sistemi complessi. L’operatore che fa il picking, ad esempio, viene guidato da software intuitivi: non servono competenze tecniche avanzate per utilizzarli. Ma attorno a lui si aprono nuove professionalità, a partire da quelle che si occupano della gestione dell’impianto.

D. Che tipo di competenze servono per condurre un impianto automatizzato come quelli che proponete?

R. Servono figure che abbiano conoscenze di elettromeccanica, in grado di effettuare la manutenzione ordinaria e quotidiana dell’impianto. Ovviamente ci siamo anche noi, come system integrator: forniamo supporto tecnico, manutenzione e, nei grandi impianti, anche la conduzione diretta attraverso il nostro servizio di customer service.

D. Avete recentemente collaborato con Biesse. Quali sono gli elementi distintivi del progetto?

R. È un caso emblematico di personalizzazione spinta. Parliamo di un impianto AutoStore nella sua configurazione tradizionale, ma con una particolarità tecnica che merita attenzione: l’impianto antincendio. Biesse ha scelto un sistema a polveri di potassio, una soluzione innovativa che agisce come i sistemi a gas inerte, ma con il vantaggio di non richiedere la completa sigillatura del locale. In caso di rilevamento fumi, la polvere — non tossica — viene rilasciata per spegnere l’incendio. Abbiamo lavorato insieme anche sull’integrazione fisica: l’intero impianto è stato “tappato” superiormente, creando una sorta di coperchio che trattiene la polvere all’interno della struttura. È il risultato di un processo di selezione molto accurato da parte del cliente, che alla fine ha scelto AutoStore per le sue caratteristiche distintive rispetto ad alternative come gli shuttle.

D. AutoStore è spesso il primo nome che viene associato a Swisslog. Ma qual è oggi l’ampiezza reale del vostro portafoglio tecnologico?

R. AutoStore è sicuramente una delle soluzioni più richieste, specie in Italia, dove il tessuto industriale è dominato da aziende medio-piccole. Ma la nostra offerta parte da soluzioni per il micropicking e arriva fino alla movimentazione pallet su larga scala, passando per impianti complessi e infrastrutture logistiche avanzate. Un’area in cui stiamo crescendo in modo significativo è proprio quella della movimentazione pallet, con importanti commesse in ambito food & beverage: basti citare Pastificio Garofalo.

D. Swisslog ha una strategia di crescita per acquisizioni?

R. Storicamente, Swisslog Italia non è cresciuta per acquisizioni, ma attraverso sviluppo organico. A livello globale ci sono state alcune operazioni mirate: penso ad esempio all’acquisizione di Easy Conveyor, oppure alla realtà americana integrata per rafforzare l’offerta PowerStore.

D. Swisslog oggi fa parte del gruppo KUKA. Che ruolo gioca questa integrazione nella vostra strategia?

Vectura: il traslo-elevatore sostenibile per il tuo magazzino pallet.

R. Kuka ci ha scelti per ampliare il proprio raggio d’azione, passando dall’automazione industriale a quella logistica. Pur facendo parte del gruppo, abbiamo mantenuto il nostro brand e una forte autonomia operativa. L’integrazione si è sviluppata nel tempo, inizialmente nelle funzioni di supporto come finance e IT, per poi estendersi all’offerta tecnologica.

D. Quali sinergie ne sono derivate?

R. La più significativa riguarda l’integrazione della robotica Kuka nel nostro portafoglio soluzioni. Oggi offriamo sistemi completi che includono, ad esempio, la pallettizzazione automatica, il picking a layer e la preparazione di pallet misti. È una proposta particolarmente efficace per la grande distribuzione: stocchiamo pallet monoreferenza, li scomponiamo con sistemi shuttle e li ricomponiamo in pallet misti tramite isole robotizzate. Una tecnologia chiave per l’automazione logistica dei grandi centri distributivi.

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D. Swisslog ha una lunga storia. Da dove nasce?

R. L’azienda affonda le radici nei primi anni del Novecento, quando si chiamava Sprecher & Schuh ed era un distributore elettrico. Il brand Swisslog nasce nel 1994, e oggi celebriamo 125 anni di storia. Ma il nostro percorso si è sempre basato sulla crescita organica e sull’innovazione interna, più che su acquisizioni esterne.

D. State lavorando anche sull’item picking completamente automatizzato?

R. Sì, è uno dei fronti più interessanti. ItemPiQ è una tecnologia in cui un robot collaborativo preleva direttamente dalla cassetta AutoStore e svolge l’attività di picking in autonomia. È una delle nostre soluzioni più avanzate in termini di automazione fine, e rappresenta bene l’integrazione tra la nostra expertise logistica e quella robotica di KUKA.

D. Operate anche nel settore dei ricambi e componenti per l’automotive?

R. Sì, anche in questo settore , abbiamo diverse esperienze rilevanti. Il progetto più importante in Italia è l’impianto realizzato per Mopar a Rivalta, centro di distribuzione di spare parts Emea per Stellantis. È un’infrastruttura logistica molto avanzata. Oltre a questo, abbiamo lavorato con altri gruppi automobilistici, sia in Italia sia all’estero, sempre con focus su componentistica e ricambistica. Tra l’altro, proprio lo spare parts è uno dei pochi segmenti automotive che oggi continua a mostrare vitalità.

D. Come sta andando il mercato dell’automazione nel 2025? E quali sono le prospettive?

Robot a guida autonoma per il trasporto orizzontale dinamico e flessibile.

R. Non è un mercato semplice. Ci sono aspettative di crescita, ma anche molta incertezza, a causa di fattori macroeconomici: conflitti, instabilità geopolitica, dazi, ecc. La conseguenza è che molti investimenti vengono posticipati, non cancellati. L’attrattiva dell’automazione resta fortissima, ma il timing si allunga. Il potenziale di crescita resta enorme, perché la penetrazione dell’automazione nei magazzini è ancora molto bassa.

D. Possiamo dire che il mercato non è saturo, anzi è appena all’inizio?

R. Esattamente. L’intralogistica automatizzata rappresenta una fetta ancora molto piccola rispetto all’universo dei magazzini esistenti. Non ho un dato preciso oggi, ma potremmo essere attorno al 10%. C’è ancora moltissimo da fare. Il mercato italiano, ad esempio, è molto diverso da quello tedesco o scandinavo: da noi ci sono migliaia di Pmi, con investimenti storicamente più contenuti.

D. Il contesto normativo e salariale sta cambiando. Può favorire l’automazione?

R. Assolutamente. Fino a poco fa, in Paesi come Italia e Spagna, i bassi salari e l’uso di cooperative hanno ritardato l’automazione. Ma ora, con il rinnovo del contratto nazionale della logistica e un aumento del 12% sul salario minimo, la situazione cambia. Inoltre, cresce anche l’attenzione alla legalità e alla tracciabilità, grazie anche al lavoro dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. Tutti questi fattori – costi del lavoro, shortage di personale, nuove norme – rendono l’automazione sempre più accessibile e giustificabile, anche per le Pmi. Magari non con impianti da 50 milioni, ma con soluzioni entry-level: carrelli autonomi, robot mobili, sistemi flessibili e scalabili. Serve però anche il know-how per gestirli: non basta installare un impianto, bisogna farlo funzionare, mantenerlo, integrarlo nel flusso produttivo. È questa la vera sfida.

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D. Lavorate anche con i 3PL?

R. In Italia non ancora tantissimo, almeno non quanto in Germania, Regno Unito o nei Paesi nordici, dove i 3PL (Third-Party Logistics Providers) sono più strutturati e abituati a investire in automazione. Detto questo, anche qui da noi si sta aprendo una nuova fase: i 3PL iniziano a vedere l’automazione come uno strumento strategico, per estendere i contratti con i committenti mantenendo la marginalità. È un modello win-win: più valore per il cliente finale, più stabilità per il fornitore logistico. È un’evoluzione lenta, ma ormai avviata.



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