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Perché il Piano Mattei non decolla? Ecco cosa ne pensano le Pmi italiane in Africa


L’Africa è l’unico continente che avrà una crescita demografica nei prossimi 70 anni. E se l’economia si fa dove ci sono le persone, l’Africa è “the place to be” nei prossimi decenni.

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Ho iniziato volutamente con due slogan, che però rimangono parole vuote se poi non ci si rimbocca le maniche in modo concreto. Questo purtroppo non sta avvenendo col Piano Mattei. O almeno non è visibile al 99.9% degli imprenditori italiani che vanno in Africa.

Per capire perché il Piano non decolla bisogna partire dalle origini. Anzitutto da come è finanziato: il Piano Mattei deve le sue risorse al Fondo italiano per il clima che nasce nel 2021 (legge 234/2021), quando il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) si chiamava Mite. Questo fondo, più volte annunciato come “nuovo” nel 2022 e nel 2023, è affidato a Cassa depositi e prestiti (Cdp) e oggi costituisce l’ossatura principale del Piano Mattei. Altre risorse arrivano dalle (scarse) disponibilità dell’Aics, l’Agenzia per cooperazione internazionale italiana. In altre parole, a fondi già esistenti è stata appiccicata una nuova etichetta più “cool”.

Peccato che però questi fondi, invece di sostenere progetti e iniziative del tessuto imprenditoriale italiano fatto dalle Pmi che coraggiosamente investono in Africa, siano esclusivamente dedicati a progetti che “cubano almeno 20 milioni, meglio 50 milioni di euro” come mi disse un funzionario di Cdp a seguito di mie specifiche richieste nel 2023. Queste taglie di investimento sono del tutto fuori scala per le iniziative delle numerosissime imprese italiane che lavorano in Africa in tutti i settori, dall’industria all’agricoltura, dal turismo al commercio.

Secondo l’ultima relazione (ottobre 2024) inviata alla Camera dei Deputati, sappiamo che all’interno del Piano Mattei ci sarebbero 21 progetti attivi, anche se – leggendo la relazione – si tratta per lo più di Memorandum of Understandings, ovvero accordi meramente indicativi e non progetti attuativi. Come sono state assegnate tali risorse? Quante sono già state spese? Recentemente, a giugno 2025, è stato annunciato l’AI Hub ma questo è uno dei progetti già inclusi nella relazione dello scorso autunno 2024. Non me ne voglia Khaby Lame, ma verrebbe spontaneo il suo gesto virale.

Per sostenere le aziende italiane e creare valore, lavoro e, apertis verbis, contrastare l’immigrazione illegale, è necessario pensare a sostegni di investimenti dai 100mila ai 5 milioni di euro. Questa è la fascia tipica e ragionevole degli investimenti del tessuto industriale italiano in Africa. Queste soglie permetterebbero inoltre un coinvolgimento attivo delle molteplici Ong italiane che operano sul territorio africano, in alcuni casi da decenni, e che possono costituire un ponte importantissimo per tutto il sistema-Paese.

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È essenziale non perdere questa enorme possibilità che può portare l’Italia ad essere il Paese che più di altri in Europa trarrà beneficio dalla crescita africana. Ragionare con logiche di grandi volumi, in stile americano o cinese, non si addice alla nostra storia e alla nostra natura. Fare le cose per bene, passo passo, anche partendo dal piccolo, è ciò che ci ha reso grandi e che dovremmo tenere a mente, anche per rispettare il nome di Mattei che è stato usato per questo Piano, che va pianissimo.





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