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Report Uncem sull’Abruzzo montano – Info Media News


La montagna abruzzese si trova a un crocevia fondamentale, stretta tra la morsa dello spopolamento e l’urgenza di definire nuove strategie di sviluppo. Questa la sintesi del “Rapporto Montagne Italia 2025” di Uncem, un’imponente analisi di oltre 800 pagine che traccia un quadro complesso delle aree montane italiane. Il volume, edito da Rubbettino e curato da Luca Lo Bianco e dal presidente Uncem Marco Bussone, con contributi di figure autorevoli come Aldo Bonomi, Giampiero Lupatelli e Nando Pagnoncelli, è stato presentato ieri sera a Sante Marie alla presenza di Lorenzo Berardinetti, presidente Uncem Abruzzo e sindaco di Sante Marie, Luigi Fasciani, vicepresidente nazionale Uncem, Luca Lo Bianco, progettista del Progetto Italiae e curatore del Rapporto, Antonio Nicoletti, Legambiente, Dirigente Montagna e Foreste, e Marco Bussone, presidente nazionale Uncem. Il dibattito pubblico ha messo in luce le vulnerabilità ma anche le significative potenzialità inespresse della regione.

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Il contesto demografico: sfide e inattesi flussi migratori

Con una popolazione complessiva di 1.272.762 abitanti al 1° gennaio 2024, l’Abruzzo affronta nelle sue aree interne una situazione demografica articolata. Nonostante la tendenza alla diminuzione di residenti nei piccoli comuni montani, la regione ha registrato un saldo migratorio positivo del +3,67 per mille nel periodo 2019-2023. Questo dato è un chiaro segnale di nuovi arrivi da diverse parti del mondo, che potrebbero rappresentare un fattore di inversione della tendenza. Il territorio abruzzese è suddiviso in 22 comunità territoriali, di cui la più estesa è la Marsica, con 96.009 residenti. “Il rapporto Uncem suggerisce che un’azione congiunta di istituzioni e attori locali è essenziale per valorizzare il patrimonio di risorse naturali e culturali dell’Abruzzo”, hanno commentato il presidente Berardinetti e il vicepresidente Fasciani, “promuovendo settori come l’agricoltura di montagna, il turismo sostenibile e l’artigianato tipico. Investimenti mirati e politiche attive per la creazione di nuove opportunità lavorative sono impellenti per invertire la rotta dello spopolamento e favorire la permanenza delle giovani generazioni, facendo dell’Abruzzo un laboratorio per l’innovazione e la sostenibilità”.

L’economia montana: peculiarità e ritardi da colmare

Il tasso di occupazione in Abruzzo si attesta al 38,5%, un valore inferiore alla media nazionale (45%). Ancora più evidente la disparità nel tasso di occupazione femminile, fermo al 34,5% contro il 37,9% a livello italiano. Nonostante queste difficoltà, il sistema imprenditoriale montano abruzzese presenta aspetti interessanti: si contano 9,2 imprese ogni 100 abitanti. Le aziende artigiane costituiscono il 27,4% del totale, superando la media nazionale del 24,6%. Anche il settore cooperativo è più radicato in montagna, con l’1,4% delle imprese rispetto all’1,2% nazionale. Degna di nota è la quota del 25% delle imprese montane con titolare donna, un dato superiore alla media italiana del 22,7%. La filiera agricola contribuisce in media per il 16% al valore aggiunto dell’economia di montagna. Il PIL pro capite, tuttavia, si ferma a 19mila euro, ben al di sotto della media nazionale di 27.400 euro. Nella montagna abruzzese, la densità di imprese agricole è di 1,7 per chilometro quadrato, mentre in Italia è di 3,1. In 129 comunità territoriali su 387, il valore aggiunto della filiera agricola supera i 20 milioni di euro. Il presidente di Uncem nazionale, Bussone, ha sottolineato che “il lavoro che si sta facendo sui territori abruzzesi è di esempio per invertire una tendenza demografica che mostra ancora segnali complessi, ma assolutamente non scoraggianti. Un trend che si può invertire e che può dare importanti e nuovi segnali come mostra il rapporto in una dimensione nazionale. L’Abruzzo apre percorsi di grande qualità”.

Il patrimonio turistico: grande potenziale e necessità di servizi

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La capacità ricettiva della montagna abruzzese è notevole, con 19,3 posti letto per 100 abitanti, quasi il doppio della media italiana (9,3). La durata media dei soggiorni è di 1-3 giorni, a fronte di una media nazionale di 3-4 giorni. Questi dati evidenziano la chiara vocazione turistica del territorio, ma sollevano al contempo interrogativi sulla piena valorizzazione di questo potenziale. La mancanza di servizi essenziali rimane un ostacolo cruciale.

Comunicato stampa


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