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Dalla protezione alla performance: come cambia il capitalismo giapponese

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Radici storiche: l’evoluzione della Borsa di Tokyo

Fondata il 15 maggio 1878 come Tokyo Kabushiki Torihikijo dall’economista Ito Hirobumi, la Borsa di Tokyo (TSE) è il cuore finanziario del Giappone moderno. Dopo la fusione forzata con altre 10 borse durante la WWII (1943), riemerse nel 1949 come pilastro della ricostruzione postbellica. Il suo apice simbolico fu il picco dell’indice Nikkei 225 a 38.957 punti nel 1989, seguito dal crollo negli anni ’90. La svolta digitale arrivò nel 1999 con l’abolizione del mercato alle grida, mentre nel 2013 la fusione con Osaka creò il Japan Exchange Group (JPX), oggi quarto mercato globale per capitalizzazione.

La trasformazione: dal sistema protettivo alla creazione di valore

Il passato del Giappone è segnato da un capitalismo chiuso (1949-2010) che per decenni, privilegiò stabilità interna attraverso partecipazioni incrociate tra keiretsu (reti aziendali), la creazione di consigli di amministrazione dominati da insider, con comunicazioni opache con gli investitori e dando priorità a dipendenti e fornitori, non agli azionisti. Questo generò inefficienze sistemiche.

Il presente: la rivoluzione delle riforme (2015-oggi)

La tripla svolta normativa ha trasformato il panorama del mercato finanziario giapponese, ridefinendo le regole per la governance, la trasparenza e l’attrattività internazionale. Il primo passo risale al 2015 con l’introduzione del Corporate Governance Code che ha portato le aziende quotate ad avere consigli di amministrazione più indipendenti e a dover dare motivazione di una mancata trasparenza. È stato il punto di partenza per una maggiore responsabilizzazione degli organi di gestione. Nel 2022 si è aggiunta la ristrutturazione segmenti di mercato, in particolare nel Prime Market stato introdotto l’obbligo che almeno 1/3 del consiglio di amministrazione sia composto da membri indipendenti e le aziende che da cinque anni valgono meno del loro patrimonio rischiano di perdere la quotazione. Il terzo atto è avvenuto nel 2024 con la realizzazione di nuove politiche governative volte a rilanciare Tokyo come hub finanziario globale, potenziando gli strumenti di risparmio delle famiglie e mobilitando 7,7 miliardi di dollari di risparmi privati. Secondo Asset Management One, che gestisce oltre 500 miliardi di dollari, questa trasformazione è trainata da quattro fenomeni principali. Il primo riguarda i riacquisti dii azioni; nel 2023 le aziende hanno riacquistato titoli con una spesa di 10 trilioni di yen, cancellandone spesso alcune per aumentare il valore di quelle rimaste.  In secondo luogo, la vendita delle partecipazioni incrociate (due società detengono le quote l’una dell’altra) ha portato una riduzione del 25% delle partecipazioni non strategiche, favorendo una struttura proprietaria più trasparente e chiara per gli investitori. Infine, si è intensificato il dialogo con gli investitori in cui vi è un miglioramento nella trasparenza informativa anche su tematiche ESG e delle strategie aziendali. I dati confermano l’impatto concreto di queste trasformazioni, secondo JPX (2024), le aziende che implementano queste riforme hanno registrato un incremento azionario del 28%, inoltre, circa l’80% delle società Prime Market ha già pubblicato piani di miglioramento della redditività (ROE) e dopo 35 anni l’indice Nikkeu 225, ha superato i 40.000 punti, segnando l’effettiva rinascita del mercato giapponese.

Il futuro: la sfida della maturità capitalistica

Hiromi Yamaji, CEO di JPX, ha dichiarato che s è solo all’inizio, indicando priorità strategiche per il futuro. Il primo obiettivo è alzare il ROE medio dall’attuale 8% verso il 15%, in linea con le aziende occidentali. Il secondo consiste nel trasformare i 7,7 miliardi di dollari di risparmi familiari in investimenti azionari attraverso i conti NISA che incoraggiano gli investimenti a lungo termine da parte dei privati, fornendo un incentivo fiscale per investire una parte dei propri risparmi in strumenti finanziari. La terza priorità è combattere le comunicazioni puramente formali, una critica ufficiale sollevata dal Tokyo Stock Excharge (TSE), al fine di promuovere una trasparenza e una comunicazione sostanziale.  In questo contesto, l’Asset Management One gioca un ruolo attivo nella transizione, infatti, sostiene le aziende a vendere le partecipazioni incrociate non strategiche, promuove la restituzione di valore agli azionari.

Conclusione: una “muta” necessaria

La trasformazione in corso nella Borsa di Tokyo rappresenta una “muta necessaria”, proprio come il serpente che cambia pelle per crescere (metafora usata dallo stesso Hiromi Yamaji).

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Dopo decenni segnati da un modello protettivo e relazionale, il mercato giapponese sta progressivamente abbracciando la trasparenza nei consigli di amministrazione, l’efficienza nell’allocazione del capitale e la creazione di valore per gli azionisti.  Questa trasformazione è il frutto della collaborazione tra JPX, governo e investitori istituzionali come Asset Management One, controllata da Mizuho, che stanno riscrivendo le regole in gioco, dal capitalismo delle relazioni a quello della performance sostenibile I risultati, dopo 30 anni di stagnazione, sono già visibili nei numeri del Nikkei e nelle pratiche manageriali adottate dalle aziende più reattive.



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