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Planet Smart City: il piano di rilancio del nuovo ceo




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Ultim’ora news 11 luglio ore 9


È partita nel 2018 con un modello di business innovativo per il real estate (costruire case intelligenti per i redditi medio-bassi nei Paesi ad alto deficit abitativo) e obiettivi ambiziosi, sostenuti da 450 investitori privati. Poi il mercato e la raccolta di capitale non hanno mantenuto la velocità prevista e Planet Smart City, la società torinese dello smart affordable housing, è entrata in una situazione di difficoltà finanziaria.

Da qualche mese alla guida è arrivato Stefano Reganzani, manager con un lungo passato nell’automotive (ha lavorato in diverse aree e Paesi, compresi quelli in cui Planet Smart City opera). Missione: rimettere in ordine i conti e rilanciare la società. «Siamo nelle condizioni per riuscirci. Perché l’azienda ha sviluppato un format unico nell’immobiliare, avviato progetti importanti all’estero e costruito competenze multidisciplinari che le hanno anche permesso di diventare partner dei grandi sviluppatori nazionali, nella fase progettuale e nell’applicazione di soluzioni digitali».

Ricavi consolidati per 60 milioni

Planet Holding ha chiuso il 2024 con ricavi consolidati per oltre 60 milioni di dollari, grazie alla consegna di circa 1.200 abitazioni tra Brasile, India e Stati Uniti. Nel 2025, prevede di chiudere con ricavi superiori a 130 milioni di dollari con un ebitda e un flusso di cassa positivi, grazie al completamento di alcuni progetti, soprattutto in India, e la consegna di circa 2.500 abitazioni.

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Il capitale di Planet Holding è suddiviso tra 450 investitori privati, in gran parte torinesi. I primi 12 detengono il 57% del capitale e tra questi il primo con il 15% è Stefano Buono. Tra gli altri sottoscrittori c’è il Fondo Equiter (di cui sono soci Compagnia di Sanpaolo, Fondazione CRT, Fondazione CRC e Banca Intesa) e imprenditori e manager come Davide Malacalza, Eraldo Bianchessi, Gaudenzio Rovera, Ruben Levi, Gustavo Denegri e Luca Rovati.

Nell’ultimo bilancio depositato (2023), Planet Holding aveva un patrimonio netto positivo di oltre 94 milioni di dollari e una valutazione al costo delle partecipazioni (investimenti nelle società controllate in Italia, Brasile e India) di 105 milioni (certificata da Deloitte), corrispondente a un fair market value di oltre 160 milioni.

Come si spiegano allora le recenti difficoltà finanziarie? «Costruire distretti residenziali in Paesi ad alto deficit abitativo (Brasile e India) richiede investimenti importanti che hanno rientri differiti nel tempo e possono quindi provocare tensioni di cassa, soprattutto quando la raccolta di nuova finanza tra gli investitori privati, com’è accaduto, è frenata dal mercato e il sistema bancario locale non supporta le aziende estere» sottolinea Reganzani.

I progetti in Brasile, India e Usa

Planet ha già realizzato, o sta completando, in Brasile, India e Stati Uniti, 11 grandi progetti. Dal 2018 al 2024, ha consegnato 3.600 abitazioni ad altrettante famiglie. Alle 2.500 abitazioni del 2025, se ne aggiungeranno oltre 4.000 entro il 2027. I progetti realizzati hanno margini economici positivi ed elevati indici di soddisfazione dei clienti, precisa il nuovo ad, «consentendo il reinvestimento di dividendi per oltre 32 milioni di dollari, anticipazione degli oltre 120 milioni attesi nei prossimi 5 anni».

C’è bisogno di una ricapitalizzazione della società? L’ad è cauto sul tema: «Abbiamo emesso un prestito obbligazionario di 10 milioni di euro ed entro luglio contiamo di portare a termine un ulteriore aumento di 3-5 milioni. Questo ci permetterà di superare le tensioni di cassa e proseguire nell’attuazione del Piano Industriale, aggiornato negli obiettivi numerici. Sono state inoltre adottate misure per contenere i costi operativi: riduzione dei manager, rinegoziazione dei contratti con i fornitori, cassa integrazione parziale per 69 dipendenti di Planet Idea, una delle società del Gruppo, che conta oltre 600 dipendenti nel mondo».

Infine, Reganzani commenta anche i recenti rumors di tensioni tra i soci. «Planet Holding è una società a capitale diffuso, finanziata da circa 450 investitori privati con 185 milioni di dollari fin qui raccolti ( di cui il 65% destinato ai progetti immobiliari in Brasile, India e Stati Uniti; il 35% alle attività di Ricerca e Sviluppo e Digital & Advisory). È fisiologico che, in un azionariato diffuso, fatto da importanti family office, imprenditori, manager e professionisti, possano emergere divergenze. La mia prima preoccupazione è stata condividere con il board e gli azionisti un percorso di risanamento e crescita per tornare in linea con le aspettative di tutti gli stakeholder». (riproduzione riservata)



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