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Un paese da spolpare: così la troika ha messo le mani sul futuro di Kiev


La grande privatizzazione è appena iniziata. L’Ucraina indebitata non ha altra scelta che rispettare le condizioni dei suoi prestatori, abilmente travestiti da alleati disinteressati. Unione Europea e Fondo monetario internazionale stanno disegnando il futuro del Paese, sconvolto da tre anni di guerra, con un debito pubblico raddoppiato, 7 milioni di emigrati, 3 milioni di profughi interni, un terzo del Paese occupato, una infrastruttura energetica devastata da missili e droni di Mosca. La ricetta è il mercato e l’austerity, in pieno stile anni ’90. Sul piatto l’Ucraina mette le sue imprese più importanti, le sue banche, ma specialmente i suoi unici tre gioielli: terre agricole, fertilissime, da trasformare nel modello estensivo dell’agroindustria; risorse minerarie, quelle su cui ha messo il cappello Trump imponendo a Zelensky un accordo in stile coloniale; e poi i militari: 800mila uomini in armi, l’esercito che manca a Bruxelles, da riempire di munizioni grazie alle commesse rivolte all’industria militare euroatlantica.

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IL FUTURO DELL’UCRAINA è scritto nero su bianco nelle condizioni dei finanziamenti del Fondo monetario internazionale (15 miliardi fino al 2027) e dell’Unione europea (i 50 miliardi del Facility Plan, per due terzi prestiti). Qualche esempio. Punto 6.1 delle condizioni Ue: redigere «un lista di imprese di proprietà statale che saranno proposte per la privatizzazione», indicando quali vendere subito e quali dopo la fine della legge marziale. Punto 5.2, da realizzare entro il primo quadrimestre del 2026: «Ridurre la presenza dello Stato nel settore bancario». Punto 10.9: «Liberalizzazione dei prezzi dell’elettricità e del gas naturale», da realizzare entro il secondo quadrimestre del 2026. Entro la fine del 2026, recita il punto 11.3, l’Ucraina dovrà infine «liberalizzare il settore del trasporto ferroviario».

La Verchovna Rada, il Parlamento ucraino, ha stabilito una procedura d’urgenza per trasformare in legge le misure imposte dall’Ue. Funziona così: «Ogni quadrimestre la commissione verifica il rispetto delle condizioni. Se l’esito è favorevole viene sbloccata la tranche seguente del fondo», spiega Heinz Michael Gahler, Popolare tedesco, relatore del Facility plan al Parlamento di Strasburgo. «L’Ucraina vuole aderire all’Ue? Bene, se vuoi entrare nel club devi rispettare le sue regole». Un po’ come la Grecia qualche anno fa? «Esatto, la Grecia ha rispettato le nostre regole e oggi sta benissimo. Certo non era in guerra, ma gli ucraini hanno molte risorse che servono all’Europa, saranno per noi una opportunità, non un peso». E per raggiungere questo obiettivo, chiosa Gahler, «è necessario creare un clima favorevole all’investimento delle imprese».

«Le nostre aziende stanno facendo ottimi affari in Ucraina», aggiunge Marta Kos, commissaria Ue per l’Allargamento. «Abbiamo stabilito procedure specifiche per ridurre il loro rischio. Le imprese stanno già investendo».

IL FONDO MONETARIO, prima di concedere il suo prestito, ha invece preteso da Kiev la firma di una lettera di intenti sottoscritta dai vertici dello Stato, a partire dal presidente Zelensky. A redigerla – ha ammesso in una intervista e Report Priscilla Toffano, rappresentante del Fondo monetario a Kiev – sono stati in realtà gli uffici dell’istituzione finanziaria con sede a Washington. I vertici dello Stato ucraino si sono limitati a firmare.

Il documento prevede un surplus primario dopo la guerra tra lo 0,5 e l’1,5%. Cioè, la raccolta fiscale dovrà essere più alta della spesa pubblica. Austerity, si sarebbe detto qualche anno fa. Il documento prevede anche la liberalizzazione del rimpatrio dei dividendi esteri, una misura già implementata dalla Banca nazionale ucraina lo scorso maggio, che autorizza le imprese straniere a portare all’estero gli utili maturati in Ucraina (all’inizio della guerra invece i flussi di denaro verso l’estero erano stati bloccati, per impedire una fuga di capitali). La misura ha già determinato i suoi effetti. Secondo i dati della Banca Mondiale sono usciti dal Paese 1,4 miliardi di dollari proprio grazie a questa liberalizzazione. La bilancia commerciale, afferma sempre la Banca Mondiale, è negativa anche per la riduzione delle rimesse estere degli emigranti, scese nel 2024 a 8,8 miliardi, 1,6 miliardi in meno rispetto all’anno precedente. Emblema di un problema demografico che peserà come un macigno sulla ricostruzione del Paese.

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L’UCRAINA È TERRA di emigrazione fin dalla caduta dell’Unione sovietica, spiega Mikail Minakov, tra i più noti e autorevoli filosofi ucraini, animatore di Euromaidan nel 2014, autore di una recente (e non apologetica) biografia di Zelensky. «Quando diventa indipendente, l’Ucraina aveva 52 milioni di abitanti, più o meno come la Polonia o la Turchia. Ma mentre questi Paesi hanno mantenuta intatta la loro popolazione o l’hanno accresciuta, quella Ucraina è scesa molto velocemente». Nei primi anni Novanta il Paese perde circa un milione di abitanti, principalmente donne, che si recano in Europa per lavorare, e mandano le loro rimesse a casa. «È la generazione delle cosiddette mamme su Skype, donne che crescono i loro figli a distanza», racconta Minakov. La seconda ondata arriva dopo la guerra civile iniziata nel 2014: «Ci sono i migranti politici, i filorussi, che scappano a Mosca. Mentre l’apertura delle frontiere con l’Ue rende più facile il trasferimento di intere famiglie in Europa», spiega Minakov. Nel 2022, con l’invasione russa, è un crollo: fuggono 7 milioni di persone. In gran parte donne e bambini, ma anche molti uomini, fuggiti spesso illegalmente (per i maggiorenni è vietato lasciare il Paese a causa della legge marziale).

La Polonia è la meta principale, qui vivono ufficialmente oltre 990 mila ucraini. Per Agota Gorny, ricercatrice dell’università di Varsavia «in maggioranza si tratta di donne, ma secondo i nostri studi almeno la metà di loro è qui col proprio partner, anche se non risulta nelle statistiche ufficiali». Si tratta, cioè, di renitenti alla leva, fuggiti dal rischio di essere mandati al fronte. «Il vero problema è quando il loro documento scadrà. Perché l’ambasciata ucraina non rinnova i passaporti se l’uomo è in età di servizio militare. Quindi perderanno il diritto di restare legalmente in Europa».

«Col tempo i migranti si integrano», spiega Minakov. Il filosofo ha realizzato uno studio demografico su due scenari. Secondo quello ottimista nel 2051 l’Ucraina avrà 31 milioni di abitanti. L’ipotesi pessimista ne prevede 25. Le Nazioni unite addirittura stimano che nel 2100 la popolazione potrebbe essere di appena 15 milioni di abitanti.
«Questa è una guerra di logoramento. Quando sarà finita, avremo una popolazione anziana e un’economia che non può esistere», afferma Minakov. «Come si crea un’economia di mercato, lo stato sociale, un sistema fiscale con una demografia di questo tipo?».

*Report. Prima puntata dell’inchiesta sull’economia ucraina. La seconda verrà pubblicata domani



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