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Ferrovie Ue: troppi fondi ai megaprogetti, troppo pochi per ammodernamenti e rete locale. La Sicilia a binario unico è uno scandalo


Uno studio di Transport & Environment denuncia la scarsa efficacia degli investimenti europei nelle grandi opere ferroviarie che penalizza invece ammodernamenti strategici e sistema Ertms

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L’Unione europea investe troppo nelle grandi opere ferroviarie e trascura interventi fondamentali per migliorare la rete esistente. A denunciarlo è un nuovo studio di Transport & Environment (T&E), la principale organizzazione indipendente europea per la decarbonizzazione dei trasporti, che evidenzia come tra il 2021 e il 2023 ben il 31% dei fondi CEF (Connecting Europe Facility), la principale fonte europea per la mobilità, sia stato destinato a soli sette megaprogetti, mentre 84 interventi di ammodernamento considerati prioritari ne hanno ricevuto appena il 27%.

Le sette opere finanziate con 6,6 miliardi di euro includono la Rail Baltica, la galleria di base del Brennero, la Torino–Lione, la Porto–Lisbona, la galleria del Fehmarnbelt, la Y Vasca e il progetto Stoccarda 21. Nonostante la loro importanza strategica per una rete ferroviaria europea integrata, queste infrastrutture si rivelano spesso più lente e costose del previsto. “I megaprogetti hanno dato una spinta alle ferrovie, ma tolgono risorse al resto della rete”, avverte Carlos Rico, Rail Policy Officer di T&E.

L’Ertms rallenta: solo il 3% dei fondi Cef

A pagare il prezzo dell’enfasi sulle grandi opere è anche lo sviluppo del sistema Ertms (European Rail Traffic Management System), il sistema integrato europeo di segnalamento e controllo. Fondamentale per potenziare la capacità e la sicurezza della rete ferroviaria esistente, l’Ertms ha ricevuto appena 0,7 miliardi di euro tra il 2021 e il 2023, pari al 3% dei fondi Cef per i trasporti. E questo fa rallentara l’interoperabilità ferroviaria, soprattutto in Paesi come Germania, Francia e Polonia, dove l’implementazione è ancora in forte ritardo, nonostante l’obbligo europeo di integrazione entro il 2030. T&E sottolinea anche l’assenza di fondi ERTMS nel segmento CEF dedicato alla military mobility, pur essendo il sistema strategico per la resilienza informatica della rete ferroviaria.

Sicilia: binari obsoleti, priorità sbagliate

Lo studio accende i riflettori anche sul caso italiano, e in particolare sulla Sicilia. Nell’isola, l’85% della rete ferroviaria è a binario unico, e solo la metà è elettrificata. Il governo, però, preferisce puntare con forza sul Ponte sullo Stretto di Messina, che ha già ottenuto fondi europei per studi preliminari.

Secondo Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia, “dare priorità a un’opera come il Ponte sullo Stretto non ridurrebbe significativamente i tempi di percorrenza tra Roma e Palermo, né porterebbe benefici concreti alla mobilità locale o internazionale”. La vera necessità è modernizzare la rete ferroviaria siciliana, non costruire infrastrutture simboliche ma scollegate dalla realtà dei trasporti.

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Il ponte come opera militare? Dubbi sull’uso dei fondi

Negli ultimi mesi, il Governo italiano ha ipotizzato di classificare il ponte sullo Stretto come “opera militare”, includendolo nella spesa per la difesa utile al raggiungimento dell’obiettivo Nato del 5% del PIL. Un’ipotesi che per T&E solleva perplessità sulla coerenza e sull’efficacia dell’utilizzo dei fondi europei per la difesa.

“Includere il Ponte tra le spese militari, dopo decenni di progettazione, appare più come una scorciatoia politica che una strategia reale“, osserva ancora Marchetti. Anche in questo caso, il rischio è sottrarre risorse preziose a interventi davvero urgenti per il rilancio della rete ferroviaria europea.



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