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La narrazione “trionfale” della Presidente Alessandra Todde e la dura realtà della Sardegna: tra disinformazione e fallimenti.


Di fronte a una narrazione sempre più autocelebrativa e distaccata dai fatti, la presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde (o meglio il suo ufficio comunicazione), continua a raccontare una realtà parallela fatta di “milestone” raggiunte e di successi istituzionali, che però, a una lettura appena più approfondita, si sbriciolano sotto il peso delle evidenze e dei rilievi delle stesse istituzioni da lei chiamate in causa.

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L’ultima puntata di questo copione risale a ieri, quando la presidente ha celebrato con toni enfatici il giudizio di parificazione della Corte dei Conti come se fosse un pieno riconoscimento del “buon governo” del suo Esecutivo. Peccato che, ancora una volta, la lettura propagandistica si scontri frontalmente con il contenuto reale del pronunciamento contabile. La Corte, infatti, non solo non ha espresso alcun plauso alla gestione regionale, ma ha rilevato gravi criticità strutturali in settori chiave come sanità, trasporti, lavoro e investimenti. Settori che, in una Regione afflitta da decenni di stagnazione, dovrebbero essere in cima all’agenda politica, e che invece restano i più trascurati.

Ma il clima di disinformazione istituzionale non è nuovo. A marzo 2025, ad esempio, il Movimento 5 Stelle sardo aveva strombazzato come una sorta di assoluzione preventiva la delibera della Corte dei Conti sulla posizione giudiziaria della Todde, in riferimento al contenzioso sull’elezione regionale. Una narrazione smentita appena due mesi dopo, quando il Tribunale di Cagliari ha confermato l’impianto accusatorio precedentemente delineato dalla Corte d’Appello. La presidente e la sua giunta, poi, si sono affrettate a ricorrere, rispettivamente, in appello e alla Corte Costituzionale, prolungando così una crisi istituzionale che sembra più interessata a guadagnare tempo che a ristabilire la verità dei fatti.

Nel frattempo, la macchina amministrativa è ferma. I dati parlano chiaro: 3 miliardi e 560 milioni di euro giacciono inutilizzati nelle casse regionali, mentre imprese, lavoratori e intere categorie produttive soffocano nell’attesa di politiche attive e risorse concrete. I bandi pubblici rivolti a imprese e cittadini si contano sulle dita di una mano, mentre il Consiglio regionale continua a dissipare fondi attraverso affidamenti diretti – oltre 220 milioni di euro – che confermano (e spiegano le geografie del potere in Sardegna) il giudizio di inefficienza e opacità della spesa pubblica. “Emendamenti puntuali” sui quali il MEF si è fatto sentire e il Cdm ha fatto spallucce (ricordandoci che la politica, citando un noto passo di un grande brano di Enzo Jannacci “è una roba sporca”).

Il giudizio della Corte dei Conti non lascia, dunque, spazio a fraintendimenti per chi lo legge senza le lenti dell’autocelebrazione: la Sardegna è in ritardo sul fronte degli investimenti, la capacità di spesa è tra le peggiori del Paese, e le politiche di sviluppo risultano inefficaci. Si evidenziano inoltre criticità pesanti: trasparenza delle logiche legate alla spesa pubblica, desertificazione dei servizi socio-sanitari nelle aree interne, calo drammatico dell’occupazione giovanile (che dire delle ultime milestones per i giovani sardi), impoverimento della cultura, aumento dell’emigrazione e, soprattutto, un divario economico-finanziario che spinge sempre più sardi verso la soglia della povertà e, infine, le questioni di opportunità e coerenza.



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