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L’Ue in difesa della relatrice Onu Francesca Albanese, il governo sceglie il silenzio


Dopo la pubblicazione di un rapporto che mappa imprese e multinazionali per il loro presunto ruolo di supporto logistico e finanziario alle operazioni militari a Gaza, la relatrice Onu è stata sanzionata dall’amministrazione Trump. La Commissione Ue si schiera in suo sostegno, in Italia lo hanno fatto solo le opposizioni

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Mentre il governo italiano è silente davanti alle sanzioni imposte dall’amministrazione statunitense nei confronti della relatrice speciale dell’Onu per la Palestina, Francesca Albanese, arrivano le prime reazioni internazionali.

«L’Ue sostiene fermamente il sistema dei diritti umani delle Nazioni unite e si rammarica profondamente della decisione di imporre sanzioni a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati», ha detto il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri Anouar El Anouni durante il briefing quotidiano alla stampa.

«L’Ue – ha aggiunto –  continua a sostenere gli sforzi volti a intraprendere indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, comprese quelle che potrebbero configurarsi come crimini internazionali». E ha concluso paventando possibili contromisure: «Seguiremo le implicazioni di questa decisione, mentre continuiamo a valutare le misure che possono essere prese in seguito».

Organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno definito le sanzioni come un pericoloso precedente che mina le norme internazionali e l’indipendenza degli esperti Onu. Anche i partiti italiani di opposizione hanno espresso il loro sostegno nei confronti di Albanese che in una conferenza stampa si è difesa dalle accuse rivolte dal Segretario di stato Marco Rubio, il quale ha definito «illegittimi e vergognosi gli sforzi di Albanese per fare pressione sulla Corte Penale Internazionale affinché agisca contro funzionari, aziende e leader statunitensi e israeliani».

Le sanzioni sono arrivate mentre il premier Benjamin Netanyahu è stato in visita alla Casa Bianca dove ha incontrato i vertici dell’amministrazione Usa con cui ha discusso dei risultati ottenuti riguardo gli attacchi ai siti nucleari iraniani, e delle trattative in corso a Doha per raggiungere un cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi.

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La difesa di Albanese

Albanese ha detto che le sanzioni sono «un tentativo di intimidirmi con tecniche di stampo mafioso» e si è detta «scioccata» da una misura che, a suo avviso, mira a zittire le denunce di crimini di guerra e presunti atti di genocidio a Gaza.

La relatrice dell’Onu ha aggiunto che «le sanzioni funzioneranno solo se le persone saranno spaventate e smetteranno di impegnarsi. Voglio ricordare a tutti che il motivo per cui vengono imposte queste sanzioni è la ricerca della giustizia». 

In un’intervista ad Al Jazeera, ha ribadito il suo impegno nel proseguire il suo lavoro e sostenere il coinvolgimento della Corte Penale Internazionale contro i leader israeliani ritenuti responsabili.

La vicenda

Il 3 luglio la relatrice speciale dell’Onu ha presentato i risultati di un’indagine dal titolo “From the economy of occupation to the economy of genocide”, alla 59ª sessione del Consiglio dei diritti umani. 

Il rapporto mappa oltre mille aziende operanti nei settori degli armamenti, delle tecnologie, delle infrastrutture e della finanza, la cui attività contribuisce direttamente o indirettamente a perpetuare violazioni del diritto internazionale. Albanese ha segnalato oltre 60 società – comprese aziende americane – per il loro presunto ruolo di supporto logistico e finanziario alle operazioni militari a Gaza.

La pubblicazione del rapporto ha scatenato una tempesta diplomatica. Gli Stati Uniti hanno chiesto la sua rimozione e il ritiro del documento, accusandola di parzialità e di aver oltrepassato i limiti del suo mandato. Il governo israeliano di Benjamin Netanyahu ha accusato Albanese di antisemitismo, definendo il rapporto un attacco politico mascherato da analisi giuridica.

Sul caso si sono espressi anche undici economisti che in una lettera hanno manifestato il loro sostegno per il lavoro svolto da Albanese. «Sentiamo il bisogno di esprimere il nostro fermo sostegno a Francesca Albanese e di incoraggiare le Nazioni unite a respingere le insistenti richieste dei governi statunitense e israeliano», si legge nella lettera che è stato diffusa sui social dal greco Yanis Varoufakis, uno dei firmatari.

Per il momento il governo di Giorgia Meloni e il suo ministro degli Esteri, Antonio Tajani, hanno scelto la linea del silenzio, nonostante albanese sia una cittadina italiana. A pesare sono gli ottimi rapporti con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

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