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Meloni: la spinta del Sud fa bene al Paese. Orsini (Confindustria): ok alla Zes unica


Rilanciare il «protagonismo del Sud» è una scelta per il governo. Se il premier Giorgia Meloni, lo ha ribadito nel videomessaggio che ha introdotto ieri i lavori dell’Assemblea degli industriali a Napoli, è perché davvero «contrapporre il Nord al Sud è una narrazione smentita dai fatti». Perché se il Sud cresce, dice la premier «non lo fa a scapito delle altre regioni, lo fa a beneficio di tutta la Nazione». Anzi. «Se consideriamo il potenziale di sviluppo del Mezzogiorno, il Sud può essere il volano dell’economia nazionale. Lo sta dimostrando negli ultimi anni con tassi di crescita sia economica che occupazionale superiore alla media nazionale», precisa Meloni. Tanto per buttarsi alle spalle gli stereotipi del passato. Il Sud «non è più il fanalino di coda», insiste la premier: «Si sta affermando come locomotiva del rilancio di questa nazione, dinamico, ambizioso, attrattivo di investimenti». E dunque basta strappi. Troppe volte in passato per la premier «sono state trascurate le profonde interconnessioni economiche produttive che esistono tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud, arrivando quasi a considerare separate le due rispettive economie. Sappiamo bene che non è così e quanto il nostro sistema produttivo industriale tragga vigore e dinamismo dall’interdipendenza tra i territori, dalla capacità di valorizzare e mettere a sistema diversi punti di forza di quei territori», sottolinea ancora la presidente del consiglio.

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GLI STRUMENTI
In questo contesto va sfruttata la leva della Zes unica. «Questo governo ha scelto di sostenere il protagonismo del Sud, disegnando una visione di lungo periodo, lavorando per creare un ambiente più possibile favorevole alle imprese, costruendo gli strumenti più efficaci per dare a quelle imprese e ai cittadini del Mezzogiorno la possibilità concreta di dimostrare il loro valore». Una strategia precisa per Meloni che passa anche da «un mattone» come l’istituzione della Zes unica del Mezzogiorno». Qualcosa che «aumenta la competitività del Mezzogiorno a livello internazionale, valorizza il suo apparato produttivo, assicura a tutti i territori le stesse opportunità di sviluppo grazie a un sistema integrato che combina semplificazioni amministrative e benefici fiscali». In sintesi, «la Zes unica è il paradigma di un Sud che non chiede assistenzialismo, ma vuole investire sulla libertà d’impresa, rimettere al centro il capitale umano, dimostrare cosa è in grado di fare».

Una sfida accolta a piene mani dalle imprese, a sentire il presidente della Confindustria, Emanuele Orsini: «Serve un piano straordinario a tre o cinque anni per l’Italia e una strategia di semplificazione per crescere». Ma non c’è dubbio che il Mezzogiorno «sia diventato un pezzo di motore del Paese, un’opportunità» da sfruttare con la Zes unica per la voce degli imprenditori. Quanto ai dazi Usa, se superiori al 10%, «vanno compensati». Il presidente di Confindustria insiste, tra l’intervento alla conferenza nazionale del Pd sulle politiche industriali a Roma e e l’intervento all’Assemblea dell’Unione nazionale industriali a Napoli, su tre capitoli diventati un mantra visto dalle imprese, che hanno sempre presente quanto sia diventato «un fardello insostenibile» il prezzo dell’energia. Ecco perché «il nucleare è una via obbligata».

Napoli per Orsini «in questo momento sta dimostrando di avere una reazione veramente molto importante per il Mezzogiorno». Mezzogiorno che «sta diventando anche un pezzo di motore importante per il paese», dice Orsini ricordando l’opportunità straordinaria da cogliere offerta dalla Coppa America.

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«L’ho detto alla presidente consiglio e l’ho detto anche al ministro Giorgetti che Confindustria non rincorrerà una legge di bilancio per fare piccole modifiche delle misure del passato perché questa non è la via per pensare a un piano industriale dove vuole andare questo ppaese. Qui serve un piano serio, capire cosa vogliamo fare di questo Paese nei prossimi anni. L’ideale sarebbe a cinque anni, ci accontentiamo di tre». Tre i punti cardine su cui puntare: potenziare le aziende che vanno bene, aiutare i settori maturi a trasformarci e accompagnare i nostri ad andare all’estero e saper accogliere l’impresa dall’estero». Ma «bisogna partire dal «semplificare quello che già c’è».

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