di Luca Attanasio
Ricominciare dal basso, dal particolare, dalla persona e dalla comunità per contribuire a risollevare le sorti di un Paese, anche se in guerra. È questa la filosofia alla base degli interventi della ong internazionale di ispirazione cristiana World Vision che è stata presentata, per bocca della sua emanazione di microfinanza in contesti di emergenza VisionFund, alla Ukraine Recovery Conference svoltasi a Roma tra il 10 e l’11 luglio scorsi.
L’economia dell’Ucraina è fondata sulla micro e piccola-media impresa (Mpmi). Secondo le statistiche più avvalorate, le Mpmi in Ucraina rappresentano la fetta di imprese più ampia (oltre il 90%) e generano il 78% dell’occupazione. Ma come è facile immaginare, questo settore, la spina dorsale dell’economia ucraina, ha subìto gravissimi danni che vanno dalla distruzione fisica dei luoghi di lavoro, ai trasferimenti forzati a causa dei bombardamenti, oltre naturalmente ai i morti e ai feriti tra i lavoratori. C’è inoltre la questione della carenza di personale causata dalla presenza degli uomini al fronte e dalla impossibilità di impiego delle donne che devono occuparsi a tempo pieno della famiglia. L’imprenditoria ucraina, dopo un periodo di resistenza pervicace, è ora in ginocchio. «Ed è per questo che abbiamo voluto lanciare un modello di sostegno che partisse dal basso — spiega a «L’Osservatore Romano» Wesley Jordan, amministratore delegato di VisionFund Ucraina — cercando di sostenere le fasce più colpite dal conflitto attraverso l’erogazione di micro-prestiti che possono segnare una vera e propria svolta. Le piccole imprese, in particolare quelle gestite da individui ora sfollati, nei primi due anni di guerra hanno usato tutti i loro risparmi per sopravvivere o per sopravvivere in esilio, e ora hanno perso tutto. Se chiedono prestiti si scontrano con tassi di interesse proibitivi, condizioni spesso non trasparenti e una grande richiesta di garanzie e procedure burocratiche: praticamente l’accesso al credito è compromesso». Eppure basterebbe poco per far ripartire moltissime aziende e, di conseguenza, rilanciare l’economia ucraina anche in tempo di guerra. I prestiti, le sovvenzioni statali, bastano solo a far riaprire le porte delle società: «Noi – riprende Jordan – quelle porte, puntiamo a farle rimanere aperte. Intercettiamo piccole aziende agricole, panetterie, piccole industrie manifatturiere, etc. e offriamo loro prima di tutto una alfabetizzazione finanziaria, poi prestiti: ai micro-imprenditori fino a 10.000 dollari e alle piccole imprese fino a 30.000 dollari. Il target primario dei nostri interventi sono donne e giovani, in particolare in condizione di sfollamento o gravi situazione socio-economica». Per l’Ucraina, VisionFund ha pianificato un intervento triennale rinnovabile e ha messo a disposizione fin qui 12 milioni di dollari. Ad oggi ha erogato 3.500 prestiti e creato oltre 8.000 posti di lavoro. «Ci sono tantissime storie che ci incoraggiano ad andare avanti con questo modello. Una delle prime imprenditrici con cui siamo entrati in contatto si chiama Oxanna, due volte profuga, dopo gli scontri del 2014 e dopo l’invasione russa del 2022. Ora vive nell’Ucraina dell’ovest, aveva perso tutto. Lì ha ricevuto prima una piccola sovvenzione per la sua attività di sartoria — produce piccoli zaini e borse per i bambini che vanno a scuola — però ha rischiato di chiudere: quando le cose andavano bene aveva assunto personale ma i guadagni non bastavano a comprare il materiale e vendere di più. Sono bastati 10.000 euro di prestito per farla ripartire alla grande, ora ha una azienda che dà lavoro a una quindicina di persone. C’è poi la storia di Anastasia, ha una panetteria a conduzione familiare, rifornisce le scuole delle città e villaggi vicini, dà lavoro a una ventina di persone, ma i macchinari erano obsoleti o distrutti dalla guerra. Il nostro piccolo prestito le ha permesso di acquistare nuove attrezzature e iniziare a mettere sul mercato nuovi prodotti». Far ripartire aziende, ricreare le condizioni per rilanciare il lavoro, favorire la stabilità delle famiglie, sono obiettivi fondamentali per chiunque nel mondo. In Paesi travolti dalla guerra acquistano un valore aggiunto perché aiutano a ritrovare speranza e dignità, oltre a fornire sostentamento alle proprie famiglie. «Cerchiamo di far coincidere la finanza con i nostri principi cristiani — conclude Jordan — non abbiamo il profitto come primo obiettivo, ma l’impatto sulla popolazione, il sostegno a chi è in difficoltà».
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