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Trump, la disuguaglianza che divide l’America


Con 217 voti favorevoli e 206 contrari, la Camera dei Rappresentanti ha approvato la nuova proposta fiscale voluta dai repubblicani, nota come Build Back Better Tax Plan – nome che suona come una beffa, visto che riprende lo slogan di Biden per ribaltarne i principi. Si tratta in realtà di una riscrittura profonda dell’agenda economica americana: gli sgravi fiscali temporanei introdotti da Donald Trump nel 2017 diventano permanenti, mentre si riducono drasticamente i fondi destinati alle politiche sociali. Il risultato? Un colpo secco e deciso alla classe media e ai ceti più vulnerabili. Non si tratta solo di una questione ideologica, ma di aritmetica: secondo il Congressional Budget Office, la misura rischia di aumentare il deficit federale di circa 3.500 miliardi di dollari in dieci anni. Nessuna copertura concreta è prevista, se non quella – del tutto teorica – di una presunta crescita economica derivante dagli investimenti privati.

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Una promessa già disattesa nel primo mandato Trump, dove i tagli alle tasse si sono tradotti in minori entrate senza significativi benefici per il Pil. Il cuore della critica risiede nella redistribuzione dei benefici: il Tax Policy Center ha stimato che il 65% degli sgravi andrà al 20% più ricco della popolazione. Al contrario, molte famiglie a basso reddito subiranno tagli indiretti, come la riduzione del programma Medicaid (sanità per i meno abbienti), la stretta sui buoni alimentari (Supplemental Nutrition Assistance Program), e il congelamento dei fondi per l’edilizia popolare. Si configura, di fatto, un sistema in cui il denaro pubblico viene sottratto alla spesa sociale per alimentare il profitto di imprese e grandi patrimoni. Un “Robin Hood al contrario”, che toglie ai poveri per dare ai ricchi, amplificando le disuguaglianze in un Paese dove già il 10% più ricco controlla oltre il 70% della ricchezza nazionale.

Come se non bastasse, la legge prevede un incremento di oltre 100 miliardi di dollari per la spesa militare nei prossimi cinque anni. Difesa e sicurezza interna sono i due settori privilegiati, con nuove commesse per armi, tecnologie di sorveglianza e forze dell’ordine. Un ritorno alla logica bellicista e securitaria che ha contraddistinto l’amministrazione Trump, e che oggi sembra puntare più alla costruzione di un nemico interno ed esterno che alla coesione sociale. Non è un caso che questa manovra arrivi a meno di cinque mesi dalle elezioni presidenziali. Si tratta di un chiaro segnale elettorale per mobilitare il proprio elettorato conservatore, rassicurare i grandi donatori e polarizzare ulteriormente il dibattito politico. Ma il prezzo rischia di essere altissimo: un’economia più fragile, una società più diseguale, un Paese più diviso.

La nuova legge fiscale promossa da Trump è un passo indietro per l’America. Non solo non risolve i problemi strutturali dell’economia statunitense – sanità, istruzione, lavoro – ma ne acuisce le fratture. È una triplice disgrazia: per le finanze pubbliche, per la giustizia sociale e per la democrazia stessa. E chi oggi ne celebra l’approvazione, domani potrebbe ritrovarsi a gestire le macerie di un patto sociale definitivamente infranto. “Non è una riforma fiscale, è una redistribuzione al contrario: toglie a chi ha bisogno per premiare chi ha tutto.” “Una legge figlia della campagna elettorale, che rischia di compromettere il futuro sociale ed economico degli Stati Uniti”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA





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