Conto e carta

difficile da pignorare

 

Clima, la Sardegna lancia il bando per i Comuni: uno sforzo locale dal dubbio impatto in un mondo che continua a ignorare l’emergenza globale.


Nuovo bando, poche risorse e molte buone intenzioni. Queste, in sintesi, le principali caratteristiche del nuovo avviso pubblico della Regione Sardegna (quella guidata oggi dal “Governo dei migliori” – destinato a finanziare, con 160 mila euro, progetti locali di adattamento climatico da parte di Comuni, Unioni di Comuni, Comunità Montane e altri enti territoriali.

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Un’iniziativa che, nelle intenzioni, punta a rafforzare il ruolo degli enti locali nella Strategia Regionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SRACC). Ma la domanda sorge spontanea: può davvero funzionare un modello frammentato, a compartimenti stagni, in cui piccoli Comuni virtuosi operano circondati da realtà che continuano a ignorare le emergenze ambientali?

Un bando, inoltre, che con una risibile dotazione finanziaria, ambisce a contrastare fenomeni come siccità, ondate di calore, incendi e perdita di biodiversità. Ma dove vuole andare la cricca del Campo largo con bandi pubblici di così bassa intensità, data la vastità dei problemi, la logica del micro-intervento (spesso slegato da una reale capacità trasformativa) e, come ricordano le tabelle dell’ultima manovra finanziaria e assestamento di bilancio votata dalla maggioranza di “Ale Todde e soci”, la scarsa trasparenza?

160mila euro, distribuiti in due fasi – una di pianificazione e una di valutazione tecnica – a malapena sufficiente per avviare studi e consulenze preliminari. E se i Comuni più piccoli potranno partecipare “in forma associata”, resta il dubbio: servirà davvero a qualcosa? Sarà l’ennesimo esercizio di pianificazione locale destinato a rimanere sulla carta?

Il vero nodo, dunque, non può che richiamare valutazioni di ordine sistemico. Mentre in Europa si promuove il Green Deal e si richiedono sforzi crescenti a livello territoriale, nel resto del mondo – dai Paesi BRICS agli Stati Uniti di Trump – si ridimensionano gli obiettivi di sostenibilità o li si ignora del tutto. E se i grandi emettitori globali continuano a eludere ogni responsabilità climatica, quale impatto può avere l’ennesimo micro-bando di una regione insulare?

L’adattamento climatico, per definizione, richiede visione sovranazionale, capacità di coordinamento globale e investimenti strutturali. Eppure, mentre le politiche internazionali vacillano, si chiede ai comuni sardi – spesso privi di risorse e competenze – di progettare soluzioni locali, magari innovative (difficile con le briciole e in presenza di una diversa sensibilità politica), ma inesorabilmente isolate.

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Bando, dunque, che sa più di iniziativa utile a dare visibilità a una strategia sulla carta, ma incapace di incidere realmente. Incendi, siccità, dissesto idrogeologico, perdita di habitat, infatti, non rispettano i confini comunali né le tempistiche dei bandi regionali. Servono politiche coerenti, coordinate e ambiziose. Non bastano piccole iniziative locali se poi, nel contesto globale, la lotta al cambiamento climatico viene sistematicamente svuotata di senso da chi emette il 90% dei gas serra mondiali.

Il rischio, insomma, è quello di continuare a progettare, pianificare, coinvolgere – mentre il clima cambia davvero, e molto più in fretta delle nostre buone intenzioni.



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