“In un anno segnato dall’incertezza macroeconomica e da un’elevata volatilità dei mercati, l’andamento del cambio ha inciso in modo significativo sui portafogli globali. Da inizio 2025 il dollaro si è deprezzato di oltre il 14% rispetto all’euro, toccando i minimi da oltre tre anni. Le cause sono molteplici: i crescenti disavanzi gemelli degli Stati Uniti – fiscale e delle partite correnti – hanno minato la fiducia nel biglietto verde, mentre l’incremento del debito federale e le rinnovate pressioni politiche sulla Federal Reserve hanno accresciuto l’incertezza sulla futura traiettoria dei tassi”. È quanto emerge da un’analisi di Giacomo Calef, country head Italia di NS Partners.
L’impatto sul comparto obbligazionario
Nel comparto obbligazionario, il Treasury decennale ha offerto rendimenti compresi tra il 4,4% e il 4,6% in USD, un differenziale significativo rispetto al Bund tedesco, stabile intorno al 2,2%. Tuttavia, per un investitore in euro, l’indebolimento del dollaro ha vanificato il beneficio apparente del “carry” statunitense, trasformando i punti base in una performance netta negativa. Questo scenario sottolinea l’importanza di guardare oltre i rendimenti lordi e considerare attentamente l’impatto del cambio, anche ricorrendo – dove opportuno – a strumenti di copertura valutaria.
L’effetto cambio sull’azionario
Anche sull’azionario l’effetto cambio è stato determinante. L’S&P 500 ha registrato un rialzo di circa il +5,5% in USD nel primo semestre, ma per un investitore europeo si è tradotto in una flessione di circa il -6,5%, a dimostrazione di quanto il rischio valutario possa ribaltare anche le performance più brillanti. Al contempo, un dollaro più debole ha sostenuto l’export statunitense e migliorato i margini delle società USA, che finora non hanno subito significative revisioni degli utili. Il contesto ha favorito una riallocazione progressiva verso l’azionario europeo, caratterizzato da multipli più contenuti e da un’accelerazione nei flussi in entrata già nei primi mesi dell’anno. I settori che ne hanno beneficiato maggiormente sono stati le infrastrutture energetiche – sostenute da programmi pubblici e contratti di lungo termine – e i servizi di pubblica utilità, grazie alla stabilità dei ricavi. Anche il settore finanziario europeo ha mostrato resilienza, grazie a modelli di business diversificati e a un quadro regolamentare più favorevole in termini di costi di funding.
Puntare sulle strategie attive
Poiché le azioni statunitensi rappresentano oltre due terzi della capitalizzazione azionaria globale, l’esposizione al dollaro resta strutturalmente elevata nei portafogli internazionali. “Per affrontare dinamiche di mercato così complesse, – conclude Calef – è fondamentale mantenere una rotta coerente con gli obiettivi di medio-lungo termine, valorizzando la diversificazione geografica e settoriale. In questo contesto, le strategie attive possono contribuire a contenere la volatilità e a generare valore anche in sostituzione della tradizionale componente obbligazionaria”.
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