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“Il risparmio va indirizzato verso le Pmi”


GLI ITALIANI sono campioni mondiali del risparmio. Purtroppo, però, quello che viene investito solo in minima parte, nonostante tentativi come quello dei Pir, finiscono nel tessuto industriale delle Piccole e medie imprese, la spina dorsale dell’economia italiana. Aziende che quando vengono quotate soffrono, come ora, nonostante la forte ripresa dei mercati azionari anche in questa prima metà del 2025, di quotazioni che non le valorizzano, con multipli su utili, patrimonio e ricavi ben al di sotto delle medie internazionali e delle big, e soprattutto delle banche. Con il rischio che nei prossimi anni le migliori imprese del made in Italy diventino preda di investitori esteri che non le chiuderanno certo ma sottrarranno al nostro Paese le capacità decisionali e strategiche.

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A evidenziare quanto sia fondamentale per l’Italia destinare il risparmio verso le aziende è Simone Strocchi (secondo da sinistra nella foto), presidente di Electa Ventures. Tra i principali riferimenti e interlocutori del mondo finanziario-imprenditoriale e istituzionale italiano (Mef e Commissione Finanze inclusa) in tema di supporto alla crescita delle medie e piccole imprese nazionali, Strocchi è membro del cda di Assonext e co-firmatario del libro verde per lo sviluppo dei mercati dei capitali. Attraverso spac e veicoli di prebooking di Electa Ventures, da oltre 15 anni sono accompagnate con successo le imprese italiane in Borsa (tra i tanti esempi basta citare le operazioni di quotazione di Sesa, Pharmanutra, Italian Wine Brands, Magis), mentre con Azimut sono stati lanciati i Fondi alternativi Ipo Club per investire in imprese virtuose in pre ipo, accompagnandole e sostenendole nella crescita sui listini che trovano completamento in un ecosistema di piattaforme dedicate che ha una capacità di indirizzo di capitali di circa 800 milioni di euro.

In Piazza Affari, oltre ai settori che sono stati trainanti in questi mesi anche per la situazione geopolitica come la Difesa e le utilities, tutti guardano al risiko del settore finanziario, dalle banche alle assicurazioni. Ma, avverte Strocchi, “le operazioni bancarie in corso sono, nella sostanza, scambi carta contro carta, senza iniezione di vera liquidità. Quelle che producono cassa vera e valore incrementale sono le imprese, e non le banche, la vera forza propulsiva del sistema. E mentre il dibattito si concentra su strutture di governance bancarie, alcune delle nostre migliori imprese vengono lasciate ai margini, trattate sui listini a multipli troppo contenuti rispetto ai fondamentali. Il rischio? Passeranno di mano a prezzi di saldo, delisting dopo delisting, finendo a sostenere la redditività di consolidati non italiani”.

L’industria del risparmio, attraverso il canale delle banche e delle reti, propone ai risparmiatori soluzioni che non permettono, dai fondi aperti ai certificati, agli Etf, di investire sulle Pmi italiane. Del resto, i grandi investitori internazionali hanno tagli di ingresso nel capitale dei singoli emittenti da decine di milioni, poco compatibili con il valore di quotazione di aziende del made in Italy. E anche quanto raccolto con i Pir, solo in minima parte è finito nelle medie imprese quotate in Borsa. La soluzione quindi, conclude Strocchi, passa sia da un cambio della cultura finanziaria sia dal favorire la diffusione di strumenti come i fondi chiusi orientati a sostenere investimenti durevoli in società quotate che, utilizzati anche dal retail e dalle casse previdenziali, permettano davvero di investire nelle imprese italiane.



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