«All’indomani dell’Accordo di Parigi, abbiamo scoperto che maggiori emissioni dirette portano a un aumento della probabilità di default per le imprese all’interno della stessa classe di rating. Questo dato suggerisce che le politiche volte a ridurre le emissioni di carbonio sono efficaci nel ridurre il rischio da transizione e nel migliorare il merito di credito, evidenziando i potenziali benefici delle pratiche ecologicamente responsabili per le imprese». È uno dei passaggi dello studio pubblicato dalla Banca d’Italia con il titolo «L’ascesa dei rischi climatici: Evidenze dalle frequenze di default attese per le imprese». Si tratta di un corposo documento che fa parte della collana “Mercati, infrastrutture, sistemi di pagamento” e da cui emerge che i rischi finanziari legati al clima hanno assunto una crescente rilevanza per i mercati del credito.
Nelle 65 pagine ricche di dati, puntuali rinvii e analisi di quanto avvenuto negli ultimi anni, viene focalizzata l’attenzione sulla relazione tra rischio di transizione climatica e rischio di credito esaminando le emissioni di carbonio delle imprese e le Expected Default Frequencies (EDFs) stimate da Moody’s. I risultati a cui arrivano i ricercatori suggeriscono che l’Accordo di Parigi ha rappresentato un punto di svolta nella relazione tra emissioni e rischio di credito: successivamente a quell’accordo la correlazione statistica tra livelli delle emissioni ed EDFs è divenuta positiva e statisticamente significativa.
«Forniamo prove – scrivono gli autori dello studio – dei canali attraverso i quali le emissioni di carbonio influenzano il rischio di credito scomponendo l’EDF nelle sue componenti principali: la volatilità degli asset, il valore di mercato degli asset e il punto di default. In primo luogo, documentiamo come ogni componente entri linearmente nell’EDF. Mostriamo come, per costruzione, una maggiore volatilità degli asset sia associata a una maggiore probabilità di default, mentre punti di default e valore di mercato degli asset più elevati riducono il rischio di default. Analizziamo poi l’effetto delle emissioni di carbonio su ciascuna componente dell’EDF. Scopriamo che l’aumento del rischio di default degli emittenti elevati è determinato da un aumento della volatilità degli asset dopo l’Accordo di Parigi. Infine, avvaloriamo la nostra ipotesi che le imprese con un elevato rischio di credito siano penalizzate solo in presenza di normative che internalizzano i costi dell’inquinamento attraverso un’analisi incentrata sulle differenze geografiche. Paesi e regioni diversi hanno normative e politiche diverse per affrontare il cambiamento climatico, che possono influenzare la velocità e la portata della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio».
Scomponendo le EDFs nelle loro componenti fondamentali, viene sottolineato nello studio diffuso da Palazzo Koch, la maggiore volatilità degli attivi viene identificato come il principale canale attraverso cui il rischio di transizione incide sul rischio di credito per le imprese ad alte emissioni. L’analisi contribuisce a chiarire i meccanismi che collegano il rischio climatico di transizione al rischio finanziario. I risultati si mostrano robusti rispetto a diverse specificazioni del modello, variabili di controllo e aree geografiche, e indicano che i rischi finanziari legati al clima hanno assunto una crescente rilevanza per i mercati del credito.
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