Si è tenuto ieri, presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, l’incontro in una sala gremita
tra le organizzazioni sindacali, le istituzioni locali e i Ministri Adolfo Urso e Marina Calderone per
discutere del futuro asset dello stabilimento dell’Ex Ilva di Taranto. Durante il confronto è stato
presentato il nuovo progetto di decarbonizzazione che prevede la realizzazione di un polo per la
produzione di preridotto a Taranto, con l’installazione di due forni elettrici a Genova e Taranto.
L’obiettivo è la creazione dello stabilimento green più grande d’Europa – e potenzialmente del
mondo – per la produzione di acciaio a impatto ridotto.
Uliano: “Abbiamo ribadito alle istituzioni presenti che senza la produzione di preridotto a Taranto
viene messa in discussione la soliditá futura dell’intero stabilimento e la sostenibilitá occupazionale
di Taranto e degli altri stabilimenti italiani. Bisogna essere consapevoli che senza la produzione dei 3
DRI di Taranto lo stabilimento richia di non avere futuro. Scommettere sul fare o non fare il DRI
significa scommettere sulla pelle delle persone”.
Il progetto include anche una centrale elettrica dedicata al funzionamento dei tre forni elettrici, che
coverta quella attuale, con una stima complessiva di investimenti pari a circa 2 miliardi di euro. Per
garantire l’approvvigionamento energetico, è allo studio il ricorso a una nave rigassificatrice, sulla
scorta del modello di Piombino. È stata esclusa l’ipotesi di posizionare la nave al largo, a causa della
scarsa profondità del fondale e di altre condizioni che renderebbero impossibile la sua operatività.
ll Governo ha confermato il proprio impegno nel sostenere la gara internazionale – che andrà
aggiornata entro il mese di luglio – per la cessione dello stabilimento, assicurando la fornitura del
preridotto necessario agli acquirenti in qualsiasi opzione verrà percorsa ovvero con la sua
produzione a Taranto o altrove. Come organizzazione sindacale abbiamo ribadito la necessità di
tenere insieme gli aspetti ambientali, sanitari e sociali nella soluzione della crisi dell’Ilva. Abbiamo
espresso forte preoccupazione per l’assenza di garanzie occupazionali all’interno del piano,
sottolineando il rischio di una bomba sociale qualora non ci si prenda tutti la responsabilità di scelte
coraggiose.
La transizione verso il preridotto e il forno elettrico rappresenta una svolta fondamentale
dal punto di vista ambientale e industriale, ma per quanto riguarda l’occupazione a seconda del
Piano A o del Piano B ci sono implicazioni differenti. A Taranto, si contano circa 9.500 lavoratori tra
occupati e personale in amministrazione straordinaria, a cui si aggiungono circa 8.000 lavoratori
dell’indotto: una gestione attenta della fase occupazionale sarà quindi essenziale. Le attività legate ai
nuovi impianti e il graduale riavvio delle attività di finitura di tutti i siti del gruppo ma anche degli
impianti di Taranto, dovranno garantire l’impiego di tutti i lavoratori ed il loro rientro da anni di
cassa integrazione. Infine, abbiamo sottolineato che, pur apprezzando la presenza attiva dello Stato,
come abbiamo sempre richiesto, sarà necessario prevedere risorse finanziarie sufficienti a garantire
la continuità delle attività almeno fino alla realizzazione completa del progetto.
Dichiarazione del Segretario Generale Fim Cisl Ferdinando Uliano
e il Segretario Nazionale Fim Cisl Valerio D’Alò
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