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Fisco, l’Irpef “si aggiorna”: benefici anche per conviventi non a carico


All’esame del Consiglio dei ministri un’estensione delle agevolazioni fiscali a conviventi come fratelli, sorelle o figli over 30, anche se non a carico. Il presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Lecco, Matteo Dell’Era: «Segnale positivo, ma attenzione a non scoraggiare l’autonomia dei giovani»

Familiari non a carico ma conviventi, fratelli, sorelle, figli over 30, anche se non inseriti nel nucleo familiare tradizionale: tra le novità contenute nella bozza di decreto legislativo all’esame del Consiglio dei ministri spunta un’estensione dei benefici fiscali legati all’Irpef, che riconosce il ruolo sempre più centrale di legami di fatto e responsabilità economiche che non coincidono più con lo schema classico del “padre, madre e figli minori”.

Il provvedimento prevede che alcune misure fiscali potranno essere applicate anche a favore di familiari non a carico, ma conviventi, come appunto fratelli, sorelle o figli non inseriti nella precedente definizione ristretta. Per quanto riguarda invece le detrazioni per familiari a carico, resta invariata la soglia di reddito: 2.840,51 euro, oppure 4.000 euro per i figli con meno di 24 anni.

Una novità che, secondo Matteo Dell’Era, presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Lecco, riflette un necessario aggiornamento della normativa: «Non c’è ancora un testo definitivo, ma la direzione è chiara: si prende atto che le famiglie italiane sono cambiate. Oggi convivono sempre più spesso adulti, fratelli o sorelle, persone che non sono formalmente a carico ma che comportano un impegno economico. Riconoscerlo anche fiscalmente è un passo positivo, un segnale di adeguamento ai tempi».

Dell’Era evidenzia come la misura rappresenti, in un certo senso, un aggiornamento sociologico dell’Irpef, in grado di intercettare situazioni reali che finora non trovavano spazio nella normativa. Tuttavia, c’è anche un aspetto critico da considerare. «Inserire i figli ultratrentenni tra i soggetti per cui è previsto un vantaggio fiscale – pur rispecchiando una realtà diffusa – rischia di rappresentare un disincentivo all’autonomia dei giovani. È una misura che può finire per cristallizzare la dipendenza economica, quando invece servirebbero politiche attive, capaci di favorire l’indipendenza abitativa e lavorativa, come avviene in alcuni Paesi del Nord Europa».

Secondo Dell’Era, l’attenzione pubblica dovrebbe orientarsi maggiormente verso strumenti che favoriscano l’uscita dal nucleo familiare e l’autonomia dei ragazzi dopo gli studi, anche attraverso incentivi legati alla formazione e all’occupazione. «Investire risorse per favorire il lavoro e la crescita personale sarebbe più utile che estendere i benefici fiscali a chi resta a casa. Rischiamo, altrimenti, una deriva simile a quella del reddito di cittadinanza: più che un aiuto, un freno alla mobilità sociale».

Sul fronte tecnico, resta da chiarire l’effettiva portata delle misure: «La bozza sembra mantenere invariate le soglie per le detrazioni classiche. Si tratta quindi più di un aggiustamento in termini di riconoscimento dei nuovi modelli familiari, piuttosto che di una revisione organica delle regole fiscali. Occorrerà leggere il testo definitivo per valutare eventuali effetti concreti sulle dichiarazioni dei redditi».

In attesa del decreto, resta centrale la riflessione su come riformare il fisco tenendo conto delle trasformazioni della società. «Non tutte le famiglie sono uguali, e lo Stato deve iniziare a riconoscerlo davvero. Ma il sostegno deve andare nella direzione dell’autonomia e dell’inclusione, non della dipendenza strutturale», conclude Dell’Era.

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