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Gaia-X, il cloud europeo e la nuova idea di federazione: quanto valgono i progetti sulla sovranità digitale?


Anche Sara Volino Coppola, Responsabile Direzione Sistemi Informativi di Alia Servizi Ambientali, sottolinea che il vero problema di dipendenza tecnologica europea si pone con il SaaS, più che con il cloud in generale, perché, quando si sceglie una piattaforma come servizio, il fornitore impone di usare una specifica infrastruttura, legando il cliente a dei provider precisi – tipicamente, le Big tech.

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“I servizi SaaS sono dominati dagli americani e, anche con marketplace che federano i cloud europei, occorrerà far convivere i big degli Stati Uniti con i nostri fornitori”, afferma Volino Coppola. “E, comunque, è sempre il mercato a scegliere chi vince, bisognerà vedere se i cloud europei federati raggiungeranno la massa critica di clienti. L’AI sarà un elemento discriminante sia sulle garanzie di compliance che sulla potenza di calcolo, dove non è detto che le grandi imprese riescano a coprire le loro esigenze computazionali. Forse le più piccole saranno le più attratte dai fornitori locali, anche per i vantaggi di prossimità”.

Oggi i CIO scelgono il cloud provider in base ai costi e alle competenze specialistiche. Volino Coppola, per esempio, usa numerosi fornitori – non solo le big tech Usa, ma anche vendor europei che sono specializzati su determinate applicazioni. 

“Oltre a offrire un buon prezzo, hanno una competenza specifica sullo stack tecnologico dell’applicazione”, spiega Volino Coppola. “Ma, appunto, stiamo parlando di cloud IaaS e PaaS. Sul SaaS non c’è scelta: se scegli SAP devi andare sull’infrastruttura di una delle tre big americane, Salesforce impone addirittura quale delle tre”.

La sovranità europea nel cloud è davvero possibile?

La sovranità digitale europea nel cloud è, dunque, impossibile?

“Non è impossibile, ma è certamente complessa: il cloud non è un mercato nascente, è già maturo e fortemente dominato da player globali consolidati”, risponde Dozio. “Per questo serve un indirizzo politico chiaro, capace di favorire aggregazioni industriali e scelte strategiche comuni, come avvenne per Airbus in campo aerospaziale. In un contesto geopolitico così instabile e digitalizzato, la computazione, insieme all’energia e alla connettività, è una risorsa critica su cui è giusto che l’Europa voglia mantenere controllo”.

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La ricetta di Bonfiglio è precisa:“L’Europa dovrebbe esercitare un maggiore controllo sull’acquisizione di spazi fisici (data center), garantendo, ad esempio, quote massime di allocazione di spazi e energia a soggetti stranieri. Dovrebbe modificare le regole del procurement pubblico di servizi cloud, che in assenza di giustificazioni, favoriscono l’acquisto di soluzioni dominanti, piuttosto che quelle necessarie a soddisfare i requisiti tecnici, discriminando di fatto i fornitori europei. Dobbiamo comprendere che non ha senso sperare nella crescita di un singolo fornitore europeo per crearci la nostra Amazon o Google, ma serve passare dall’iper-centralizzazione dei servizi, e conseguente lock-in, a un modello iper-distribuito, dove l’interoperabilità, commerciale e tecnica, tra operatori diversi costituisce l’elemento di scelta da parte dei clienti finali”.

Nel 2024 le aziende italiane hanno speso 6,8 miliardi di euro in cloud (+24%), con un forte aumento della componente infrastrutturale e un ruolo chiave del cloud come abilitatore dell’intelligenza artificiale (dati del Politecnico di Milano). Secondo Dozio “questa crescita, per diventare sostenibile e strategica, ha bisogno di basi solide: infrastrutture, competenze, modelli di governance. Ed è qui che l’Europa deve fare un salto di maturità”.

Poi, al di là delle teorie, resta la posizione pratica e concreta dei CIO: si usa ciò che funziona meglio per l’operatività aziendale e le esigenze normative.

Marco Foracchia, CIO di Ausl Reggio Emilia, spiega: “Siamo una struttura pubblica della sanità e dobbiamo obbligatoriamente poggiare sul PSN, o in alternativa un cloud certificato per la PA dall’ACN. Questo vale anche per i nostri partner che trattano i dati per noi: tutto deve appoggiarsi su infrastrutture che rispettino vincoli normativi specifici, tra cui quello di localizzazione nella UE. Nel nostro caso abbiamo condiviso la scelta regionale di appoggiarci sulle infrastrutture certificate della in-house Lepida. Dovendo allo stesso tempo garantire la continuità operativa, anche in assenza di connettività verso i datacenter, la strategia adottata prevede la permanenza di parti di applicazioni e storage on-premise. Il dibattito sulla sovranità non ci interessa in modo diretto: il cloud su cui ci appoggiamo è individuato e regolato in modo stretto, anche nella sua declinazione ibrida”.

E, anche quando c’è la possibilità di scegliere tra fornitori e servizi cloud diversi, il CIO deve sempre confrontarsi con la direzione. Come afferma Volino Coppola: “È impossibile spiegare al business che vuoi il cloud europeo al posto di quello di altri vendor: il business sceglie in base alle funzionalità e il CIO difficilmente può imporsi”.



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