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Golden power su UniCredit, è scontro tra Italia e Ue dopo il ricorso al Tar


È scontro tra Italia e Ue sul golden power di Unicredit. Dopo che il Tar del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso della banca di Andrea Orcel, a complicare ulteriormente le cose è il parere di Bruxelles, che solleva dubbi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione. Secondo un parere preliminare inviato il 14 luglio 2025, la misura italiana “potrebbe violare l’articolo 21 del Regolamento europeo sulle concentrazioni”, come ha dichiarato ufficialmente Thomas Regnier, portavoce della Commissione europea.

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A Palazzo Chigi prevale la linea della prudenza: “Risponderemo con spirito collaborativo e costruttivo”, ha fatto sapere l’esecutivo in una nota ufficiale.

L’accoglimento del Tar

Il nodo del conflitto risale al 18 aprile 2025, quando il Governo italiano ha imposto una serie di vincoli riguardo all’operazione di acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit, ricorrendo quindi al cosiddetto golden power.  Tra le condizioni imposte ci sono:

  • l’obbligo di chiudere tutte le attività in Russia in nove mesi;
  • il mantenimento per cinque anni del loan-to-deposit ratio di Bpm, cioè la stessa quantità di prestiti concessi rispetto ai depositi raccolti dai clienti;
  • il divieto di ridurre gli investimenti nazionali presso il gestore degli asset del Banco Bpm appena acquisito, Anima Holding SpA.

UniCredit ha risposto impugnando le condizioni davanti al Tar del Lazio, ottenendo la sospensione di alcune di queste, tranne l’uscita dalla Russia, e attende una sentenza definitiva.

Lo stop di Bruxelles

Vale ricordare che il 19 giugno, l’Antitrust europea aveva dato il via libera alla fusione senza rilievi. Per questo Bruxelles, dopo il golden power imposto dal governo, ha alzato il sopracciglio. E lo ha fatto con una comunicazione formale, secondo cui la misura italiana “potrebbe violare l’articolo 21 del Regolamento europeo sulle concentrazioni”, come ha dichiarato ufficialmente Thomas Regnier, portavoce della Commissione europea.

Il nodo giuridico non è solo la legittimità dei vincoli imposti, ma la pretesa stessa di Roma di imporli su un’operazione già benedetta da Bruxelles. Nel mirino dell’Ue non c’è solo il contenuto del decreto, ma anche la forma: l’Italia non avrebbe notificato preventivamente le sue intenzioni, e avrebbe agito senza coordinarsi con Bruxelles.

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Il governo si spacca

In tutto questo, il Governo italiano ha cercato di non scomporsi, ma senza successo: Palazzo Chigi ha rilasciato una nota spiegando che

il governo italiano con spirito collaborativo e costruttivo risponderà ai chiarimenti richiesti così come già fatto in sede giurisdizionale dinanzi al Tar nei termini e con motivazioni ritenute già legittime dai giudici amministrativi.

Una posizione ribadita anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha ricordato come “la competenza sia condivisa” tra Roma e Bruxelles.

Ma non tutti nel governo hanno scelto il profilo basso. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha attaccato frontalmente l’Europa:

Invece di rompere le scatole su banche, spiagge e motorini, si occupi di poche cose serie e lo faccia bene. Il sistema bancario è strategico, l’Italia può e deve normare come ritiene, senza intromissioni.

La palla passa ora all’Italia, che sarebbe orientata a prendersi tutto il tempo a disposizione per rispondere, 20 giorni, mentre sembra probabile che UniCredit riunisca un cda per decidere il da farsi.





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