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questione di legittimità costituzionale dell’art. 281, comma 1, CCII


Con ordinanza del 25 giugno 2025, il Tribunale di Arezzo ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 281, comma 1, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), nella parte in cui vincola la pronuncia sull’esdebitazione al momento contestuale alla chiusura della procedura di liquidazione giudiziale. La norma, nella sua formulazione attuale, precluderebbe al debitore di accedere al beneficio dell’esdebitazione una volta intervenuta la chiusura, in contrasto – secondo i giudici aretini – con i principi e i criteri direttivi della Legge delega n. 155/2017, violando l’art. 76 Cost. La pronuncia apre uno scenario di rilievo sistemico sul diritto al fresh start e sulla portata delle garanzie per i debitori meritevoli. Per approfondire l’argomento, consigliamo il volume Composizione negoziata della crisi – Guida pratica per l’esperto con casistica giurisprudenziale, modelli, strumenti e prassi applicativa, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, e il volume Le tutele del nuovo sovraindebitamento: come uscire dal debito disponibile su Shop Maggioli e su Amazon. Abbiamo anche organizzato il corso Crisi d’impresa e composizione negoziata 2025

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Tribunale di Arezzo – ordinanza del 25-06-2025

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1. Il fatto: la liquidazione giudiziale e la crisi


La vicenda trae origine da una procedura di liquidazione giudiziale aperta nel 2022 a carico di una debitrice, titolare di impresa individuale. Il curatore aveva ottenuto l’approvazione del rendiconto a settembre 2024 e la procedura è stata formalmente chiusa il 13 dicembre 2024, avendo soddisfatto unicamente i creditori prededucibili. Successivamente, il 31 marzo 2025, la debitrice ha presentato istanza di esdebitazione ai sensi dell’art. 281 CCII.
Tuttavia, il tribunale ha rilevato d’ufficio la potenziale inammissibilità della domanda, essendo stata proposta post factum, ovvero dopo il decreto di chiusura, come non consentito dalla formulazione letterale dell’art. 281, comma 1. Tale norma, infatti, impone che la pronuncia sull’istanza avvenga “contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura della procedura”.
Nonostante il parere positivo del curatore e la sussistenza dei presupposti sostanziali di meritevolezza ai sensi dell’art. 280 CCII, il Tribunale ha ritenuto di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma, in quanto preclusiva del diritto all’esdebitazione in assenza di tempestiva proposizione dell’istanza prima della chiusura. Per approfondire l’argomento, consigliamo il volume Composizione negoziata della crisi – Guida pratica per l’esperto con casistica giurisprudenziale, modelli, strumenti e prassi applicativa, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon, e il volume Le tutele del nuovo sovraindebitamento: come uscire dal debito disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.

2. Il quadro normativo


L’art. 281, comma 1, CCII stabilisce che:
“Il tribunale, su istanza del debitore, contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura della procedura, salvo il disposto di cui all’articolo 280, comma 1, lettera a), secondo periodo, sentiti gli organi della stessa e verificata la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 278, 279 e 280, dichiara inesigibili nei confronti del debitore i debiti concorsuali non soddisfatti.”
Il disposto si raccorda con l’art. 279 CCII, che prevede che:
“Il debitore ha diritto a conseguire l’esdebitazione decorsi tre anni dall’apertura della procedura di liquidazione o al momento della chiusura della procedura, se antecedente.”
Nel sistema previgente (art. 143 LF), invece, la domanda di esdebitazione poteva essere proposta entro l’anno successivo al decreto di chiusura del fallimento, configurando una finestra post chiusura che oggi pare esclusa.
Il recente decreto correttivo (D.Lgs. 136/2024) ha, inoltre, precisato che la domanda debba essere depositata e comunicata ai creditori durante la procedura stessa, rafforzando l’idea della contestualità come termine massimo.

3. Il nodo interpretativo e la questione sollevata


Secondo il Tribunale di Arezzo, la chiusura della procedura rappresenterebbe oggi un termine invalicabile, escludendo qualsiasi domanda successiva. Tale rigidità normativa contrasta, però, con i criteri direttivi dettati dall’art. 8, lett. a), della Legge delega n. 155/2017, che imponevano al Governo di:
“prevedere per il debitore la possibilità di presentare domanda di esdebitazione subito dopo la chiusura della procedura e, in ogni caso, dopo tre anni dalla sua apertura”.
Nel redigere l’art. 281, il legislatore delegato avrebbe ecceduto i limiti della delega, in violazione dell’art. 76 Cost., che condiziona la legittimità degli atti normativi delegati al rispetto di criteri precisi e oggettivamente verificabili.

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4. Profili di diritto costituzionale


L’art. 76 della Costituzione vieta l’abuso della delega legislativa, imponendo il rispetto di limiti formali e sostanziali:
“L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi […]”.
Nel caso in esame, il legislatore delegato, pur avendo esercitato la delega, avrebbe disatteso uno dei suoi principi fondamentali: garantire al debitore una via di uscita anche successiva alla chiusura, nel rispetto di un equo bilanciamento tra interesse del creditore e tutela della persona sovraindebitata.
L’ordinanza propone una soluzione additiva non manipolativa, che consisterebbe nella rimozione della clausola “contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura della procedura”, salvando l’impianto del comma 1 dell’art. 281 ma consentendo l’accesso all’esdebitazione anche dopo la chiusura.

5. Il principio del fresh start e il diritto europeo


La questione non è meramente interna. L’art. 21 della Direttiva (UE) 2019/1023 sul quadro di ristrutturazione preventiva impone agli Stati membri di garantire che le persone fisiche possano ottenere l’esdebitazione in un termine massimo di tre anni. Il legislatore delegato italiano ha accolto questo principio, ma – secondo il tribunale – ha introdotto una clausola limitativa non prevista né dal diritto europeo né dalla legge delega.
Il principio del fresh start, fondamento della disciplina europea dell’insolvenza, risulterebbe così vulnerato da un formalismo processuale eccessivamente rigido, inidoneo a tutelare i debitori onesti ma sfortunati.

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6. Riflessioni conclusive e rilievo sistemico


L’ordinanza del Tribunale di Arezzo si colloca nel solco delle pronunce di vigilanza sul rispetto delle deleghe legislative (tra tutte, Corte Cost. n. 206/2001; n. 23/2011; n. 11/2017) e pone un tema di grande importanza sistemica: l’accesso alla seconda chance per il debitore persona fisica, anche imprenditore individuale, che abbia cooperato lealmente nella procedura.
Nel quadro della riforma della crisi d’impresa e delle sue correzioni (Correttivo 2024), il rischio di rigidità interpretative che comprimano i diritti fondamentali risulta accentuato. La Consulta è ora chiamata a ristabilire un equilibrio tra efficienza della procedura e diritto alla rinascita economica, evitando che un formalismo processuale spazzi via il contenuto sostanziale del diritto all’esdebitazione.

Nota dell’autore


Il tema merita un approfondito monitoraggio, sia in sede dottrinale sia nella prassi applicativa. In attesa della pronuncia della Corte costituzionale, è consigliabile ai professionisti operanti in materia di crisi e sovraindebitamento di valutare con estrema attenzione i termini di proposizione delle istanze di esdebitazione, predisponendo, ove possibile, domande tempestive già nel corso della procedura.

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Riferimenti normativi e giurisprudenziali

  • Art. 281, comma 1, D.Lgs. 14/2019 (CCII)
  • Art. 8, lett. a), L. n. 155/2017
  • Art. 76 Cost.
  • Direttiva (UE) 2019/1023
  • Corte Cost. n. 181/2008, n. 23/2011, n. 11/2017
  • Tribunale di Arezzo, ordinanza del 25 giugno 2025, n. 881/2025 V.G.

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