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Uk, come il Sdr sta trasformando i fondi


Da gennaio 2025, l’introduzione della norma ha profondamente trasformato il mercato dei fondi sostenibili retail nel Regno Unito. Molti hanno cambiato nome, molti sono stati ritirati e solo una parte ha adottato le nuove label. Tuttavia, l’assenza di etichetta non implica la mancanza di caratteristiche sostenibili

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Nel primo semestre del 2025, in seguito all’entrata in vigore delle nuove regole del Sustainability Disclosure Requirements (Sdr), il mercato dei fondi sostenibili del Regno Unito si è profondamente trasformato e ha vissuto un periodo di intensa riorganizzazione, tra nuove label, chiusure di fondi e significativi cambi di nome.

Il tema è stato approfondito nel dettaglio da Julia Dreblow, Director di Sri services e fondatrice di Fund EcoMarket, che, nel suo contributo su Portfolio Adviser, ha analizzato gli effetti del Sustainability Disclosure Requirements (Sdr) nel primo semestre del 2025.

FONDI UK ESG, MERCATO IN TRASFORMAZIONE

Secondo i dati raccolti da Fund EcoMarket, piattaforma che censisce circa 1.250 fondi e portafogli sostenibili, responsabili e etici disponibili nel mercato retail Uk, il primo semestre 2025 è stato caratterizzato da un netto rimescolamento dell’offerta, sia in termini di ingressi/uscite di fondi (10 nuovi fondi e ben 95 chiusure), sia in termini di cambio nome in risposta alle nuove regole imposte dal Sdr (285 fondi hanno infatti cambiato nome tra gennaio e giugno 2025).

Sulla base della classificazione “Sri Styles” dei fondi a cura di Fund EcoMarket, è emerso che ben 76 fondi Sustainability Tilt hanno aggiornato la propria denominazione. Si tratta di strategie “mid-market” che combinano strategie di sostenibilità con l’attività di stewardship. Gli effetti della nuova regolamentazione si sono visti anche sui fondi Sustainable style (ovvero con un’enfasi chiara e significativa sulla sostenibilità): su 88 Oeic, 19 fondi di questa tipologia hanno cambiato nome.

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LABEL SDR: CHI LE HA ADOTTATE E CHI NO

Secondo il database Fund EcoMarket ad oggi ci sono 109 fondi sono attualmente “Visible” con una label Sdr (il numero sale a 135 includendo quelli attualmente in sospeso presso i gestori dei fondi) e tra questi più della metà hanno l’etichetta Sustainable Focus (quella meno utilizzata è Mixed Goals).

Vi sono poi ulteriori 220 fondi (visibili) che, pur avendo caratteristiche sostenibili, hanno scelto la categoria Sdr unlabelled: nella maggior parte dei casi, secondo la classificazione Fund EcoMarket, si tratta di fondi “Sustainability Tilt” (orientati alla sostenibilità) che, secondo l’esperta, potrebbero essere potenzialmente candidabili all’etichetta Improver; 24 fondi sono classificati come “Ethical”, sono fondi che hanno sempre prestato grande attenzione alle questioni ambientali e sociali e che (almeno in teoria) potrebbero essere inserito nel regime di labelling; infine 19 fondi “Esg Plus”, che puntano alla gestione del rischio Esg e presentano ulteriori caratteristiche di sostenibilità. «Ritengo che almeno alcuni di questi potrebbero ottenere l’etichetta – ha ribadito Dreblow -, se le autorità di regolamentazione e i gestori dei fondi riuscissero a trovare una soluzione».

LABEL, MA NON SOLO

L’implementazione delle label può risultare complessa e in alcuni casi imperfetta. Il fatto che un fondo sia etichettato Sdr offre certamente indicazioni utili, tuttavia «l’assenza di un’etichetta, nella pratica, non ha ancora un significato rilevante».

Pertanto il suggerimento che Dreblow dà agli intermediari è di esaminare non solo i fondi con label, ma anche quelli unlabelled (i 220 nella tabella sopra) e quelli out of scope, come Sicav e alcuni portafogli, che per ora restano esclusi dalla regolamentazione, ma sono rilevanti per i clienti interessati alla sostenibilità.

È inoltre importante ricordare che, indipendentemente dalla loro classificazione, questi fondi presentano notevoli differenze. La Fca non stabilisce dove questi fondi possono investire (non tutti, ad esempio, escludono le majors del settore del carbone, del petrolio e del gas, adottano strategie di biodiversità, misurano gli impatti positivi e/o escludono le armi). Pertanto, «si prega di non dare nulla per scontato».

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