Metamateriali innovativi per contrastare l’inquinamento acustico negli ecosistemi marini e non solo: una soluzione tecnologica promettente per mitigare l’impatto del rumore generato dalle attività umane in ambiente marino è in fase di sviluppo nell’ambito del progetto POSEIDON – Unconventional principles of underwater wave control in the sub-wavelength regime – sostenuto dallo European Research Council tramite un finanziamento di tipo Starting Grant. L’iniziativa si è recentemente ampliata con l’avvio del progetto DREAM – Design of Resilient Engineered Architectured Metamaterials, partito il 18 giugno scorso e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca-MUR. Grazie a questa iniziativa, i risultati raggiunti in ambito sottomarino saranno estesi anche ad altri settori strategici, come il campo della sismologia, per l’attenuazione delle onde sismiche, e al settore del recupero energetico dal moto ondoso.
La ricerca sarà condotta al Politecnico da Marco Miniaci. Già coordinatore del progetto POSEIDON, Miniaci – che ha preso servizio nel giugno scorso come professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Edile e Geotecnica-DISEG – sarà quindi alla guida del progetto DREAM, grazie ai fondi assegnati dal MUR. Il Ministero, infatti, in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Missione 4 “Istruzione e Ricerca”, Componente 2 “Dalla ricerca all’impresa”, Investimento 1.2 “Finanziamento di progetti presentati da giovani ricercatori” – ha bandito nell’aprile scorso un finanziamento complessivo di 50 milioni di euro, con un contributo massimo di 1 milione di euro per ciascun progetto. L’iniziativa, rivolta alle attività di eccellenza di giovani ricercatrici e ricercatori – tra cui i Principal Investigators di bandi Starting Grant dell’ERC – ha l’obiettivo di favorire il “rientro dei cervelli” nel Paese; il Politecnico è quindi, ad oggi, l’unico ateneo italiano ad essersi aggiudicato tale finanziamento.
Al centro dello studio, lo sviluppo di metamateriali meccanici – materiali compositi che presentano proprietà quasi-statiche e dinamiche non convenzionali – che permettono di controllare la deformazione e la propagazione delle onde (elastiche e/o acustiche). L’obiettivo è migliorare le attuali tecnologie per la riduzione dell’inquinamento acustico sottomarino, fenomeno in costante aumento a causa dell’intensificarsi delle attività antropiche in tale ecosistema (si pensi all’installazione di parchi eolici offshore, il recupero di energia dal moto ondoso o l’estrazione di risorse minerarie subacquee).
Le soluzioni attualmente disponibili, infatti, risultano poco efficaci, in particolare alle basse frequenze. Il problema principale risiede nella trasmissione del suono sott’acqua, che presenta lunghezze d’onda cinque volte superiori rispetto a quelle del suono in aria, e al peso del fluido in questione (1000 kg/m3, comparabile a quello dei materiali solidi usati per costruire le barriere). Questi fattori, dunque, richiedono l’impiego di barriere molto spesse e potenzialmente invasive dal punto di vista ambientale.
Ed è proprio qui che entrano in gioco i metamateriali e le loro proprietà non convenzionali. A differenza dei materiali tradizionali, le risposte quasi-statica e dinamica dei metamateriali non dipendono tanto dalla composizione chimica dei materiali stessi, ma dalla struttura geometrica, spesso organizzata in modo regolare e ripetitivo. Questa struttura “intelligente” permette loro, ad esempio, di assorbire vibrazioni, deformarsi in modo controllato, attutire onde acustiche/elastiche, o addirittura comportarsi in modo controintuitivo, come espandersi se sottoposti ad una forza di compressione, oppure flettersi in direzione opposta rispetto alla sollecitazione.
Proprio grazie a queste proprietà avanzate, i metamateriali permettono, quindi, di raggiungere prestazioni quasi-statiche e dinamiche inedite, rendendo possibile, tra le altre cose, la riduzione dello spessore delle barriere fonoisolanti – sia in ambito aereo che sottomarino – per una determinata frequenza. Il progetto mira così a sostituire barriere tradizionali spesse fino ad anche un metro con soluzioni di pochi centimetri, mantenendo comunque livelli di performance comparabili.
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