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«Appennino: gli errori commessi» | Redacon


Sono trascorsi ormai oltre vent’anni da quando, come Comitato Alta Val Secchia, segnalavamo la necessità di politiche diverse per i nostri territori.

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Chiedevamo che, oltre alla prosecuzione della Gatta–Pianello almeno fino al ponte di Giarola, si affiancassero alle politiche sul turismo anche altre politiche mirate a incrementare il lavoro nelle nostre zone. In particolare, proponevamo l’introduzione di agevolazioni fiscali per chi investiva e creava occupazione nelle aree dislocate lungo l’asse del Secchia. Inoltre, sollecitavamo l’attuazione di politiche volte a dotare i territori di servizi adeguati per le famiglie, affinché potessero continuare a vivere qui.

Segnalavamo anche il grave spopolamento del crinale, che rappresentava un serbatoio di vitalità per il capoluogo della montagna, Castelnovo ne’ Monti, e la crescente chiusura dei servizi. Avvertivamo che questa situazione, a lungo andare, avrebbe coinvolto anche Castelnovo stesso.

Purtroppo, a distanza di anni, dobbiamo riconoscere che i fatti ci stanno dando ragione: i nostri territori, al di là di quanto alcuni sostengano, stanno soffrendo un costante spopolamento e una progressiva riduzione dei servizi.

Sul tema del nostro Appennino desidero anche richiamare quanto scritto da Romeo Ferrari, in occasione della festa per i cinquant’anni della ditta da lui fondata, e quanto riportato dall’ex sindaco di Ramiseto, Martino Dolci, che di fatto si è visto costretto a vendere le mucche e a cessare la produzione del Parmigiano Reggiano di montagna. Entrambi hanno evidenziato le gravi difficoltà che attraversa oggi il mondo dell’agricoltura sull’Appennino: considerazioni che condivido pienamente.

In questi giorni si sono svolti convegni per analizzare lo stato dei nostri territori, e il presidente del Parco Nazionale ha dichiarato che “l’Appennino non sta morendo, sta cambiando”.

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Desidero esprimere personalmente la mia interpretazione di ciò che sta accadendo e porre alcuni interrogativi.

Ritengo che, in questi anni, non siano state adottate politiche adeguate per i nostri territori. Ci si è nascosti dietro la parola “turismo”, e su questa base si è cercato il riconoscimento dei valori ambientali del territorio (MAB UNESCO, promozione con visite guidate promosse dal Parco, ecc.).

Alcuni, di fronte alle mie perplessità verso queste politiche unicamente ambientali, mi rassicuravano dicendo che, una volta entrati nel circuito MAB UNESCO, frotte di turisti avrebbero visitato i nostri territori.

Li sto ancora aspettando.

Questa scelta, a mio avviso errata, è stata sostenuta a tutti i livelli: Stato, Regione, Provincia e vari enti locali, con interventi che spesso mi sembravano più “elemosine” atte a tacitare le persone. Come interpretare, ad esempio, il contributo a fondo perduto per chi acquistava o ristrutturava una casa portandovi la residenza, o il taglio dell’IRAP per i lavoratori autonomi e le piccole imprese, ma non per le piccole-medie e medie imprese che invece danno lavoro a molte persone, quasi fosse una colpa?

Per quanto riguarda i servizi, assistiamo quotidianamente a una desertificazione del territorio: negozi, bar, ristoranti e altri servizi chiudono, lasciando i piccoli borghi spesso completamente privi di supporto, a dimostrazione della scarsa capacità degli enti pubblici di affrontare il problema.

Un’eccezione positiva è rappresentata dal Comune di Castelnovo ne’ Monti che, grazie alle politiche intraprese in ambito sportivo e al miglioramento dei servizi (rifacimento delle scuole, delle palestre e altri interventi), ha seguito una strada innovativa, dando impulso al proprio territorio. Un percorso che anche altri comuni hanno iniziato a intraprendere, con l’obiettivo di offrire maggiori servizi ai cittadini.

Non ho invece compreso la scelta del Comune di Villa Minozzo di rinunciare al finanziamento dell’INAIL per le aree interne e ai fondi dell’Unione dei Comuni, per un totale di oltre 3 milioni di euro, che avrebbero permesso di costruire nuove scuole medie con palestra e altri servizi.

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Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui “l’Appennino non sta morendo, sta cambiando”, il vero tema è capire se stia cambiando in meglio o in peggio. Chiedete a chi è nato e vissuto in questi territori: la maggior parte dirà che la qualità della vita è peggiorata, ed è per questo che la gente se ne va.

I dati del Comune di Villa Minozzo, relativi al periodo 2019–2024 e citati per dimostrare una presunta stabilità demografica, sollevano alcune domande:

  • I nuovi residenti si distribuiscono su tutto il territorio comunale o solo nei principali centri abitati?
  • I servizi, in questi anni, sono aumentati nelle varie frazioni o sono diminuiti?
  • I nuovi residenti vivono in alloggi idonei e si sono integrati con la popolazione?
  • Quante delle nuove residenze sono effettive, e quante invece sono solo “sulla carta”?

Descrivo ora la situazione della Val Lucola, che conosco perché vi abito:

  • Sologno: 1 bar, 0 negozi (segnalo inoltre la chiusura dell’ambulatorio medico e dell’ostello);
  • Carù: 0 bar, 0 negozi;
  • Cerrè Sologno: 1 bar con vendita di generi di prima necessità, 0 negozi;
  • Primaore: 0 bar, 0 negozi.

Non credo che la situazione sia molto diversa nelle altre zone.

Ora ditemi voi: come si sente la popolazione, specie quella anziana e non automunita, a vivere in questi paesi?

Personalmente, non vedo quell’affollamento di servizi, scuole e attività agricole di cui si parla. Sarei curioso, ad esempio, di conoscere i dati reali degli alunni che frequentano la scuola di Minozzo, depurati dalle presenze provenienti da aree del comprensorio di Villa Minozzo capoluogo.

Il dato vero è che la nostra generazione – che pure ha fatto molte cose positive – ha fallito, a tutti i livelli, nelle politiche per le aree interne.

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E dobbiamo, ciascuno per il ruolo che ha ricoperto, assumerci la responsabilità politica di questo fallimento.

Ferrari Piero



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