In Europa e in Italia il futuro delle imprese passa dalla semplificazione e dalla digitalizzazione.
La Commissione Europea ha fissato un obiettivo ambizioso: ridurre di 37,5 miliardi l’anno i costi amministrativi per le imprese entro il 2029.
Un taglio del 25% per tutte le aziende, e del 35% per le PMI, con l’obiettivo di rendere il sistema produttivo più competitivo e meno burocratico.
Intanto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mette sul piatto oltre 46 miliardi di euro per innovazione e competitività, di cui oltre 6 finalizzati ad accelerare la diffusione della banda ultralarga e del 5G. In particolare, il Piano 5G ha l’obiettivo di connettere oltre 1.300 aree a fallimento di mercato altrimenti non raggiungibili dalla connettività mobile. L’Italia riuscirà a completare questi progetti?
È tempo di fare il punto su semplificazione, digitale e competitività.
Ubaldo Pagano (PD), vicepresidente della Commissione parlamentare per la semplificazione, ha sottolineato l’importanza di distinguere tra burocrazia inutile e norme che garantiscono la tutela dei cittadini, come nel caso dei controlli sui prodotti alimentari. «Non bisogna etichettare tutto come burocrazia. Alcune procedure servono alla protezione del consumatore. L’UE spinge per 40 miliardi di tagli, ma vanno selezionati con attenzione: la spesa degli enti territoriali supera i 15 miliardi, quella della giustizia oltre 40, e i ritardi nei pagamenti degli enti locali costano 50 miliardi l’anno», ha evidenziato.
Pagano ha poi ribadito la centralità del lavoro della Commissione, che si concentra su casi concreti, con l’obiettivo di individuare i soggetti più adatti ad agire e promuovere la digitalizzazione della pubblica amministrazione. «Non basta legiferare o stanziare fondi: serve un funzionamento reale e continuo della macchina amministrativa, con presidi stabili, non solo follow-up».
Costanzo Della Porta, senatore di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Affari Costituzionali, ha presentato la sua proposta di legge per la semplificazione, sviluppata in sinergia con il Governo, ora nella fase di esame degli emendamenti (409 in tutto).
Il disegno di legge, ha spiegato, punta a “liberare risorse” da destinare a settori chiave come sanità, giustizia e welfare. Tra i punti principali: semplificazioni nel settore logistico (norme sui pallet), nel mondo del lavoro, nella pubblica amministrazione, ma anche in ambiti più specifici come il reclutamento dei comandanti delle navi, le pratiche cimiteriali e l’implementazione della farmacia dei servizi per potenziare la medicina di prossimità.
Troppa confusione se chi decide non conosce il territorio
Più critico verso l’approccio centralistico è stato Gianangelo Bof, vicepresidente della Commissione per la semplificazione (Lega), che ha posto l’accento sulla necessità di rispettare il principio di sussidiarietà.
«Il problema nasce quando soggetti senza competenze specifiche – e spesso lontani dal territorio – si arrogano il compito di normare. Un esempio emblematico è l’Unione Europea, che talvolta interviene su materie che esulano dalle sue reali competenze, imponendo regolamenti calati dall’alto e spesso inadeguati».
Secondo Bof, questo porta a una doppia inefficienza: «Da un lato si appesantisce l’apparato burocratico, dall’altro si crea una distanza tra norma e realtà. La vera semplificazione passa dalla chiarezza su chi è titolato a intervenire e dall’evitare l’ipertrofia normativa che finisce per danneggiare cittadini, imprese e autonomie locali».
Allineare le norme nazionali e locali
«Negli ultimi anni, nel settore delle telecomunicazioni, Governo e Parlamento hanno introdotto importanti misure di semplificazione dell’iter autorizzativo per la realizzazione delle infrastrutture digitali. Tuttavia, ciò che ancora manca è un adeguamento coerente dei regolamenti locali rispetto alla normativa nazionale. Un dato emblematico aiuta a comprendere la portata del fenomeno: rispetto ai piani di sviluppo delle nostre infrastrutture, in caso di contenzioso amministrativo il Consiglio di Stato dà ragione ad Inwit nel 99% dei casi. Questo dimostra chiaramente che il disallineamento tra i diversi livelli normativi è la causa principale dei ricorsi. Il risultato? Tempi autorizzativi inutilmente lunghi e costi elevati anche per le amministrazioni, che finiscono per ricadere sulla collettività. Per questo una maggiore coerenza normativa tra il piano nazionale e quello locale deve diventare una priorità, se davvero vogliamo raggiungere gli obiettivi europei in materia di connettività e digitalizzazione. Tutto continuando nel costante dialogo con gli enti locali», ha dichiarato Michelangelo Suigo, direttore Relazioni esterne, Comunicazione e Sostenibilità di Inwit, intervenendo a Largo Chigi, il format televisivo in onda su Urania TV.
La puntata integrale di Largo Chigi
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