Si è tenuto ieri, presso il Senato della Repubblica, l’incontro “Crediti Ambientali e Finanza Climatica”, promosso da Forever Bambù con il patrocinio del Senatore Antonio Trevisi (Commissione Finanze), in collaborazione con Cisambiente Confindustria e con il coordinamento giornalistico di Marco Merola, esperto di transizione ecologica.
Un pomeriggio di confronto tra istituzioni, imprese e associazioni per delineare il futuro dei crediti di carbonio ad alta integrità di origine agricola e costruire un sistema nazionale integrato di mercati ambientali, in grado di sostenere la decarbonizzazione del tessuto produttivo italiano e l’allineamento agli obiettivi europei.
La proposta avanzata nel corso del dibattito ha puntato in modo deciso ad una proposta di legge per la detassazione degli investimenti in ambiente, introducendo meccanismi fiscali incentivanti che valorizzino il ruolo attivo di aziende agricole e imprese in ottica ESG.
Racconta Emanuele Rissone, fondatore e presidente di Forever Bambù: “Siamo felici di essere arrivati in Senato con questa battaglia che non è solo nostra, ma di tutte le aziende che vogliono ottemperare alle richieste normative della Comunità Europea, ma che ritengono insostenibile l’attuale carico fiscale per riuscire a farlo. Noi ci abbiamo creduto per primi, piantumando e allevando oltre 200 ettari di bambuseto che producono crediti di carbonio perfetti per le aziende di tutta Italia e per il nostro ambiente. Ma, come apparso chiaro dal confronto odierno, l’ostacolo per tutti continua a rimanere quello del costo di investimento, soprattutto se comparato a prodotti di mero greenwashing. E insieme puntiamo, con tutti gli attori della filiera, a proteggere una decarbonizzazione davvero Made in Italy, alla stregua della moda, del design, del cibo e di tutto ciò che rende unico il nostro Paese”. Sono infatti già disponibili 1 milione di carbon credit ad alta integrità, solo nei bambuseti italiani del Gruppo che oggi dispone 1.200 ettari di proprietà e in gestione, di cui 870 in Italia e 330 in Europa: un enorme polmone verde a servizio della decarbonizzazione delle aziende italiane.
L’evento ha evidenziato la necessità urgente di colmare il gap legislativo che ancora separa l’Italia da un mercato dei crediti ambientali trasparente, tracciabile e fiscalmente incentivato. Un’occasione che ha segnato un passo avanti importante verso una finanza verde concreta, equa e al servizio del Paese.
“Occorre dare pieno riconoscimento al valore ambientale generato dall’agricoltura rigenerativa, creando strumenti concreti per le imprese che scelgono un futuro a basse emissioni” ha aggiunto Lucia Leonessi, Direttore Generale di Cisambiente Confindustria. “Sono comunque le imprese che devono sempre fare la loro parte: senza la loro scelta, decisa e responsabile, non possiamo pensare di farcela”.
“I crediti ambientali hanno un valore strategico per la lotta ai cambiamenti climatici, ma come tutti gli incentivi devono essere usati in modo intelligente, senza ‘drogare’ il mercato. Da anni sostengo una misura che ha finalmente trovato piena attuazione, ossia il credito energetico, che prevede impianti fotovoltaici al 100% a fondo perduto, a condizione di cedere una parte dell’energia prodotta allo Stato che, negli anni, avrà un ritorno dagli investimenti fatti. Pensiamo poi agli incentivi per la riforestazione, che servono a contrastare i cambiamenti climatici, a mitigare il rischio idrogeologico e, nel caso del bambù, anche a creare una nuova filiera. E’ fondamentale che questi incentivi siano di medio-lungo periodo, prevedano regole chiare e un ritorno per lo Stato. Se il superbonus fosse stato destinato alle famiglie veramente in difficoltà, sarebbe potuto durare 10-15 anni. Dobbiamo imparare dagli errori del passato”, ha commentato il Senatore Antonio Trevisi.
“Non esiste transizione ecologica senza transizione culturale. Capire che bisogna utilizzare ogni mezzo possibile, meglio se naturale, come il bambù, per la cattura e lo stoccaggio della CO2 significa capire che la sfida che abbiamo davanti è lunga, complessa e, soprattutto, inevitabile”, ha concluso Marco Merola.
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