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Da Valdagno a Chiang Mai un focolare si trova sempre


Thailandia, Pakistan, Filippine, Svizzera, Camerun, Treviso, Valdagno. Riavvolgere il nastro del tempo nella vita di Giorgio Pier Luigi Vencato significa fare un viaggio nello spazio di oltre novemila chilometri. È questa la distanza tra la città d’origine del missionario vicentino, focolarino laico, e Chiang Mai, dove vive attualmente.

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«A Valdagno sono nato 72 anni fa – racconta Giorgio, in contrato nell’ufficio di Missio Vicenza prima di ripartire per la Thailandia, dopo un periodo in Italia -. A 19 anni ho conosciuto l’esperienza dei Focolari, e mi sono innamorato di questa vita. Avevo 22 anni quando sono partito per Loppiano per la formazione alla vita comunitaria, sono poi entrato nel Focolare di Treviso, dove sono rimasto a lungo. Lavoravo come tecnico di laboratorio. Poi mi è stato chiesto se ero disponibile a chiedere aspettativa dal lavoro e partire per il Camerun». A Fontem c’era bisogno di avviare un laboratorio di analisi, e Giorgio era la persona con le competenze giuste. «Quando sono arrivato c’era solo un microscopio, la necessità di avere un laboratorio di analisi medi che più completo era tanta, altrimenti non si potevano diagnosticare patologie tipo epatiti, danni renali, diabete, malattie ematologiche ed altro». Conclusa l’esperienza in Camerun, e dopo aver formato al lavoro di laboratorio alcuni locali, Giorgio è rientrato a Treviso nel Laboratorio di Igiene pubblica, praticando le analisi degli alimenti. «Nei Focolari era nata l’idea della “economia di comunione”, da promuovere facendo nascere imprese sociali. Avendo acquisito conoscenze nel controllo di qualità alimentare, mi è stato chiesto se me la sentivo di andare in Svizzera per aiutare un’azienda del settore alimentare che dava sostegno economico ad un Centro di Formazione del Focolare, a Friburgo. Iniziava una nuova avventura, alla quale mi sono dedicato per 12 anni».

Dalla ricca Svizzera il lavoro di Giorgio Vencato si è spostato nelle baraccopoli di Manila. «Mi piaceva molto la realtà filippina, impregnata di cultura cattolica, seppure evidenziata da tremendi squilibri sociali e umani. Sono nati tantissimi bei rapporti che rimangono vivi a distanza di anni. Si cercava ad un certo punto qualcuno disponibile per i Focolari in Pakistan e mi sono offerto. Mi sono trasferito nella comunità di Karachi, sempre con l’idea di far partire un’azienda improntata a finalità sociali. Avevamo tutto pronto ma il covid si è messo di mezzo e il progetto è tramontato. Il Visto di permanenza in Paki stan non ha potuto essere rinnovato e oggi vivo nel focolare di Chiang Mai».

Il legame tra la Thailiandia e i Focolari ha radici profonde. Negli anni ’80 giovani buddhisti hanno messo in contatto Chiara Lubich con alcuni monaci di rilievo che cercavano il dialogo con il mondo cristiano, chiedendo che a Chiang Mai ci fosse un Focolare, maschile e femminile.

Chiang Mai «è una bella cittadina – racconta Vencato -. Non diresti mai che ha problemi sociali. Invece ci sono, eccome. Non si vedono se non si sa dove guardare, ma ci sono persone che vivono in tuguri innominabili. Qui inizia la giungla thailandese, molto vasta si sviluppa anche nel Laos, in Cina e in Myanmar. In città confluiscono indigeni delle diverse tribù delle foreste in cerca di lavoro. E arrivano pure birmani che fuggono dalla guerra. Questa gente ha pochi mezzi e quindi il Focolare ha iniziato ad organizzare programmi educativi e di sostegno alle famiglie che vivo no in baracche nei sobborghi di Chiang Mai, in collaborazione con la Caritas diocesana.

In tutti questi anni e in tutti questi Paesi Giorgio ha sempre vissuto in un Focolare. «È una esperienza particolare, una vera e propria consacrazione anche se restiamo laici. È un vivere in famiglia, non siamo mai più di tre o cinque persone, spendendosi all’interno della società e accanto alla gente. È un dono meraviglioso quello di sentirci amati da Dio. Per questa ragione non mi sono sposato. Sono molto legato alla mia famiglia naturale, ci vogliamo bene davvero. La mia famiglia ora è anche la comunità di fratelli con i quali vivo. Sento mia famiglia la Chiesa, i sacerdoti, religiosi, religiose, lai ci con i quali cerchiamo di testimoniare qui l’amore che ci ha insegnato Gesù».

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Andrea Frison

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