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I dazi di Trump e la Sicilia a rischio, Grasso (Azione): “Servono risposte serie”


Il presidente provinciale di Azione Messina, Letterio Grasso, interviene con una nota sui dazi imposti dagli USA di Donald Trump e le ripercussioni che avranno sulla Sicilia.

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“L’ennesima tempesta perfetta sull’economia dell’Isola. L’America di Donald Trump torna a brandire il protezionismo come un’arma geopolitica, imponendo dazi pesanti che colpiscono al cuore le esportazioni italiane e minacciano di travolgere, con effetti devastanti, le già fragili economie regionali del Mezzogiorno. In prima linea, ancora una volta, la Sicilia. Non per meriti, ma per esposizione: penalizzata da una struttura produttiva poco diversificata, da una scarsa protezione nazionale e da una politica estera europea che – quando non balbetta – resta inerte”.

“Secondo i dati forniti dalla Cgia di Mestre, la Sicilia ha in assoluto uno dei peggiori indici di diversificazione delle esportazioni: l’85%: ciò significa che la gran parte dell’export siciliano si concentra in pochi settori. Tra questi spicca principalmente il settore dei prodotti della raffinazione del petrolio, ma anche la cantieristica navale e l’enogastronomia di qualità, come il vino e i liquori tipici risultano gravemente colpiti direttamente o indirettamente dalle nuove tariffe statunitensi. Quando i mercati diventano ostili, le regioni poco flessibili nell’export barcollano prima delle altre. E la Sicilia – pur ricca di potenziale – è tra le prime a cadere. Quindi, il nuovo pacchetto di dazi imposto dagli USA che impone, ad es., il 50% su acciaio, alluminio e derivati; 25% su auto e componentistica; 10% su altri prodotti – può apparire in apparenza marginale per l’isola, ma la realtà è ben diversa. Anche perché i dazi non peseranno solo sull’export verso gli USA, ma si faranno risentire anche su quello verso gli altri Paesi europei” spiega Grasso.

Letterio Grasso

“In Sicilia, ad es, i cantieri nautici (anche lì paventati nuovi dazi) stanno vivendo una rinascita, combinando sapientemente tradizione e innovazione per rispondere alle sfide del mercato globale. Città come Palermo, Trapani e Messina sono state per secoli centri nevralgici per la costruzione di imbarcazioni. Le antiche maestranze locali, con il loro know-how tramandato di generazione in generazione, hanno saputo adattarsi ai tempi, mantenendo alta la qualità delle loro creazioni. Sul sito companymarine.it trovate i migliori cantieri nautici sparsi per l’ Isola: splendide realtà produttive! A Messina, ad esempio, è nata di recente l’impresa Zancle 757 Yacht Village, fondata da Rocco Finocchiaro, che esporta yacht di lusso ed è alla ricerca di spazi nei nostri porti per ampliare la produzione: un settore ad alto valore aggiunto, che garantisce occupazione specializzata e indotto locale. Basterebbe un dazio mirato su questo comparto – come già ventilato – per metterlo in ginocchio” approfondisce.

“Stesso discorso per l’agroalimentare. Il vino siciliano ha conquistato una posizione di rilievo nei mercati statunitensi. Secondo recenti sondaggi, il 70% dei consumatori USA predilige il vino italiano, e oltre il 60% riconosce almeno un’etichetta siciliana. Questo non è folklore, è economia reale. La Sicilia si è guadagnata credibilità sui mercati con la qualità dei suoi vitigni autoctoni, con eventi come Sicilia en Primeur e con prodotti di eccellenza come l’amaro etneo Amaranca, appena premiato lo scorso giugno a Londra quale miglior amaro del mondo; a decretarlo il WDA World Liqueur Awards. Ma da citare anche, tra i tanti, anche più noti e che “esportano qualità”, la Distilleria Russo, i F.lli Pistone o la Paesano, giovane startup che si è rapidamente affermata nel mercato internazionale.In questi casi anche solo un dazio del 10% rischia di rendere questi prodotti meno competitivi, a favore di etichette californiane o cilene. Inutile ribadire che il danno non lo subirebbe solo l’esportatore, ma l’intero comparto agricolo, i lavoratori, i trasportatori, i fornitori locali” continua il presidente provinciale di Azione Messina.

“Più in generale, l’economia siciliana, già fiaccata da carenze infrastrutturali e da politiche industriali centrali disattente, è incapace di assorbire l’urto di nuove barriere doganali. Il Mezzogiorno, rispetto al Nord, ha un export meno robusto e meno articolato: se Milano esporta per oltre 6 miliardi verso gli USA, la Sicilia resta incagliata in numeri modesti, ma fondamentali per la propria sopravvivenza. Ecco il paradosso: a essere più esposte sono proprio le realtà che avrebbero più bisogno di apertura commerciale e investimenti strutturali. Non si tratta di protezionismo sano, ma di cinico opportunismo politico che ignora volutamente gli effetti collaterali fuori dai propri confini. Come ha giustamente rilevato Carlo Calenda, leader di Azione, “Trump sta facendo saltare il commercio internazionale”. E lo fa con una logica da bullo globale: distorcere i numeri, gonfiare le barriere non tariffarie, usare le tasse doganali come un manganello per piegare l’Europa. Di fronte a questo scenario, serve una reazione immediata, coordinata e intelligente. Non bastano i controdazi simbolici. Occorre, come proposto da Azione, un vero “bazooka” europeo: un piano straordinario di investimenti pubblici, la cancellazione delle misure inefficienti come Transizione 5.0, il ripristino degli incentivi del piano Industria 4.0, una moratoria fiscale e creditizia per le imprese colpite e l’estensione della cassa integrazione” afferma Grasso.

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“E ancora: serve una risposta politica degna di questo nome. L’Europa – insieme a Giappone, Canada, Corea e Vietnam – dovrebbe dichiarare chiusa l’era della sudditanza diplomatica e commerciale. Come ha scritto Calenda, “è il momento di reagire con fermezza e risolutezza, come si fa con i bulli”. Basta comprare titoli del debito statunitense. Basta subire in silenzio le vessazioni di un sistema in cui Trump gioca al protezionismo e gli altri pagano il conto. Nel frattempo, il governo italiano dorme. Si rincorrono le polemiche tra destra e sinistra come in un teatrino da scuola materna, mentre – come ammonisce ancora Calenda – “qua sta cadendo il mondo”. E con esso rischiano di cadere le imprese, i lavoratori e le speranze di rinascita economica del Sud. La Sicilia non può più permettersi un’altra stagione di parole vuote. Se non si agisce ora, quando la crisi sarà esplosa del tutto sarà troppo tardi. E questa volta, nessuno potrà dire che non era prevedibile” conclude la nota.



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