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“Tariffe imposte in modo unilaterale. L’industria dell’auto Ue è all’angolo”


Marco Bonometti, presidente e amministratore delegato di OMR automotive, racconta delle difficoltà dell’automotive nell’epoca dei dazi americani. E propone alcune ricette.

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Quali sono le principali criticità che riscontrate nell’applicazione dei dazi su veicoli e componenti d’importazione?

“Questa svolta veloce dei dazi da parte degli Usa sta minando la competitività delle aziende europee e italiane. Il risultato concreto sarà un incremento dei costi di produzione e dei prezzi di vendita. Questo è gravoso per l’automotive, dove la marginalità è bassa ed è legata ai volumi e all’efficienza dei mercati globali. Le misure adottate finora appaiono veloci, disordinate, senza un coordinamento con le aziende industriali, e finiscono per compromettere la stabilità delle imprese”.

Qual è il problema specifico nella loro attuale applicazione?

“I dazi sono uno strumento che in tutti i Paesi viene utilizzato in termini di politica economica. Il problema, però, riguarda il modo in cui i dazi sono stati applicati. Sono stati imposti in maniera unilaterale, privi di reciprocità e senza alcun confronto preventivo con gli industriali. Questo approccio genera una mancanza di fiducia tra i partner commerciali e un clima di incertezza che frena investimenti e programmazione”.

In che modo l’assenza di reciprocità nei rapporti commerciali sta penalizzando le aziende europee nell’automotive?

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“L’assenza di reciprocità nelle relazioni transatlantiche crea un forte squilibrio competitivo. Le aziende europee, che rispettano rigorosi standard e normative, vengono penalizzate dalle barriere imposte dagli Usa. Di conseguenza, le opportunità di mercato si riducono molto. Non si tratta più di una competizione a pari condizioni, nonostante gli investimenti e i contributi occupazionali che le imprese europee hanno già portato in quel Paese”.

Quali effetti stanno già emergendo ?

“Dal momento che le filiere automotive sono interconnesse, queste misure creano una instabilità nelle decisioni commerciali, frenando lo sviluppo anche in Usa. La difficoltà nel programmare gli investimenti rallenta l’innovazione e, soprattutto, limita gli ampliamenti produttivi in un contesto in cui le regole cambiano di giorno in giorno. In questo senso, si sta replicando un modello simile a quello italiano, dove manca la certezza del diritto”.

La vostra azienda ha investito molto negli Usa.

“Devo dire che abbiamo investito molto negli Usa. Abbiamo realizzato un nuovo stabilimento e creato occupazione. Lo abbiamo fatto durante il primo governo Trump, che ci ha incentivato: ci ha ceduto terreno e ci ha aiutato a costruire un capannone a un dollaro. Oggi, però, queste nuove misure ci trasmettono incertezza e ci penalizzano per i componenti che dobbiamo importare per completare i prodotti destinati ai clienti. Siamo frenati, ma crediamo che gli investimenti fatti e l’occupazione creata possano tutelarci da ulteriori penalizzazioni”.

Lei propone l’esenzione dai dazi per le filiere integrate.

“Dovrebbero essere esentati dai dazi quei prodotti fondamentali per la filiera produttiva Europa-Usa. Parliamo di componenti che rappresentano tecnologie avanzate e volumi strategici: parti a basso costo o ad alto contenuto tecnologico che non sono prodotti negli Usa, ma che risultano essenziali per la competitività. L’esenzione dovrebbe estendersi anche a beni strumentali e macchinari, utili ad allargare e rafforzare il sistema manifatturiero Usa, che ancora oggi presenta carenze in alcune competenze e tecnologie. Solo così si può garantire un flusso continuo di innovazione e promuovere una vera reindustrializzazione, anche grazie all’apporto della tecnologia europea”.

Quali vantaggi porterebbero gli incentivi congiunti?

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“Incentivi congiunti favorirebbero lo sviluppo di una vera collaborazione industriale tra Ue e Usa, stimolando investimenti condivisi e un’innovazione continua. Questo approccio sarebbe preferibile rispetto a politiche protezionistiche, perché genera sinergie e rafforza la competitività, consolidando al tempo stesso le rispettive filiere produttive. Inoltre, consentirebbe ai clienti globali di contare su standard qualitativi e tecnologici omogenei”.

Del resto le tecnologie europee contribuiscono all’industria americana.

“L’industria automotive americana ha subito un forte ridimensionamento dopo la crisi e il fallimento di Detroit: è fallita un’intera città, un evento senza precedenti a livello mondiale. Oggi, il settore industriale Usa necessita di una trasformazione. Le tecnologie europee rappresentano un patrimonio fondamentale per sostenere la transizione verso una manifattura più avanzata e competitiva.

Esentarle dai dazi non è solo una questione di equità, ma una scelta strategica per la reindustrializzazione americana, che la renderebbe meno dipendente dalla tecnologia asiatica e più aperta a una vera cooperazione con l’Europa”.



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