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Un forno elettrico per Cornigliano: “Deciderà un tavolo di confronto tra governo e territorio”


A decidere della Cornigliano che verrà, è la richiesta della neo sindaca della città «in rappresentanza di tutti i genovesi», dovrà essere un tavolo nazionale di confronto «che coinvolga tutti: – elenca Silvia Salis – il Governo, la Regione, il Comune, ma anche i sindacati e le parti sociali di Genova e tutto il Nord Italia». Sulla possibilità che le aree vista mare dell’ex Ilva diventino sede della realizzazione del quarto forno elettrico previsto nel piano di decarbonizzazione delle acciaierie nei piani dell’esecutivo, però, c’è già una città che discute, si interroga, chiede «certezze, più che promesse», è voce condivisa. A raccontarlo in forma plastica, ieri, il salone del Tower Hotel dell’aeroporto, dove in attesa dell’incontro di oggi a Roma tra Salis e il ministro delle Imprese Adolfo Urso, il convegno dedicato organizzato dalla Fiom è diventato una sorta di lancio preventivo del progetto. Ampie parti di città a indicare nel piano governativo «un’occasione di reindustrializzazione sostenibile da non perdere», altre a mettere in guardia dai rischi di un ritorno al passato.

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Se sul fronte nazionale la «settimana decisiva» annunciata da Urso per il salvataggio dello stabilimento ex Ilva di Taranto e della siderurgia nazionale è già diventata altro, con lo slittamento delle firme sul piano governativo di rilancio al 31 luglio, Genova del resto per ora può solo che rimanere alla finestra, «e discutere, confrontarsi, mettere sul tavolo le informazioni utili alla decisione che serve una volta per tutte sulla vocazione siderurgica di Cornigliano», spiega Armando Palombo, storico rsu in Ilva, primo curatore del convegno.

Nella sala, strapiena, ci sono così le magliette rosse della Fiom e i rappresentanti sindacali di fabbrica di Cornigliano, ci sono i parlamentari del territorio e la politica locale, ci sono sponsor dichiarati dell’opportunità avanzata dal governo (per primi la gran parte degli attuali lavoratori dell’acciaieria, che il forno elettrico dovrebbe portare a raddoppiare ) e insieme vari rappresentanti del fronte del no. I coordinatori locali dei partiti che si sono già più o meno detti contrari al progetto, verdi in testa, e alcuni volti dei comitati di quartiere già in movimento per contestare la possibilità che proprio lì dove inquinava l’Italsider si possa tornare a produrre a caldo, seppur con «un impianto di nuova generazione, il meno impattante che esista al mondo, sia in termini di emissioni che di rumore», si rivendica dal Board Danieli, tra le prime imprese specializzate in impianti industriali, in qualche modo l’ospite più atteso di giornata.

Ma davanti allo stand by del piano di decarbonizzazione portato dal Governo, rappresentato al convegno dal videomessaggio del viceministro Edoardo Rixi, rimangono sul tavolo anche e soprattutto variabili. Lo sottolineavano nei giorni scorsi deputati e consiglieri di opposizione, dall’ex ministro Andrea Orlando a Valentina Ghio, lo dice chiaro la sindaca Salis. «Il piano parla di sviluppo e nuovi posti di lavoro, ma anche di incognite da approfondire: chi paga questo investimento, tra i 5 e gli 8 miliardi di euro? E qual è la reale ricaduta occupazionale? E poi, il tema che sta più a cuore a tutti: qual è la sostenibilità ambientale e sociale di questo progetto?».

E ancora: «Le risposte sull’impatto ambientale vanno cercate nella scienza e negli esperti, perché negli anni la tecnologia è cambiata – è l’apertura di Salis – ma questo non vuole dire far passare qualsiasi cosa in nome del lavoro, né rischiare di metter gli uni contro gli altri lavoratori e cittadini». Di fatto il messaggio che oggi la sindaca porterà nell’ufficio del ministro Urso, nella lunga giornata romana che la porterà a incontrare anche la ministra dell’Università Annamaria Bernini, condita però con i dubbi che almeno fino alla fine del mese rimarranno nel dibattito cittadino.

A vent’anni dall’accordo di programma che nel 2005 segnò la fine di un’era, con lo stop della produzione a caldo, di certo si sa chi chiede di «ascoltare e valutare» la proposta governativa. C’è la posizione della Regione («Siamo davanti a un segnale concreto per garantire la continuità dello stabilimento, tutelare i posti di lavoro e rafforzare il ruolo della Liguria nella filiera», è la benedizione del consigliere delegato Alessio Piana), c’è soprattutto quella della stessa Fiom. «Per la prima volta l’occasione di rilancio entra in un piano bollato dal governo – fa sintesi il segretario Stefano Bonazzi – Da oggi, quella che fino a ieri era accademia diventa qualcosa di concreto. Un forno elettrico significa 600, 800 lavoratori in più a Genova: uno sviluppo dal punto di vista occupazionale e sulla qualità del lavoro. Noi pensiamo ci possa essere uno sviluppo significativo per la siderurgia genovese. noi ci batteremo per questo».

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