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Cala del 14% il crowdinvesting in Italia,rileva il Politecnico di Milano


Continua a contrarsi il mercato del crowdinvesting: da luglio 2024 a giugno 2025 e soprattutto a partire da gennaio si è registrato un nuovo calo del 14%, ancora più marcato della diminuzione del 5,3% dell’anno precedente. La raccolta è stata pari a 260,65 milioni di euro, cifra che porta il valore cumulato totale da quando esiste il crowdinvesting in Italia a circa 1,57 miliardi di euro. Lo rileva il decimo rapporto italiano sul crowdinvesting, realizzato dall’Osservatorio omonimo della School of Management del Politecnico di Milano, presentato questa mattina.

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Un quadro a tinte fosche che si contrappone a quello europeo: Over Ventures nei giorni scorsi ha certificato una crescita del crowdfunding in Ue, con una raccolta di circa 160 milioni di euro in ben 202 campagne pubbliche promosse da pmi e startup nel primo semestre 2025. 

È ormai entrato a regime il regolamento europeo ECSP (European Crowdfunding Service Providers) relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, dallo scorso anno punto di riferimento per tutti gli operatori. Al 30 giugno 2025 risultavano autorizzate 42 piattaforme in Italia (cifra che è seconda solo alla Francia nell’Unione Europea e in aumento rispetto alle 33 dell’anno precedente), oltre a una italiana autorizzata in Spagna, contro le 33 censite l’anno precedente, una cifra che pone l’Italia al secondo posto in Europa dopo la Francia (61 portali). Diversi operatori attivi in passato hanno rinunciato a candidarsi per la nuova autorizzazione, che richiede una serie di adempimenti più onerosi. Fra quelli autorizzati, 22 hanno chiesto di operare nel collocamento di titoli mobiliari, 14 in quello di prestiti diretti, 6 in entrambi i segmenti.

L’EQUITY CROWDFUNDING

Negli ultimi 12 mesi le campagne equity hanno raccolto sul mercato 110,95 milioni di euro, valore praticamente invariato rispetto al periodo precedente, portando la raccolta totale di capitale di rischio cumulata a 792,93 milioni di euro. Hanno recuperato terreno i progetti immobiliari (+32%) mentre continuano a soffrire i progetti non immobiliari (-19%). Le nuove campagne di raccolta di capitale di rischio sono state 160, stabili rispetto allo scorso Report e con un tasso di successo tendenziale che si mantiene alto (88%): sale l’incidenza dei progetti immobiliari (49), che raggiunge la percentuale record del 30,6%.

Il valore medio del target di raccolta per i progetti non immobiliari negli ultimi 6 mesi è stato pari a 207.133 euro, quello dei progetti immobiliari è pari a 1.112.955 euro. Mediamente per i progetti non immobiliari viene offerto in cambio l’8,77% del capitale e si conferma la prassi di proporre titoli senza diritto di voto sotto una certa soglia di investimento (e votanti sopra la soglia), mentre nelle campagne immobiliari, sempre più numerose, prevale l’offerta di quote non votanti.

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Fra le 1.384 emittenti totali presenti sul territorio italiano, le startup innovative, che la facevano da padrone, continuano a perdere terreno e oggi rappresentano appena il 28,6%, a vantaggio delle PMI. A livello geografico, continua a tenere banco la Lombardia (565 imprese, 40,8%) seguita da Emilia-Romagna (158, 11,4%), Lazio (117, 10,1%), Piemonte (96) e Veneto (84), mentre al Sud la Campania è prima con 41 emittenti (3%). Anche se si guardano gli ultimi 12 mesi e le 141 nuove emittenti, il podio è lo stesso – Lombardia con 50 imprese (35,7%), Emilia-Romagna con 26 (18,6%), Lazio con 24 (17,1%) – ma il Mezzogiorno è praticamente assente, con solo 2 casi in Puglia e 1 in Molise. Quanto ai settori, i più rappresentati continuano ad essere i servizi di informazione e comunicazione.

La piattaforma che ha raccolto più capitale di rischio e che ha pubblicato più campagne (300) dall’inizio dell’attività è Mamacrowd, con 213,23 milioni di euro raccolti (36,75 milioni nell’ultimo anno), seguita da Walliance con 127,17 milioni. CrowdFundMe è al terzo posto con 119,68 milioni, ma se si analizzano solo gli ultimi 12 mesi la sua crescita la porta al secondo posto. Rimane significativo il gender gap degli investitori: solo il 19% sono donne, anche se la percentuale sta progressivamente salendo nel tempo.
Dopo la campagna di raccolta alcune aziende riescono a crescere in termini di fatturato e marginalità arrivando anche alla quotazione in Borsa, ma la grande maggioranza non mostra una crescita significativa e sta aumentando il numero delle emittenti che sono state chiuse e liquidate. Poche diventano profittevoli nell’immediato e solo una piccolissima minoranza riesce a superare i target rispetto ai ricavi previsti nel business plan iniziale: secondo un’indagine specifica proposta quest’anno nel Report, dopo 3 anni dalla campagna oltre un terzo delle aziende analizzate ha ricavi inferiori a 100.000 euro. Negli ultimi 12 mesi si sono registrati diversi round successivi di raccolta crowd.

IL LENDING CROWDFUNDING

Per quanto riguarda il collocamento di minibond, negli ultimi 12 mesi sono state concluse 9 campagne su 2 portali – il leader in questo ambito è Fundera – e la raccolta è stata pari a 7,65 milioni di euro (-73% rispetto al periodo precedente), con un cumulato storico di 127,67 milioni di euro. Si tratta di un comparto ancora piccolo e poco ‘popolato’. Sono praticamente scomparse dal mercato italiano le piattaforme crowd che prestano a persone fisiche, acquisite e assorbite da altri player finanziari.
Le piattaforme attive sui prestiti diretti alle imprese, invece, hanno raccolto negli ultimi mesi 142,05 milioni di euro: perdono terreno sia i progetti non immobiliari (-1% rispetto all’anno precedente) sia soprattutto quelli immobiliari (-18%), portando il cumulato storico a 646,70 milioni di euro, ben 529 dei quali relativi al real estate. Le campagne chiuse negli ultimi 12 mesi sono 391, tutte arrivate al successo. Il valore medio del target di raccolta è di 287.037 euro, il taglio minimo di investimento è più basso rispetto alle campagne equity. La scadenza del prestito richiesto è in media intorno a 15 mesi con rimborso quasi sempre bullet. Il tasso di interesse medio annuo è salito nel primo semestre 2025 al 10,07% (a giugno 2024 era 9,82%). Leader di mercato negli ultimi 12 mesi si conferma Recrowd con 61,12 milioni di euro raccolti e uno storico cumulato di 219,37 milioni. Seguono a distanza Ener2Crowd con 16,62 milioni di euro all’attivo e Trusters con 15,38 milioni, che è però in cima al podio per numero di campagne.

IL REAL ESTATE CROWDINVESTING

L’industria del real estate crowdfunding negli ultimi due anni ha avuto un ruolo fondamentale nel sostenere il mercato del crowdinvesting in Italia. Tipicamente si tratta di progetti di breve-medio termine che mirano a riqualificare, o realizzare ex novo, e successivamente cedere proprietà immobiliari: il crowdfunding ha un importante ruolo di boost nel finanziamento iniziale grazie alla rapidità di raccolta e all’assenza di garanzie reali. I progetti finanziati nell’ultimo anno in questo comparto hanno raccolto 181,76 milioni di euro, -5,1% rispetto al periodo precedente. Soffrono i progetti lending (117,99 milioni) mentre recuperano quelli equity (63,77 milioni). Il primo semestre 2025 è andato abbastanza male e ci riporta ai livelli del 2022. Il rendimento medio annuale atteso è salito nel primo semestre 2025 a 14,45% per le offerte equity e 10,42% per quelle lending.

IL COMMENTO

“Siamo in presenza di un momento di difficoltà nel mercato nazionale degli investimenti finanziari veicolati con le piattaforme di crowdfunding, senza che all’orizzonte si intraveda un recupero. Le ragioni sono tante: l’aumento dei tassi di interesse, l’incertezza sui mercati globali che ha spinto a privilegiare asset class molto liquide e meno rischiose, la nuova regolamentazione ECSP che ha determinato una ‘selezione’ nel numero di piattaforme autorizzate e per alcuni player uno stop forzato alla raccolta, forse anche una certa delusione per investimenti che non hanno dato i risultati sperati. Ma non basta per spiegare il fenomeno. A dieci anni dall’avvio del crowdinvesting in Italia rimangono irrisolte molte domande. Perché la grande maggioranza delle imprese che raccolgono capitale di rischio attraverso il crowdfunding non crescono? Perché propongono business plan sistematicamente troppo ottimistici? Perché non attecchiscono i minibond che dovrebbero offrire rischi più contenuti rispetto all’equity? E perché il crowdinvesting si sta sempre più ‘immobiliarizzando”, chiosa Giancarlo Giudici (in foto), direttore dell’Osservatorio.

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