Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Grano duro, nei campi si avvicina il punto di rottura


Con prezzi decisamente non remunerativi gli agricoltori sono sempre più propensi ad abbandonare la coltura e lasciare i terreni vuoti o destinarli a ospitare pannelli fotovoltaici e pale eoliche. L’assessore regionale all’Agricoltura corre ai ripari convocando un tavolo con le associazioni di categoria

Contabilità

Buste paga

 

Con i prezzi al produttore crollati ai minimi reali storici la coltivazione del grano duro sembra non avere più prospettive. Basta osservare ciò che sta accadendo nel Foggiano, la più importante area italiana per la sua produzione.

Partendo dalle rese medie reali dell’annata appena terminata (25-30 q/ha, pur in una eterogeneità che spazia dai 10-15 q/ha del Sud foggiano ai 40-50 q/ha del Nord del Tavoliere) e dai costi reali di produzione che superano i 1000 €/ha e spesso arrivano ai 1200 €/ha non c’è futuro economico per la coltura, se si considera che i prezzi di mercato sono pari, per il grano duro fino, a 30,00-30,50 €/q (secondo la quotazione della borsa merci di Foggia del 16 luglio u.s.) e a 28,00-28,50 €/q (secondo quanto dirigenti di cooperative foggiane affermano che venga pagato nella realtà quotidiana da essi vissuta).

Pur considerando i dati più favorevoli ai produttori agricoli, la produzione lorda vendibile si attesta al livello o al disotto dei costi di produzione, il reddito netto è pari a zero oppure è negativo: ciò significa che l’agricoltore produce per recuperare a stento le spese o, più spesso, va in perdita. E questo, bisogna ricordarlo, è il caso più positivo! Per moltissimi produttori, quelli che più di altri hanno risentito dei danni causati dalla siccità (in un’annata in cui comunque è piovuto discretamente e che non è stata disastrosa sotto il profilo climatico come l’annata 2023-2024), i dati in perdita sono molto più impietosi: il reddito netto è fortemente negativo, questi agricoltori ci hanno rimesso soldi e a casa non hanno portato nulla.

Decenni di cultura agronomica perdono significato

Malgrado l’impegno degli agricoltori nel praticare una tecnica colturale adeguata ed efficace, il controllo del mercato da parte degli anelli forti della filiera lo rende vano (e della buona qualità del grano duro foggiano, pugliese e italiano si avvantaggiano altri, ma non gli agricoltori, visto che, come è emerso nei Durum Days a Foggia, la pasta italiana vola nei consensi sui mercati mondiali!).

Decenni di cultura agronomica stanno perdendo significato davanti a un mercato che non è anarchico, non è pazzo, ma è guidato e controllato per assecondare interessi che non sono quelli di chi il grano duro lo produce faticando nei campi. Tecniche come la semina su sodo, il frazionamento della concimazione azotata in più interventi, l’utilizzo dei concimi a lenta cessione e così via stanno diventando, nella generalità dei casi, armi agronomiche spuntate contro un cartello che impone prezzi non remunerativi.

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Anche gli accordi di filiera, che sono basati su prezzi di mercato e premialità e su disciplinari da rispettare rigorosamente, non sono più sufficienti a garantire ai produttori agricoli un reddito dignitoso, si limitano, semmai, ad alleggerire i danni.

In molti agricoltori cresce il malcontento per produrre ogni anno in perdita, è un malessere che si manifesta nella volontà di abbandonare la coltura del grano duro e, mancando alternative colturali, di affittare i terreni a chi voglia coprirli con pannelli fotovoltaici o pale eoliche.

A crisi grano duro Regione risponde convocando tavolo

Pentassuglia
Donato Pentassuglia

Di fronte a questo scenario impietoso gli agricoltori senza futuro accusano istituzioni politiche e associazioni di categoria di masticare parole che si rivelano chiacchiere.

Basta andare nei campi, girare per le aziende agricole, tastare il polso di chi ha sgobbato dalla preparazione dei terreni per la semina fino alla mietitrebbiatura per comprendere a quale livello di rottura sta arrivando il termometro economico e sociale di tanta parte della durogranicoltura foggiana e pugliese.

A questa situazione di grave crisi l’assessore regionale all’Agricoltura Donato Pentassuglia ha risposto convocando per il 16 luglio un tavolo sul prezzo del grano con le associazioni di categoria, il cui obiettivo è stato «valutare accordi e iniziative utili a sostenere il prezzo e la qualità del grano duro pugliese, mutuando l’intesa già sperimentata in passato per il tema del latte».

Confagricoltura Puglia: «Servono soluzioni strutturali»

Filippo Schiavone
Filippo Schiavone

«Attendiamo con fiducia le misure straordinarie annunciate dall’assessorato all’Agricoltura della Regione Puglia. Tuttavia un bene alimentare strategico come il grano duro non può essere gestito solo attraverso emergenze o subire le continue fluttuazioni di mercato che danneggiano gravemente i produttori e i lavoratori del comparto».

Così Filippo Schiavone, componente di Confagricoltura Puglia e della Giunta nazionale di Confagricoltura, durante il tavolo regionale sulla crisi del grano duro convocato dall’assessore Pentassuglia.

«I produttori cerealicoli si trovano ad affrontare una situazione critica: da un lato il crollo dei prezzi che rischia di vanificare il duro lavoro; dall’altro eventi climatici estremi, come la recente siccità, che hanno avuto un impatto negativo sulla resa, nonostante l’aumento delle superfici seminate, in linea con la tendenza nazionale. La buona notizia è che la qualità del prodotto raccolto sembra ottima, ma questa non basta a compensare le perdite subite. È fondamentale guardare oltre l’emergenza e sviluppare strategie strutturali per garantire redditività e sostenibilità ai nostri agricoltori».

Trasforma il tuo sogno in realtà

partecipa alle aste immobiliari.

 

Con 344.700 ettari coltivati e una produzione di circa 688mila tonnellate la Puglia è al primo posto tra le regioni italiane per superficie investita a grano duro. Secondo i dati più recenti del Centro studi di Confagricoltura, il grano duro è la coltura più estesa in Italia, con oltre 1,26 milioni di ettari e più di 3,9 milioni di tonnellate raccolte.

«Servono politiche stabili, un sostegno più deciso alla filiera, meccanismi di tutela del reddito e investimenti in innovazione, irrigazione e logistica – ha concluso Schiavone –. Solo così potremo davvero salvaguardare un settore che è parte integrante dell’identità e dell’economia della Puglia».

Coldiretti Puglia: «Occorrono misure ad ampio raggio»

Coldiretti
La delegazione di Coldiretti Puglia al tavolo convocato dall’assessore Pentassuglia

Per il presidente di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo, occorre una pluralità di misure ad ampio raggio.

«Vanno subito avviati accordi di filiera tra imprese agricole e industriali, con misure di sostegno regionali, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.

Inoltre è necessario sostenere economicamente gli investimenti delle aziende cerealicole per aumentare le rese con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità. Ma occorre anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e in risposta ai cambiamenti climatici».

«Del problema devono farsi carico le istituzioni e la politica, perché è seriamente preoccupante lo stato di criticità del comparto cerealicolo colpito dalla siccità e dall’aumento dei costi di produzione e, soprattutto, dall’abbassamento del valore del grano, a causa delle importazioni selvagge dall’estero e della scarsa valorizzazione del prodotto regionale – ha aggiunto Pietro Piccioni, direttore di Coldiretti Puglia –. Il boom di arrivi di grano estero conferma un trend che negli ultimi anni ha visto una serie di paesi, dal Canada alla Turchia, fino alla Russia, alternarsi di fatto nell’inondare il mercato italiano di prodotto, spesso in coincidenza con il periodo di raccolta, con il risultato di far crollare le quotazioni del grano».

Cia Puglia: «Sì a un’intesa sul prezzo come per il latte»

Cia
La delegazione di Cia Puglia al tavolo convocato dall’assessore Pentassuglia

«Il prezzo del grano duro è ormai sceso sotto la soglia dei 30 euro a quintale – ha convenuto il vicepresidente vicario di Cia Puglia Giannicola D’Amico –. Ai nostri produttori, per il cereale di maggior pregio, viene riconosciuto il valore che veniva quotato 20 anni fa, mentre loro devono sostenere i costi di produzione di oggi. Siamo a un punto di non ritorno: da diversi anni, ormai, le superfici coltivate a grano duro si stanno riducendo. Continuando a penalizzare gli agricoltori, rischiamo di non avere più una cerealicoltura nazionale. Apprezziamo l’iniziativa presa dall’assessore Pentassuglia e siamo d’accordo con lui quando esprime l’esigenza di fare salto di qualità, per trovare un punto di equilibrio sul prezzo e la qualità del nostro grano, e soprattutto per favorire la determinazione di un prezzo equo, mutuando quella che è stata l’esperienza di successo con gli accordi sul latte. Condividiamo la posizione di Pentassuglia anche sui costi di produzione: continuando a produrre senza redditività, è chiaro che di qui a poco in tanti abbandoneranno una coltura non più remunerativa. Sarebbe un danno enorme per la Puglia e per l’Italia».

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

D’Amico ha poi ricordato «l’intensa battaglia condotta da Cia già dal 2023 con la raccolta di quasi 100mila firme, la mobilitazione di 45 comuni pugliesi, le manifestazioni a Bari, Foggia e Roma. Qua produciamo rispettando la maturazione naturale del grano, senza utilizzare sostanze tossiche. I paesi da cui l’Italia importa massicciamente, invece, producono con regole e standard qualitativi molto diversi. C’è quindi un problema di sicurezza alimentare sulle produzioni importate. C’è poi il tema fondamentale della completa tracciabilità. La partenza di Granaio Italia in via sperimentale è una nostra conquista, ma da sola non basta. I costi di produzione sono ormai arrivati a 1200-1300 €/ha. Si produce sotto costo, mentre l’incidenza dei cambiamenti climatici è sempre più onerosa anche rispetto agli interventi tecnici colturali».

 





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Aste immobiliari

l’occasione giusta per il tuo investimento.

 

Source link

Opportunità uniche acquisto in asta

 ribassi fino al 70%