Un primo impianto entro il 2035 e oltre 117 mila nuovi posti di lavoro: l’energia nucleare torna protagonista della strategia energetica italiana, con tecnologie avanzate e una visione industriale ambiziosa.
La nuova scommessa sull’atomo
Il ritorno dell’energia nucleare nel mix energetico italiano non è più un’ipotesi astratta. Alla Camera dei Deputati è stato presentato il nuovo studio congiunto di ENEA e Confindustria, dal titolo “Lo sviluppo dell’energia nucleare nel mix energetico nazionale – Le potenzialità per l’industria italiana”. Un rapporto articolato che guarda al futuro del Paese e propone una traiettoria precisa: puntare sui reattori di nuova generazione, in particolare quelli modulari, per affiancare le fonti rinnovabili e accelerare la transizione energetica, senza rinunciare alla sicurezza e alla continuità produttiva.
Emissioni zero e rete più stabile: perché tornare al nucleare
Secondo lo studio, i vantaggi del nucleare di nuova generazione sono significativi. Le tecnologie attuali consentono emissioni quasi nulle sull’intero ciclo di vita, una produzione programmabile di energia e calore, un minor consumo di combustibile, meno rifiuti, costi più stabili e un miglior bilanciamento della rete elettrica. Tutto questo, sottolineano ENEA e Confindustria, senza appesantire le infrastrutture esistenti.
A differenza delle grandi centrali del passato, il nuovo nucleare punta su impianti più piccoli, più flessibili e integrabili anche in ambito industriale. Un’opzione che – secondo i promotori – non si contrappone alle rinnovabili, ma le completa, offrendo una soluzione affidabile nei momenti di scarsa produzione da sole e vento.
“Una leva per l’industria nazionale”
“L’energia nucleare rappresenta una leva strategica per la transizione energetica e per la competitività del sistema produttivo, in particolare per i settori ad alta intensità energetica,” ha dichiarato Giorgio Graditi, direttore generale di ENEA, durante la presentazione dello studio.
Secondo Graditi, il nucleare potrebbe anche abilitare la produzione efficiente di idrogeno, favorire l’elettrificazione dei processi industriali e fare da volano all’innovazione tecnologica. Ma per farlo servono competenze, ricerca integrata e una comunicazione trasparente, capace di coinvolgere opinione pubblica, imprese, università e scuole.
SMR e AMR: i reattori modulari che cambiano le regole
Il rapporto si concentra su due tecnologie avanzate, viste come le più promettenti:
- SMR (Small Modular Reactor): reattori compatti e standardizzati, pensati per essere installati rapidamente e adattati a diversi usi. Sono ideali per la cogenerazione e per stabilizzare la produzione da fonti rinnovabili.
- AMR (Advanced Modular Reactor): impianti più sofisticati, capaci di riciclare combustibile esausto e di produrre calore ad alta temperatura, fondamentale per i settori industriali più difficili da decarbonizzare, come acciaierie e cementifici.
Entrambe le tecnologie garantiscono affidabilità, programmazione della produzione, basse emissioni e costi stabili, stimati tra 70 e 110 dollari per MWh, cioè in linea con le fonti rinnovabili, se si considerano anche i costi di accumulo.
Primo impianto previsto per il 2035
Il piano prevede una prima fase basata sugli SMR, seguita dall’introduzione degli AMR non appena saranno maturi dal punto di vista tecnologico. L’obiettivo, ambizioso ma realistico, è avere un primo impianto operativo entro il 2035.
L’impatto economico sarebbe significativo: secondo le stime del rapporto, il nucleare potrebbe generare fino al 2,5% del PIL, con 117.000 nuovi posti di lavoro, di cui 39.000 nella sola filiera diretta.
Un’industria già pronta a ripartire
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il tessuto industriale italiano legato al nucleare non è scomparso. Oggi oltre 70 aziende italiane operano già nel settore, e molte altre sono pronte a entrare. Il supporto di Confindustria e del Piano Nazionale di Ricerca Nucleare (PNR) potrebbe rilanciare la filiera e attrarre investimenti anche dall’estero.
Competenze, ricerca e comunicazione: le tre sfide cruciali
Ma per realizzare tutto questo, sottolineano ENEA e Confindustria, non bastano tecnologie avanzate. Serve un piano formativo nazionale che coinvolga scuole tecniche, università, centri di ricerca e imprese, formando ingegneri, fisici, chimici, giuristi e manager in grado di gestire una nuova stagione nucleare.
Altrettanto fondamentale è la comunicazione. Il rapporto evidenzia un crescente interesse dell’opinione pubblica, ma anche una carenza di informazione scientifica chiara e accessibile. Per colmare questo divario, si propongono campagne divulgative e programmi educativi, sul modello dei Paesi che hanno saputo costruire una cultura energetica più solida e partecipata.
Un’opportunità strategica per l’Italia
Il ritorno del nucleare, secondo lo studio, non è solo una questione tecnologica, ma una scelta di visione industriale. Un’occasione per rafforzare l’autonomia energetica del Paese, rilanciare la competitività dell’industria nazionale e creare occupazione qualificata, all’interno di una transizione che sia davvero sostenibile, stabile e inclusiva.
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