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L’Ue pensa una tassa da 6,8 miliardi alle grandi imprese e non colpisce le big tech




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Ultim’ora news 17 luglio ore 20


Qualcuno doveva pur pagare. Con gli Stati membri da sempre restii ad alzare i contributi nazionali e con il debito comune che resta un tabù, la Commissione ricorre alle tasse per portare il bilancio 2028-34 a 2 mila miliardi di euro (dai 1.270 miliardi precedenti), somma necessaria a rilanciare la competitività europea.

Nel mirino finiscono anche le grandi imprese, cioè quelle con un fatturato annuo sopra 100 milioni di euro. Per loro si prospetta un’imposta che farà incassare a Bruxelles circa 6,8 miliardi l’anno.

Le sfide delle imprese Ue

Il problema è che la nuova stretta si abbatte su una categoria già provata dai primi dazi di Donald Trump. E dall’1 agosto il conto rischia di diventare più salato perché le tariffe reciproche per l’Ue, che si aggiungono a quelle su auto (25%) e acciaio e alluminio (50%), potrebbero salire dal 10 al 30%.

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La Commissione spera ancora in un accordo ma, se non lo troverà, l’impatto sul solo export italiano sarà di oltre 37 miliardi, tra dazi e mini dollaro, ha spiegato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Ci sono poi le crisi settoriali, come quella dell’industria, che paga prezzi dell’energia ben più alti delle rivali cinesi e americane. Senza dimenticare che comparti come l’auto devono affrontare una sfida nella sfida a causa della transizione verso l’elettrico.

Una scelta inevitabile

È in questa cornice che va inquadrata la tassa sulle grandi imprese. L’impatto sulle aziende italiane non è ancora quantificato, come non è scontato che l’imposta entri in vigore dal 2028. Decideranno i governi dopo un negoziato che si prospetta in salita viste le critiche arrivate da Olanda e Germania. Anche per questo motivo le associazioni industriali italiane restano caute e aspettano maggiori certezze prima di commentare. Per Bruxelles, invece, la via sembra obbligata.

«È inevitabile introdurre nuove tasse se non si vogliono alzare i contributi diretti degli Stati membri», commenta Veronica De Romanis, professoressa di Economia Europea alla Luis e alla Stanford University. «In questo caso la Commissione ha cercato di fare meno male possibile perché l’imposta riguarda solo le grandi imprese e risparmia quelle di medie e piccole dimensioni. In cambio, le aziende colpite potranno beneficiare dei maggiori fondi che il budget 2028-34 stanzierà per l’innovazione e la competitività: queste risorse accresceranno la produttività di tutte le imprese europee».

Le altre tasse Ue

La nuova tassa farebbe salire il gettito annuo di Bruxelles a 58,2 miliardi. Merito anche delle altre quattro imposte proposte dalla presidente Ursula von der Leyen. Quella sui prodotti da tabacco dovrebbe garantire 11,2 miliardi l’anno, mentre quella sui rifiuti elettronici circa 15 miliardi. Altri 9,6 miliardi arriveranno dal mercato delle emissioni nocive e 1,4 miliardi dal dazio ambientale Cbam.

L’Eurocamera: colpite big tech

L’apporto delle grandi imprese sarà inferiore quindi a quello in arrivo dalle altre tasse Ue, ma può comunque spingere le società europee a ritardare gli investimenti.

«Cento milioni sembrano una grossa somma per un cittadino, ma in realtà questa tassa colpirebbe in modo duro molte aziende e inciderebbe sulla competitività europea», dichiara Siegfried Muresan (Ppe), correlatore del bilancio all’Europarlamento. «Sarebbe meglio tassare le grandi aziende tecnologiche, che hanno entrate molto, molto più alte». Nei giorni scorsi, però, la digital tax è sparita dalla bozza sul budget per paura di far innervosire ancora Trump. (riproduzione riservata)



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