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XX Congresso Cisl. Fumarola apre la Tavola rotonda ‘E dopo il Pnrr? Costruire insieme un patto della responsabilità’: “Una coalizione di responsabili per disegnare un nuovo Accordo per il lavoro, la crescita e la coesione”


“Il titolo di questa tavola rotonda si focalizza su una domanda cruciale: cosa ci aspetta dopo il PNRR?” Apre così il suo intervento alla Tavola rotonda, che si è svolta nella seconda giornata dei lavori del XX Congresso confederale, alla quale hanno partecipato Tommaso Foti, Ministro per gli Affari Europei, il PNRR e le Politiche di Coesione; Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative; Maurizio Marchesini, Vicepresidente di Confindustria; Mauro Lusetti, Vicepresidente di Confcommercio; Tommaso Nannicini, dell’Istituto Universitario Europeo, moderata dalla giornalista Annalisa Chirico.

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“Il Piano Nazionale figlio di un’Europa unita contro la pandemia, ha offerto all’Italia un’opportunità storica di riscatto e riforma. – ha proseguito Fumarola- Abbiamo assistito a una ripresa significativa degli investimenti pubblici, con 191,5 miliardi aggiuntivi mobilitati. Questa spinta ha rilanciato settori strategici – dalle infrastrutture alla digitalizzazione, dalla scuola alla sanità – sbloccando cantieri e imponendo scadenze che hanno restituito centralità alla programmazione pubblica. C’è stata un’accelerazione senza precedenti di bandi e progetti, con effetti positivi a cascata sulle costruzioni, sui servizi, sull’innovazione. Al tempo stesso, il PNRR ha messo in evidenza i colli di bottiglia che la CISL denuncia da anni: la carenza di capitale umano; la necessità di riavviare la piattaforma pubblica assumendo stabilmente persone per far funzionare il più grande fattore di sviluppo di cui dispone il paese, il welfare, il sistema produttivo; le persistenti disomogeneità territoriali tra Nord e Sud del Paese; la necessità di governare nel segno della flessibilità contrattata e della solidarietà il mercato del lavoro.
La data a cui tutti dovremmo guardare con apprensione è ormai dietro l’angolo: il 2026. Un anno o poco più. E poi il “boost” europeo sarà scarico. Sappiamo che il problema della spesa delle risorse del fondo Next Generation non è solo italiano e che la Commissione europea ha già previsto in una specifica comunicazione alcune possibili soluzioni. È, poi, avviato il confronto per il bilancio comunitario a lungo termine 2028–2034. La speranza è che la UE si doti di risorse adeguate per la propria competitività, la difesa, la transizione verde/digitale, un piano energetico comune. Anche riproponendo la mutualizzazione del debito pubblico, molto auspicabile ma anche poco realistico nel breve termine.

E allora “La” domanda. E poi? La risposta è semplice, forse banale: poi toccherà a noi. Dobbiamo agire già oggi e forse già con qualche ritardo. Sicuramente ritardo di spesa. Che invece va accelerata per tessere coesione e caricare il più possibile il volano dell’efficienza. Abbiamo ancora 130 miliardi da mettere nel motore dello sviluppo per tirarlo su di giri in vista prima del 2026. Alla politica chiediamo di dare continuità agli investimenti del PNRR, evitando che, esaurita questa risorsa, il Paese ricada nella stagnazione. Servono investimenti stabili in istruzione, formazione professionale, orientamento, ricerca e sviluppo, infrastrutture fisiche, sociali, digitali, in un welfare più vicino ai cittadini: dalla sanità senza liste d’attesa agli asili nido. E poi tolleranza zero verso l’evasione e la criminalità organizzata, che soffocano lo sviluppo. Sono tutte variabili esterne che quando si inceppano feriscono la giustizia e condizionano la produttività e la qualità della vita. Nodi su cui occorre agire con politiche determinate e partecipate. Ritardi nella spesa dunque. Ma probabilmente siamo anche in ritardo sul resto. Ovvero sulla costruzione di quel ponte che tra poco dovrà metterci al sicuro dal baratro. Un ponte che per noi deve prendere la forma di un Patto. Un grande Accordo che attivi azioni sistemiche, che agisca sulle ferite e le patologie storiche della nostra economia e della nostra società.

E c’è un elemento da cui dipende maggiormente lo sviluppo e il futuro dell’Italia. Il vero macigno della nostra economia si chiama bassa produttività. Negli ultimi vent’anni è aumentata complessivamente di appena il 2,5%. Siamo pressoché fermi, mentre altri Paesi avanzati hanno fatto passi avanti. C’è da dire che il dato italiano riassume in una media condizioni molto eterogenee, con grandi realtà che vanno anche oltre le migliori performance europee, ma piccole e piccolissime aziende che invece faticano tremendamente ad esprimere innovazione e alto valore aggiunto.

Il divario tra queste medie resta in ogni caso impressionante e dà la misura del problema che da decenni blocca salari, Pil, consumi. Questo divario ha molte cause: scarsa innovazione tecnologica e organizzativa, dimensione media ridotta delle imprese, specializzazione produttiva concentrata in settori maturi, e un contributo ancora debole del capitale umano. Senza produttività non c’è crescita, senza crescita non c’è redistribuzione e senza redistribuzione il mercato interno resta fermo, avvitando ulteriormente i conti pubblici. Questa la spirale da spezzare e per farlo non c’è che un modo: agire alla base del sistema, puntando a rilanciare l’efficienza produttiva nella solidarietà. Vuol dire investimenti. Vuol dire abbassare il baricentro della contrattazione sulla persona. Vuol dire creare condizioni di maggiore resilienza nei siti produttivi attraverso la partecipazione.

La via maestra, per la Cisl, è quella di unacoalizione dei responsabili”, un fronte riformatore che sappia disegnare un nuovo Accordo per il lavoro, la crescita e la coesione”. Un impegno comune e strutturato tra imprese, sindacati, istituzioni e territori per coniugare crescita economica, qualità del lavoro e coesione sociale.

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Un nuovo patto sociale che, sull’esempio di quanto avvenuto nei momenti migliori della nostra storia, orienti il Paese verso una nuova traiettoria di sviluppo condivisa.

Questo patto deve poggiare su alcuni pilastri chiari, con impegni reciproci di tutte le parti in gioco:

  • Sicurezza e benessere lavorativo nei luoghi della produzione, che è il nucleo dal quale costruire tutto il resto.
  • Dare risposte all’inverno demografico.
  • Investimenti in innovazione e competenze. Ogni lavoratore deve avere il diritto effettivo alla formazione continua e all’aggiornamento professionale.
  • Dobbiamo rafforzare una contrattazione collettiva vicina alla persona, che leghi il necessario aumento salariale alla redistribuzione di nuova ricchezza.
  • Dobbiamo guardare avanti alle nuove tutele, costruendo un nuovo e moderno Statuto della persona, un sistema pubblico e sussidiario che faccia evolvere lo Statuto dei Lavoratori, preservandone lo spirito universalistico, assicurando protezioni adeguate e aggiornate alle caratteristiche di un mercato del lavoro che non è quello di 50 anni fa.
  • Riforma fiscale equa. Bisogna continuare a tagliare le tasse sul lavoro, recuperando le risorse dalla lotta all’evasione e all’elusione fiscale, e spostando parte del prelievo sulle rendite finanziarie, immobiliari e speculative.
  • E ancora: lo sviluppo delle relazioni industriali prossime e partecipative.

Fare sistema è il concetto chiave. C’è un’Intesa alla quale ci chiama il nostro senso del dovere. Se ciascuno fa la sua parte allora l’Italia può tornare a correre. Dobbiamo mettere in soffitta gli egoismi di parte e visioni di corto raggio, perché la sfida della crescita e della redistribuzione si vince solo unendo le forze. Adesso è il momento di agire uniti, a livello nazionale, certo ma anche europeo perchè di Patto comunitario dobbiamo cominciare a far parlare anche l’Europa. C’è chi già lo fa, penso al Presidente Brunetta di cui siamo felici di ascoltare le conclusioni; penso alle importanti indicazioni date solo qualche settimana fa dal Governatore Panetta. Il Next Generation ci ha mostrato cosa è possibile fare quando c’è una visione comune europea e nazionale. Ora è il momento di dar seguito a quella visione dando spazio al dialogo sociale, impegnando ogni attore politico, istituzionale, sociale, su obiettivi condivisi. Confido che da questo dialogo emergeranno idee e impegni concreti per costruire insieme un’Italia più forte, più giusta e più coesa” ha concluso la Segretaria generale della Cisl.



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