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Le nuove tasse che vuole imporre l’Ue (e che stanno facendo infuriare tutti)


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In qualche modo il nuovo bilancio dell’Unione europea è riuscito a mettere d’accordo tutti: non piace praticamente a nessuno. È stato un coro di critiche quello che è arrivato alla proposta del nuovo quadro finanziario pluriennale dell’Ue, presentato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, mercoledì.

Dai gruppi politici, agli Stati membri, sono arrivate critiche su diversi aspetti del budget. A partire innanzitutto dalla sua imponenza: 2mila miliardi di euro per il periodo 2028-2034. Una cifra che è stata definita “inaccettabile” dalla Germania. “Fin dall’inizio abbiamo chiesto una gestione oculata e responsabile del denaro dei contribuenti europei. Il progetto, invece, è nuovamente troppo ambizioso”, ha detto anche la ministra federale per l’Europa dell’Austria, Claudia Plakolm.

Il mega bilancio Ue da 2mila miliardi: entrate da rifiuti e tabacco, triplicati i fondi per i migranti

Proteste diffuse

Le proteste, che non arrivano solo dai cosiddetti frugali, ma anche dagli Stati del sud, derivano innanzitutto dal fatto che i soldi del bilancio comunitario vengono versati dagli Stati stessi: quindi più grande è il bilancio, più soldi pubblici dei Paesi membri del blocco dovranno essere versati a Bruxelles.

La Commissione ha però proposto anche di aumentare le ‘risorse proprie’, le sue entrate dirette, che al momento ammontano solo a quelle derivanti da una parte dei dazi riscossi alle dogane. L’esecutivo comunitario ha ora proposto cinque nuove ‘tasse’ europee, la maggior parte delle quali non toccheranno direttamente i cittadini, ma contro le quali pure è già partito un coro di critiche.

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Tassare le emissioni

La prima nuova risorsa dell’Unione sarà basata sull’Ets, il sistema europeo di scambio di quote di emissioni di CO₂ da parte delle aziende. Ogni anno, circa il 30 per cento dei proventi generati dalla vendita dei permessi di emissione da parte degli Stati membri potrebbero finire nelle casse dell’Ue.

Si tratta di un meccanismo già esistente, ma che ora diventa anche una voce stabile del bilancio comune. Secondo la Commissione, questa misura dovrebbe generare in media 9,6 miliardi di euro all’anno, che dovrebbero essere utilizzati anche per il rimborso del debito fatto per finanziare il Recovery Fund.

Anche quelle in Paesi terzi

La seconda entrata arriva dal Cbam, il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera. Questo meccanismo impone un prezzo sulle ‘emissioni incorporate’ in alcuni beni importati, per evitare che le industrie europee vengano penalizzate dalla concorrenza di quelle con fabbriche in Paesi terzi in cui le norme ambientali sono molto meno restrittive. Ben il 75 per cento dei ricavi dalla vendita dei certificati Cbam dovrebbe andare direttamente al bilancio Ue, con entrate stimate di circa 1,4 miliardi di euro l’anno.

Il tabacco

La tassa che dovrebbe toccare direttamente le tasche dei cittadini, o almeno quelli che fumano, è quella sul tabacco. Il 15 per cento delle accise minime applicate da ciascun Paese su sigarette e prodotti simili dovrebbe essere girato all’Ue, una mossa che gli Stati potrebbero scaricare direttamente sui cittadini, mantenendo le loro entrate intatte, aumentando il costo dell’accisa. La stima dei guadagni è di circa 11,2 miliardi di euro l’anno.

Ue von der Leyen presenta il nuovo bilancio Ue

I rifiuti

Tra le novità spicca una tassa sui rifiuti elettronici non raccolti. Ogni Stato membro potrebbe dover versare 2 euro per ogni chilo di e-waste che non riesce a recuperare, calcolato sulla base della media dei dispositivi immessi sul mercato nei tre anni precedenti meno quelli effettivamente raccolti.

L’obiettivo è ridurre la dispersione di materiali preziosi e incentivare sistemi di raccolta più efficienti. La misura, indicizzata all’inflazione, dovrebbe garantire all’Ue circa 15 miliardi di euro all’anno: è la più redditizia tra le nuove risorse, e la pagheranno solo i Paesi che non riciclano abbastanza.

E le grandi aziende

Chiude il pacchetto il Core, un contributo forfettario annuo per le grandi aziende, quelle con fatturato superiore a 100 milioni di euro. A pagare saranno sia le grandi società europee che le multinazionali straniere con sedi stabili nel mercato Ue. L’incasso stimato è di 6,8 miliardi di euro all’anno, con l’importo richiesto che varierà da 100mila a 750mila euro a seconda delle dimensioni dell’impresa.

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Visti i volumi di guadagno di queste imprese, non sono cifre altissime, eppure anche su questa misura, che mira a far pagare di più ai più ricchi, sono già arrivate le prime chiusure. “L’idea della tassazione delle grandi aziende è morta sul nascere”, ha tagliato corto il ministro incaricato per gli Affari europei della Germania, Gunther Krichbaum, secondo cui “parliamo della competitività delle nostre imprese”, ma “se ci limitiamo a imporre loro più tasse e oneri, non promuoveremo la loro competitività internazionale, ma piuttosto la mineremo”.



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