È un tassello importante della Politica della Coesione, riformata dal governo lo scorso anno e presa a modello ora anche dall’Ue. Si integra con il Pnrr e con l’utilizzo dei Fondi strutturali europei (Fse in particolare) e, soprattutto, torna a essere un’opportunità per gli under 35 del Sud inoccupati, inattivi e disoccupati da almeno 12 mesi, dopo essere stato esteso negli anni anche agli under 55. Resto al Sud 2.0, inserito nel decreto Coesione 2024 e legato in continuità alla positiva esperienza di Resto al Sud per incentivare l’autoimprenditorialità giovanile, è a tutti gli effetti operativo: in queste ore, sul sito del Dipartimento per il programma di Governo è stato infatti pubblicato l’atteso decreto attuativo che ne sblocca l’operatività e che nei giorni scorsi era stato adottato dal ministero del Lavoro, di concerto con i ministeri degli Affari europei, del Pnrr e delle Politiche di coesione e dell’Economia e Finanze.
Gli interventi
Sono due, per la verità, gli interventi agevolativi a cui si dà attuazione: oltre a Resto al Sud 2.0 compare per la prima volta l’Autoimpiego Centro Nord Italia, anch’esso inserito nel decreto Coesione e rivolto alla stessa platea di potenziali utenti di queste regioni, con limiti più bassi per l’accesso ai contributi a fondo perduto e alle altre misure previste. Identica, comunque, la finalità del provvedimento: favorire, come detto, la nascita di imprenditoria giovanile (startup e dintorni) aprendo una prospettiva ai giovani rimasti ai margini delle dinamiche sociali ed occupazionali del Paese come nel caso dei Neet che non studiano né cercano un lavoro.
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Una strada che la prima edizione di Resto al Sud, varata dal Governo Renzi nel 2017 e costruita dall’allora ministro per il Sud Claudio de Vincenti, aveva reso molto appetibile. Più di 18mila nuove imprese, moltissime nel turismo, oltre un miliardo di euro di agevolazioni concesse e più di 70mila nuovi posti di lavoro, tutti nel Mezzogiorno. Numeri che danno l’idea dell’impatto favorevole della misura e spiegano perché il governo Meloni ha deciso di estenderla anche alle altre Regioni dopo che, peraltro, già dal 2023, la sfera di applicazione era stata ampliata oltre l’area meridionale, coinvolgendo ad esempio i territori del Centro Italia danneggiati dai terremoti più recenti. La novità, che emerge chiaramente dal richiamo 2.0, è che stavolta si punta a favorire chi decide di giocarsi le sue carte soprattutto nell’innovazione e nel digitale, precedendo incentivi più robusti. Una scelta che intende realizzare un ecosistema sempre più avanzato di piccole e piccolissime imprese al quale il Sud, in particolare, guarda con assoluto interesse (non a caso, nel Mezzogiorno gli investimenti in tal senso delle Pmi hanno fatto registrare una crescita maggiore nel 2023 rispetto alle altre aree del Paese).
I fondi
Per Resto al Sud 2.0 e l’Autoimpiego Centro Nord la dotazione è fissata in 800 milioni, più della metà dei quali già disponibili per il 2025. In particolare, 100 milioni sono garantiti dal Pnrr, gli altri dall’Fse e dunque dalle risorse della politica di coesione. Invitalia (di concerto con le Regioni) continuerà a gestire l’ammissibilità delle domande per le quali è prevista una sola piattaforma digitale. La pubblicazione del decreto attuativo “rianima” quanti hanno già da tempo pronte le domande anche se, a quanto pare, ci sarà bisogno di un successivo decreto per definire le tempistiche operative. I meccanismi di accesso sono sostanzialmente analoghi a quelli del “vecchio” Resto al Sud. E cioè, per quanto riguarda Resto al Sud 2.0 l’incentivo riconosce ai giovani di età inferiore ai 35 anni, per l’avvio di nuove attività nel Mezzogiorno, la possibilità di ottenere voucher da 40mila euro (o 50mila se come accennato si punta ad attività innovative) per l’acquisto di beni e servizi o, in alternativa, contributi a fondo perduto che possono coprire dal 70% al 75% degli investimenti, fino a 200mila euro. I voucher scendono di 10mila euro nel caso delle regioni del Centro Nord. Rispetto alla misura precedente, il percorso si annuncia più semplificato e soprattutto, come detto, digitalizzato per accelerare al massimo la tempistica, specie per ciò che riguarda le microimprese. Sono previsti, altra novità, anche percorsi formativi per accompagnare i giovani che per la prima volta decidono di mettersi in giovo con un’esperienza del genere.
Invitalia ha spiegato sul suo sito che «attraverso il coinvolgimento degli stakeholder locali, delle università e degli incubatori certificati, si intende creare un ecosistema favorevole all’innovazione e alla crescita sostenibile», con particolare attenzione anche alle aree interne, ai piccoli comuni e ai territori a rischio di spopolamento. Sono ammesse agli incentivi anche le iniziative economiche che riguardano l’avvio di attività professionali, sia in forma singola che associata, incluse quelle che richiedono l’iscrizione a ordini o collegi professionali. Saranno comunque i ministri del Lavoro, Calderone, e degli Affari europei, del Pnrr e della Politica di Coesione, Foti ad illustrare a stretto giro la portata e l’articolazione della misura in una conferenza stampa.
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